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Il rapimento di 110 studentesse del Collegio governativo di scienze e tecnica, compiuto il 19 febbraio da Boko Haram a Dapchi, poteva essere impedito.
Le forze di sicurezza nigeriane erano state informate ore prima che un convoglio del gruppo armato si stava dirigendo verso la città, così come lo erano state in occasione del rapimento delle studentesse di Chibok, nel 2014.
A riprova di ciò, i nostri ricercatori sul campo hanno raccolto testimonianze da numerose fonti attendibili secondo le quali la polizia e l’esercito avevano ricevuto ripetuti avvisi sull’avanzata di Boko Haram verso Dapchi, anche quattro ore prima del raid.
Nello specifico, abbiamo intervistato 23 persone tra cui studentesse che sono riuscite a salvarsi, genitori di studentesse rapite, funzionari dell’amministrazione locale e di sicurezza e testimoni oculari.
“Le autorità nigeriane sono venute meno al loro dovere di proteggere i civili, esattamente come fecero a Chibok quattro anni fa. Nonostante fossero state ripetutamente informate che Boko haram si stava dirigendo verso Dapchi, né la polizia né le forze armate hanno fatto nulla per impedire il rapimento”, ha dichiarato Osai Ojigho, direttrice di Amnesty International Nigeria.
Tra le 14 e le 18.30 del 19 febbraio, le forze di sicurezza nigeriane hanno ricevuto almeno cinque telefonate in cui si segnalava l’avanzata di Boko Haram verso Dapchi.
Ore 14.00 – Una prima telefonata giunge al comando dell’esercito di Geidam, a 54 chilometri da Dapchi, per avvertire che il convoglio di Boko haram è stato visto dirigersi da Futchimiram a Gumsa, un villaggio a 30 chilometri da Dapchi.
Il comandante risponde che lo sa e che sta monitorando la situazione.
Ore 15.00 – Il convoglio di Boko Haram arriva a Gumsa, per rimanervi fino alle 17. Dal villaggio partono varie telefonate verso Dapchi, per allertare gli abitanti. Una delle persone che riceve la chiamata informa un sergente di polizia il quale garantisce che avrebbe informato la divisione di Polizia di Dapchi.
Ore 18.30 – Boko Haram entra a Dapchi mentre molti fedeli si dirigono in moschea per la preghiera. I combattenti del gruppo armato chiedono indicazioni per la base militare, gli uffici del governo e la scuola femminile.
I superiori si danno alla fuga temendo di essere sopraffatti da Boko Haram, ci riporta una fonte della polizia di Dapchi.
Ore 19.30 – Dopo aver rapito le studentesse, gli uomini di Boko haram lasciano Dapchi e arrivano a Gumsa intorno alle 21.
Un nostro consulente in materia di operazioni militari ha esaminato la condotta delle forze armate nigeriane giungendo alla conclusione che il loro comportamento è stato del tutto inadeguato. Nell’esame sono state prese in considerazione le postazioni dei soldati e il tempo che ci sarebbe voluto per arrivare a Dapchi, tenendo anche conto del percorso seguito dal convoglio di Boko Haram.
Nel corso dell’assalto alla scuola femminile, ufficiali dell’esercito di stanza a Geidam e Damaturu sono stati nuovamente allertati ma i primi soldati sono arrivati a Dapchi quando Boko Haram aveva già lasciato l’area.
Un aereo militare ha sorvolato la zona un’ora dopo che Boko Haram aveva lasciato Dapchi.
Sollecitiamo le autorità nigeriane a indagare sull’inescusabile ritardo che ha consentito che il rapimento di massa avesse luogo senza alcun tentativo tangibile d’impedirlo e, ancora più importante, a usare tutti i mezzi legali a disposizione per ottenere il rilascio delle studentesse.
A seguito del rapimento delle studentesse di Chibok, il governo aveva lanciato l’iniziativa “Scuole sicure” – coordinata dal Comitato presidenziale sull’Iniziativa del Nordest – per migliorare la sicurezza intorno alle scuole. Tuttavia, non è stata attuata alcuna misura per impedire nuovi rapimenti e l’esercito nigeriano non pare in grado di proteggere le scuole dagli attacchi.
“Le prove a disposizione di Amnesty International indicano che le truppe dispiegate nella zona sono in numero insufficiente e che l’assenza di pattugliamenti e la mancata reazione agli avvisi ricevuti, così come la rinuncia allo scontro con Boko Haram abbiano contribuito a questa nuova tragedia”, ha aggiunto Ojigho.
Il presidente Muhammadu Buhari ha disposto un’indagine sul modo in cui si è reagito al rapimento.
Il 25 febbraio, sei giorni dopo il rapimento, è stato convocato un vertice di sicurezza presso l’ufficio del governatore di Damaturu, la capitale dello stato di Yobe: è emerso che le autorità erano consapevoli che l’esercito fosse stato allertato almeno quattro ore prima dell’attacco ma nessuno pare abbia chiesto perché i militari non abbiano reagito adeguatamente o perché non ci fossero truppe in numero sufficiente.
“L’indagine dovrà chiarire le cause di fondo del fallimento del governo: perché c’erano pochi soldati? Perché si era deciso di ritirare le truppe da Dapchi? Quali misure sono state prese dal governo per proteggere le scuole del nordest della Nigeria? Quali procedure dovrebbero essere seguite in occasione di un tentativo di rapimento?”, ha sottolineato Ojigho, che ha chiesto che i risultati dell’indagine siano resi pubblici.
L’operato delle forze di sicurezza in occasione del rapimento delle studentesse di Dapchi presenta delle agghiaccianti somiglianze con quello delle 276 studentesse di Chibok.
Anche in quel caso l’esercito era stato avvisato con ore di anticipo ma non aveva preso alcuna iniziativa per impedire il rapimento. La maggior parte del personale militare si era allontanato dalla zona prima che arrivasse il convoglio di Boko Haram.
Il rapimento era stato seguito da un clima di confusione e sospetto, che aveva pregiudicato i tentativi delle autorità nigeriane di localizzare e liberare le studentesse rapite.
Questo rapimento è un crimine di guerra i cui responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia. Come primo passo, i rapporti sulle due indagini relative al rapimento di Chibok devono essere resi pubblici”, ha dichiarato Ojigho.
L’allora presidente Goodluck Jonathan aveva ordinato un’indagine sulle responsabilità di Boko Haram nel rapimento, ma i suoi risultati non sono mai stati resi pubblici.
Nel gennaio 2016 il presidente Muhammadu Buhari aveva ordinato un’altra indagine, questa volta sull’operato delle forze di sicurezza, ma anche di questa non sono stati resi pubblici i risultati.
Le fonti che abbiamo intervistato hanno convalidato, in modo indipendente le une dalle altre, che il 19 febbraio funzionari delle forze di sicurezza nigeriane erano stati contattati prima e durante il rapimento. Per garantire la loro incolumità, le fonti sono state tenute anonime.
Le fonti e i testimoni oculari di Dapchi hanno confermato che il convoglio di Boko Haram era formato da circa 50 uomini armati ed era composto da nove veicoli con scritte in arabo: sette Landcruiser, una Hilux e un camion Canter.