La situazione dei diritti umani in Bahrein

25 Ottobre 2012

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Le manifestazioni della ‘primavera del Bahrein‘ sono state duramente represse sin dall’inizio, grazie anche al sostegno delle truppe inviate dall’Arabia Saudita. Decine di manifestanti sono stati uccisi nel corso del 2011. 
 
Secondo l’organizzazione non governativa Phisycians for human rights, nei 100 anni di storia dell’uso dei gas lacrimogeni, nessun paese ha attaccato così continuativamente il suo popolo con questi agenti chimici tossici. 
 
Nonostante avesse nominato una Commissione indipendente d’inchiesta e si fosse impegnato ad accettarne conclusioni e raccomandazioni, il re ha concesso riforme puramente di facciata. Ad esempio, alla fine del 2011 è stato deciso che gli imputati civili non sarebbero stati più processati dalle corti marziali, ma tanto in appello quanto in cassazione difensori dei diritti umani, giornalisti, operatori sanitari, insegnanti si sono visti infliggere dure condanne, anche all’ergastolo. 
 
Nabeel Rajab, presidente del Centro per i diritti umani del Bahrein, sta scontando una condanna a tre anni di carcere per manifestazione non autorizzata. In precedenza, aveva trascorso mesi in carcere per aver pubblicato un tweet giudicato offensivo nei confronti del ministro dell’Interno.
 
Tra i prigionieri di coscienza figura il noto difensore dei diritti umani Abdulhadi Al-Khawaja, che ha anche nazionalità danese, condannato all’ergastolo. Una delle sue figlie, Zaynab, entra ed esce dal carcere a causa del suo attivismo e di estemporanei sit-in di protesta non autorizzati. Ha di fronte a sé numerosi processi e ha recentemente trascorso due mesi in carcere per ‘danneggiamento di proprietà dello stato’, ossia aver strappato una foto del re. Un’altra figlia di Al-Khawaja, Maryam, è impegnata in un ciclo di conferenze internazionali per denunciare la situazione dei diritti umani nel paese.
 
Il 1° ottobre la Corte di cassazione ha confermato le condanne di nove operatori sanitari per il ruolo svolto nelle proteste del 2011. Ali ‘Esa Mansoor al’Ekri è stato condannato a cinque anni, Ebrahim Abdullah Ebrahim al-Dumistani a tre anni, Ghassan Ahmed ‘Ali Dhaif, Sa’eed Mothaher Habib al Samahiji a un anno, Mahmood Ashghar ‘Abdulwahab a sei mesi, Dhia Ibrahim Ja’far a due mesi, Bassim Ahmed ‘Ali Dhaif, Nader Mohammed Hassan Dewani e Abdulkhaleq ‘Ali Hussain al-‘Oraibi a un mese.
 
L’ultima condanna risale al 21 ottobre 2012, quando due ex dirigenti del Sindacato degli insegnanti del Bahrein si sono visti confermare la condanna in un processo d’appello. Mahdi ‘Issa Abu Dheeb è stato condannato a cinque anni di prigione, Jalila Al-Salman – assente durante l’annuncio del verdetto – a sei mesi. La sentenza d’appello ha ridotto le condanne emesse in primo grado, in cui ai due insegnanti erano stati rispettivamente inflitti 10 e tre anni di carcere. 
 
Abu Dheeb e Al-Salman erano stati arrestati nel corso di uno sciopero degli insegnanti, nei primi mesi del 2011. Tenuti in stato d’isolamento e, a loro dire, costretti a firmare sotto tortura confessioni che non avevano neanche letto, erano stati processati e condannati da un tribunale militare per avere, tra le altre cose, indetto uno sciopero degli insegnanti in qualità di vicepresidente e presidente dell’associazione di categoria, bloccando il sistema dell’istruzione, ‘incitando all’odio contro il regime’ e ‘tentando di rovesciare il sistema vigente con la forza’.
 
Da allora, Abu Dheeb ha già trascorso circa 18 mesi in prigione, mentre Al-Salman ne ha passati cinque e mezzo, prima di essere rilasciata su cauzione. Amnesty International considera Abu Dheeb un prigioniero di coscienza e considererà allo stesso modo Al-Salman se ritornerà in carcere.

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Guarda l’appello di Jalila Al-Salman