Tempo di lettura stimato: 3'
Amnesty International ha sollecitato le autorità egiziane a porre immediatamente fine alle crudeli e inumane condizioni detentive e a consentire visite familiari regolari nella prigione di massima sicurezza al-Aqrab, situata nel centro penitenziario di Tora, dove circa 130 prigionieri sono in sciopero della fame dal 17 giugno.
Molti dei detenuti in sciopero della fame sono stati arrestati oltre due anni fa e da allora non hanno mai potuto incontrare parenti e avvocati.
Per costringerli a interrompere la protesta, i detenuti sono stati picchiati, torturati con l’elettricità, colpiti con pistole elettriche e sottoposti a misure disciplinari. Almeno 10 di loro sono stati spostati in celle speciali da cui non possono mai uscire per tutto il giorno.
“La combinazione tra condizioni di detenzione squallide e inumane e il diniego di visite di familiari e avvocati ha dato luogo a una situazione insopportabile. Negando le visite familiari, le autorità egiziane stanno violando le norme interne e il diritto internazionale“, ha dichiarato Magdalena Mughrabi, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
Ad al-Aqrab (“Lo scorpione“) le celle sono sovraffollate e infestate da zanzare e altri insetti. In questo periodo le temperature superano i 40 gradi e non vi sono ventilatori né fonti d’aria naturale adeguate. Le cure mediche sono insufficienti, è vietato ricevere cibo e bevande dall’esterno e l’ingresso di medicine e vestiti è limitato.
I detenuti avevano già intrapreso scioperi della fame nell’ottobre 2017 e nel febbraio 2018. Li avevano sospesi solo a seguito della promessa che le visite familiari sarebbero state autorizzate.
La direzione delle carceri ha invece continuato a negarle, persino nei rari casi in cui la Procura speciale per la sicurezza dello stato le aveva approvate.
Secondo gli atti giudiziari visionati da Amnesty International, prima di comparire di fronte alla Procura speciale la maggior parte delle persone in sciopero della fame ha trascorso periodi di sparizione forzata che vanno da 11 a 155 giorni. Molti hanno denunciato di essere torturati da funzionari dell’Agenzia per la sicurezza nazionale.