L’aborto sicuro è un diritto

Foto di Bruno Fert

Ogni persona ha il diritto di controllare la propria fertilità e di esercitare la propria libertà di scelta, ma le barriere che impediscono alle persone di abortire sono innumerevoli. Criminalizzazione, stigmatizzazione sociale, discriminazione intersezionale, emarginazione sono tutti fattori che si intromettono tra le donne e la loro libertà di prendere decisioni sul proprio corpo e la propria vita.

Cos’è l’aborto e perché è necessario?

Un aborto è una procedura medica che pone fine ad una gravidanza. È l’assistenza sanitaria di base necessaria per milioni di donne, ragazze e persone che possono rimanere incinte.

Si stima che una gravidanza su quattro finisca con un aborto ogni anno. In luoghi dove l’aborto è legale e accessibile e dove c’è meno stigma, le persone possono abortire in modo sicuro e senza rischi. Si stima però che ogni anno si verifichino 25 milioni di aborti non sicuri, la maggior parte dei quali avvengono nei paesi in via di sviluppo. Laddove l’interruzione volontaria di gravidanza è stigmatizzata, criminalizzata o limitata, le persone sono costrette a ricorrere ad aborti non sicuri e questo può portare a conseguenze fatali come la morte della madre e la disabilità.

Criminalizzazione dell’aborto

In alcuni paesi – come gli Stati Uniti, la Sierra Leone, la Polonia e il Marocco – abortire, o aiutare qualcuno a farlo, è un crimine. Le leggi che limitano l’aborto variano da paese a paese, con alcuni luoghi come la Guinea Equatoriale e lo Zambia che condannano all’ergastolo chi prova ad abortire.

In alcuni paesi, l’aborto è consentito solo in circostanze specifiche. Queste eccezioni includono quando la gravidanza è il risultato di stupro o incesto, se c’è una lesione grave e fatale al feto, o se la gravidanza presenta una minaccia per la vita o la salute della persona incinta. La criminalizzazione dell’aborto ha un impatto più pesante su coloro che sono già emarginate. I servizi sanitari, in generale, sono meno accessibili alle persone a basso reddito, rifugiate e migranti, Lgbtqia+ e alle persone razzializzate e native. Ciò significa che è più difficile cercare servizi sicuri in un altro paese o accedere alle cure private.

Nonostante decenni di stigmatizzazione e disinformazione sull’aborto, la maggior parte delle persone concorda sul fatto che dovrebbe essere legale, ma spesso hanno la percezione di non sapere come parlare e mostrare il loro sostegno. Per questo motivo la forte minoranza anti-aborto spesso domina la narrazione.

Stigma sociale dell’aborto

Le leggi non sono l’unico ostacolo all’aborto sicuro. Anche nei paesi in cui è legale, potrebbe essere difficile accedervi a causa di fattori quali costi, distanza dai servizi, stigmatizzazione sociale o atteggiamenti conservatori rafforzati dalla religione. Un esempio è l’obiezione di coscienza cui può ricorrere il personale medico.

Per creare un futuro migliore in cui il diritto all’aborto sia garantito per tutte non basta la depenalizzazione. Dobbiamo anche affrontare le barriere profondamente radicate, sociali, culturali ed economiche che rendono più difficile per le persone esercitare i loro diritti riproduttivi.

 

Difensori e difensore del diritto all’aborto

In tutto il mondo, coloro che difendono il diritto all’aborto sono sotto attacco. Sono persone esposte a stigmatizzazione, attacchi fisici e verbali, intimidazioni e minacce, e sono criminalizzate attraverso procedimenti giudiziari ingiusti, indagini e arresti. Nonostante l’ostilità e la mancanza di riconoscimento, continuano il loro lavoro, aiutando innumerevoli donne, ragazze e tutte le persone che possono rimanere incinte.

Rischi e minacce per chi fornisce assistenza sanitaria

La criminalizzazione e le leggi restrittive sull’aborto impediscono alle persone che forniscono assistenza sanitaria di offrire le migliori opzioni di cura per i loro pazienti, in linea con la buona pratica medica e le loro responsabilità etiche professionali.

La criminalizzazione dell’aborto si traduce in un “effetto agghiacciante” che scoraggia sia il personale sanitario, che applica restrizioni eccessive a causa del timore di incorrere in azioni penali, sia le donne e le persone incinte che hanno bisogno di affrontare cure dovute a soluzioni non sicure o altre complicazioni legate alla gravidanza.

Cosa sta facendo Amnesty per difendere il diritto all’aborto?

Ogni persona dovrebbe essere libera di esercitare la propria autonomia corporea e prendere le proprie decisioni sulla propria vita riproduttiva, anche quando e se procreare.

È essenziale che le leggi relative all’aborto rispettino, proteggano e adempiano i diritti delle donne e di tutte le persone che possono rimanere incinte e non le costringano a cercare soluzioni non sicure.

È per questo che chiediamo agli stati di tutto il mondo di adempiere ai loro obblighi e di rispettare e proteggere il diritto di tutte le persone che difendono il diritto all’aborto.

 

L’onda verde

Mentre molti paesi in tutto il mondo stanno lavorando per limitare ulteriormente l’accesso all’aborto, il movimento dell’Onda verde è riuscito a realizzare quelle che sembravano modifiche inimmaginabili alle leggi in America Latina.

Nel 2018 centinaia di migliaia di ragazze e donne, provenienti dalla società civile e dei movimenti, inclusa Amnesty International Argentina, si sono riunite per reclamare la depenalizzazione e garanzie per un accesso sicuro all’aborto.

In Argentina, paese chiave per l’avanzamento dell’Onda verde, oltre tre anni dopo la storica legalizzazione dell’aborto approvata nel dicembre 2020, si è riscontrata una notevole diminuzione del tasso di mortalità materna, dimostrando ancora una volta che la liberalizzazione delle leggi sull’aborto protegge sia la salute che la vita delle persone incinte.

manifestazione di fronte alla sede della Corte suprema, Washington DC - 26 marzo 2024

Manifestazione di fronte alla sede della Corte suprema, Washington DC - 26 marzo 2024

 

L’aborto negli Stati Uniti

Due anni dopo che la Corte Suprema ha annullato Roe v. Wade, il diritto all’aborto legale e sicuro continua a essere sotto attacco negli Stati Uniti. Le persone in età riproduttiva in tutto il paese si trovano ad affrontare continui e confusi cambiamenti sulla possibilità di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza.

Per quasi 50 anni, la Corte suprema degli Stati Uniti ha ribadito più volte che la Costituzione protegge il diritto all’aborto. Tuttavia, il 24 giugno 2022, nel caso Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, la Corte Suprema ha lasciato la regolamentazione dell’aborto ai singoli stati.

Questa decisione ha portato a un mosaico di leggi devastanti, con divieti parziali o totali in 21 stati del paese. Questo significa che donne, ragazze e altre persone in grado di rimanere incinte sono ostacolate nell’accesso all’assistenza sanitaria. Amnesty International ha condotto ricerche nel corso del 2023 e del 2024 per documentare l’impatto di questi divieti e restrizioni.

I divieti, gli ostacoli e le restrizioni all’aborto hanno generato paura e confusione, ma soprattutto hanno costretto donne, ragazze e persone in grado di rimanere incinte a ritardare le cure, mettendo a rischio la loro salute e la loro vita e, in ultima analisi, a portare avanti gravidanze indesiderate.

L’impatto è maggiore per le persone nere, immigrate senza documenti, transgender, che vivono in aree rurali o in condizioni di povertà e per le popolazioni native. Barriere socio-economiche impediscono a molte di viaggiare fuori dallo stato per cercare assistenza.

L’unico modo per fermare questo fallimento pericoloso e discriminatorio è attraverso una piena protezione federale del diritto all’aborto. Gli Stati Uniti devono agire rapidamente per affrontare questa crisi dei diritti umani.