Hong Kong, cinque anni di Legge sulla sicurezza nazionale

30 Giugno 2025

Cosette Smith / Amnesty International

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In occasione del quinto anniversario dell’entrata in vigore della Legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, una ricerca di Amnesty International ha rivelato che oltre l’80 per cento delle persone sottoposte a procedimenti sono state ingiustificatamente criminalizzate.

Dall’analisi dei 255 casi individuali di applicazione della legislazione vigente dal 30 giugno 2020, in quasi 90 casi su 100 è stata negata la libertà su cauzione e le persone hanno dovuto attendere in media 11 mesi in carcere prima di essere processate.

I timori che avevamo sollevato nel 2020 si sono rivelati fondati. Il governo di Hong Kong deve cessare di punire la legittima espressione delle idee col pretesto della sicurezza nazionale”, ha dichiarato Sarah Brooks, direttrice di Amnesty International per la Cina.

“Questa durissima legge e altri provvedimenti sulla sicurezza nazionale che ne sono derivati hanno eroso le garanzie di legge che una volta costituivano le basi per la protezione dei diritti umani a Hong Kong. Ne è derivato un colpo devastante alla possibilità della popolazione di esprimere le proprie idee senza paura di finire in carcere”, ha aggiunto Brooks.

La ricerca di Amnesty International analizza modalità di arresto, decisioni su richieste di libertà su cauzione e procedimenti giudiziari ai sensi della Legge sulla sicurezza nazionale e di altre norme sicuritarie. Le principali preoccupazioni emerse sono: la criminalizzazione dell’esercizio legittimo del diritto umano alla libertà d’espressione, la bassa percentuale di concessione della libertà su cauzione e la detenzione per lunghi periodi di tempo della maggior parte delle persone accusate.

Nei 78 procedimenti portati a termine ai sensi della Legge sulla sicurezza nazionale, almeno 66 (ossia l’84,6 per cento) hanno riguardato l’espressione legittima delle proprie idee, che non dovrebbe mai essere criminalizzata secondo gli standard internazionali, senza alcuna prova di condotte violente o di incitamento alla violenza.

Se si considerano nel conteggio anche le accuse di “sedizione” ai sensi dell’Articolo 23 e della normativa ad esso precedente, si arriva ad almeno 108 casi su 127 (l’85 per cento) in cui espressioni legittime delle proprie idee sono state ingiustamente sottoposte a procedimenti giudiziari.

I tribunali hanno negato la libertà su cauzione in 129 casi relativi alla sicurezza nazionale, corrispondenti all’89 per cento del totale.

In questi 129 casi, la durata media della detenzione è stata di 328 giorni. In 52 casi (il 40,3 per cento del totale) il tempo trascorso in carcere prima del processo o del patteggiamento è stato pari o superiore a un anno.

“In cinque anni, la Legge sulla sicurezza nazionale ha trasformato Hong Kong da una città nota per la tolleranza e il dibattito aperto in un luogo di repressione e di autocensura. Quella legge non solo è stata scritta in modo da violare clamorosamente gli standard internazionali sui diritti umani, ma è anche applicata per prendere di mira le voci dell’opposizione e rafforzare un clima di paura”, ha commentato Brooks.

“La nostra ricerca ha dimostrato che un’ampia maggioranza delle persone incriminate per reati contro la sicurezza nazionale ha agito interamente nell’ambio dei propri diritti. Ma intanto le procure continuano ad aprire indagini ai sensi della Legge sulla sicurezza nazionale e ricorrono in appello contro le rare assoluzioni. I governi dovrebbero usare la propria influenza per chiedere alle autorità di Hong Kong e delle Cina di abrogare quella legge”, ha sottolineato Brooks.

“Nell’immediato, il governo di Hong Kong dovrebbe immediatamente cessare di applicare la normativa sulla sicurezza nazionale. Come minimo, dovrebbe ripristinare l’istituto della libertà su cauzione in attesa del processo. Nessuno dovrebbe languire in carcere semplicemente per aver esercitato il diritto alla libertà di espressione”, ha concluso Brooks.

Amnesty International ha presentato le conclusioni della sua ricerca al governo di Hong Kong, che le ha respinte definendole “una distorsione della realtà” e sostenendo che la Legge sulla sicurezza nazionale “ha ripristinato il godimento dei diritti e delle libertà”.