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A partire dal 22 agosto, organi d’informazione indipendenti che hanno le redazioni fuori dall’Iran hanno iniziato a diffondere video ricevuti da un gruppo che si è denominato “La giustizia di Ali”, che è riuscito ad hackerare le telecamere di sicurezza della prigione di Evin, situata nella capitale iraniana Teheran.
Alti funzionari iraniani hanno confermato la veridicità delle immagini. In una rara ammissione di responsabilità, il direttore dell’Organizzazione delle prigioni, Mohammad Mahdi Haj Mohammadi, ha pubblicato un post su Twitter nel quale si è assunto la responsabilità dei “comportamenti inaccettabili” rivelati dai video e si è impegnato a punire i responsabili e a evitare che ciò si ripeta. In un’altra dichiarazione ha tuttavia precisato che si è trattato di casi eccezionali ad opera di poche mele marce.
Il 24 agosto il capo del potere giudiziario, Gholamhossein Mohsen Ejei, ha chiesto al procuratore generale di “esaminare rapidamente e approfonditamente il trattamento dei prigionieri da parte di agenti penitenziari e di altri detenuti” nella prigione di Evin.
Amnesty International ha analizzato 16 dei video, che contengono scioccanti prove dei pestaggi, delle molestie sessuali, del diniego di cure mediche oltre che del cronico sovraffollamento di Evin.
In sette dei 16 video, agenti penitenziari picchiano detenuti; altri tre mostrano celle sovraffollate, due aggressioni di detenuti ad altri detenuti, altri due episodi di autolesionismo e uno le condizioni disumane di una cella d’isolamento.
“È bene che queste immagini siano uscite fuori, ma si tratta solo della punta dell’iceberg”, ha dichiarato Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
Nei centri di detenzione iraniani la tortura è praticata sistematicamente. Tra i metodi documentati da Amnesty International figurano le frustate, le finte esecuzioni, il waterboarding (semi-annegamento), la violenza sessuale, la sospensione per gli arti, l’ingerimento forzato di sostanze chimiche e il diniego di cure mediche.