Libia, a due anni dalla fine del conflitto continua la sofferenza degli sfollati

22 Ottobre 2013

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In occasione del secondo anniversario della fine del conflitto in Libia, Amnesty International ha chiesto alle autorità di Tripoli di trovare una soluzione duratura per porre fine allo sfollamento forzato di decine di migliaia di persone appartenenti al gruppo tawargha e ad altre comunità, costrette a lasciare le loro case nel 2011.

L’intera popolazione di Tawargha, circa 40.000 abitanti, è stata allontanata da gruppi armati provenienti da Misurata che l’hanno accusata di aver sostenuto il governo del colonnello Gheddafi. Un documento reso pubblico oggi da Amnesty International denuncia discriminazione, rapimenti e detenzioni arbitrarie tuttora in corso ai danni dei tawargha, che ancora subiscono minacce e azioni di rappresaglie da parte di milizie che agiscono al di sopra della legge.

‘Due anni dopo il conflitto, i tawargha e le altre comunità sfollate attendono giustizia e una riparazione concreta per gli abusi subiti. Molti continuano a subire discriminazione e a vivere in campi in condizioni inadeguate e senza alcuna soluzione in vista’ – ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

Oggi, Tawargha è una città fantasma. I combattenti anti-Gheddafi, cercando vendetta per i crimini di guerra subiti a Misurata e attribuiti alla comunità tawargha, hanno saccheggiato e incendiato le abitazioni. Nei mesi successivi alla fine del conflitto, la caccia al tawargha è proseguita così come gli arresti arbitrari, le torture e le uccisioni.

I tawargha continuano a subire minacce e attacchi all’interno dei campi da parte delle milizie, che cercano d’impedire ogni tentativo di farli rientrare a casa. Le autorità non hanno saputo garantire il loro ritorno in condizioni sicure e hanno dissuaso ripetutamente i tawargha dal farlo autonomamente, per ragioni di sicurezza.

‘È impensabile che a coloro che hanno subito abusi venga chiesto di rassegnarsi a non rientrare in modo sicuro, mentre le milizie e altri soggetti continuano a minacciarli impunemente’ – ha commentato Sahraoui. ‘Le richieste degli abitanti di Misurata che qualcuno paghi per i crimini di guerra subiti è giustificata, ma la giustizia non può essere selettiva e una comunità intera non può subire una punizione collettiva’.

In totale, sono 65.000 gli sfollati interni della Libia. Oltre ai tawargha, l’elenco comprende membri della tribù mashashya delle montagne di Nafusa, abitanti di Sirte e Bani Walid e tuareg di Ghadames. I thawarga, libici neri, sono tra coloro che hanno patito le peggiori sofferenze.

Oltre 1300 tawargha risultano dispersi, detenuti o vittime di sparizioni forzate, soprattutto a Misurata. Nella maggior parte dei casi, sono stati rapiti dai miliziani e, una volta portati nei centri di detenzione, sottoposti a maltrattamenti e torture, come le scariche elettriche, le frustate e i pestaggi coi tubi dell’acqua.

Amnesty International ha sollecitato le autorità libiche a indagare su tutti i casi di sparizione forzata e tortura, senza discriminazione nei confronti delle vittime percepite come pro-Gheddafi.

Centinaia di detenuti tawargha, bambini inclusi, si trovano nelle prigioni di stato da oltre due anni, senza accusa né processo, in condizioni misere, senza cure mediche adeguate né visite regolari dei familiari. I parenti dei tawargha in carcere temono rappresaglie ogni volta che si recano a Misurata. Nella prigione di al Wahda, sempre a Misurata, Amnesty International ha scoperto nove minorenni detenuti senza accusa da quando nel 2011 erano stati rapiti.

‘Tutte le persone detenute senza accusa devono essere rilasciate o incriminate per un reato effettivo. La detenzione dei minorenni dovrebbe essere solo una misura estrema e per il più breve periodo possibile’ – ha sottolineato Sahraoui.

La Libia sta attraversando la peggiore crisi politica e di sicurezza dal conflitto del 2011. Lo stato di diritto è compromesso da diffusi atti di illegalità, detenzioni arbitrarie, sequestri e attacchi contro le istituzioni governative da parte delle milizie. Nonostante queste sfide, le autorità libiche hanno la responsabilità di assicurare protezione alle comunità degli sfollati interni, che sono tra i gruppi maggiormente a rischio.

‘Trovare una soluzione duratura al problema degli sfollati richiederà tempo, ma per dimostrare che intendono seriamente rispettare i diritti dei tawargha e di altre comunità le autorità possono fare qualcosa nell’immediato. Non vi è ragione, per esempio, per cui non possano beneficiare del diritto all’istruzione e a un adeguato standard di vita come tutti gli altri libici’ – ha affermato Sahraoui.

Molti tawargha hanno difficoltà a ottenere i documenti necessari dalle autorità di Misurata per proseguire gli studi superiori. Le famiglie dei dispersi non ricevono assistenza economica, a quanto pare per il solo fatto di essere percepiti come alleati del colonnello Gheddafi.

Un mese fa, il Congresso nazionale ha espresso un primo parere favorevole a una legge sulla giustizia transitoria che contiene una serie di misure per ottenere verità, accertamento delle responsabilità e riparazioni per le vittime delle violazioni dei diritti umani perpetrate durante e dopo il regime di Gheddafi. La legge, in attesa del voto finale, istituisce una Commissione d’accertamento dei fatti e di riconciliazione che dovrebbe, tra le altre cose, affrontare la situazione degli sfollati interni senza discriminazione.

‘L’adozione di questa legge potrebbe essere il primo passo concreto verso la giustizia per i tawargha e per altre comunità di sfollati. Una volta adottata, le autorità dovranno garantire che la Commissione avrà le risorse e le misure di protezione necessarie per portare avanti i suoi lavori in modo imparziale, al riparo dalle minacce, dalle pressioni dell’opinione pubblica e dagli attacchi delle milizie. Non farlo significherebbe mettere in pericolo i modesti risultati conseguiti dalle vittime nella lotta per la verità e la giustizia e trasformerebbe la legge in un altro fallimento’ – ha concluso Sahraoui.

Amnesty International ha infine sollecitato le autorità libiche a consultare i tawargha rispetto alle soluzioni riguardanti i loro bisogni, diritti e interessi legittimi.

FINE DEL COMUNICATO            Roma, 23 ottobre 2013

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