Libia: milizia fondata e pagata dallo stato compie crimini di diritto internazionale

4 Maggio 2022

Photo by MAHMUD TURKIA/AFP via Getty Images

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Una milizia creata dal governo della Libia nel gennaio 2021 e che percepisce fondi statali è responsabile di uccisioni illegali, detenzioni arbitrarie di cittadini libici, intercettamenti e successive detenzioni arbitrarie di migranti e rifugiati, torture, lavori forzati e altri gravissimi crimini di diritto internazionale.

Si tratta dell’Autorità per il sostegno alla stabilità (Ass), guidata – come ha denunciato oggi Amnesty International – da uno dei più potenti capi delle milizie di Tripoli: Abdel Ghani al-Kikli, conosciuto come “Gheniwa”, nominato a quell’incarico nonostante le sue ben documentate responsabilità in crimini di diritto internazionale e altre gravi violazioni dei diritti umani.

Per oltre un decennio le milizie sotto il comando di “Gheniwa” hanno terrorizzato la popolazione del quartiere tripolino di Abu Salim mediante sparizioni forzate, torture, uccisioni illegali e altri crimini di diritto internazionale.

Ufficialmente, l’Ass è incaricata di garantire la sicurezza delle sedi e delle autorità di governo. Inoltre, partecipa ai combattimenti, arresta persone sospettate di reati contro la sicurezza nazionale e collabora con altri organismi di sicurezza.

Il Governo di unità nazionale ha assegnato all’Ass per l’anno 2021 40 milioni di dinari (otto milioni di euro), cinque milioni (un milione di euro) dei quali per pagare gli stipendi. Sono stati erogati ulteriori finanziamenti ad hoc: nel febbraio 2022 il primo ministro Abdelhamid Debibah ha autorizzato un versamento di 132 milioni di dinari (quasi 28 milioni di euro).

Dalla sua fondazione, l’Ass ha rapidamente espanso la sua influenza oltre Tripoli, ad al-Zawiya e in altre città della Libia occidentale.

Il 19 aprile 2022 Amnesty International ha scritto alle autorità libiche chiedendo la destituzione di “Gheniwa” e del suo ex vice Lotfi al-Harari da ogni posizione nella quale potrebbero commettere ulteriori violazioni dei diritti umani, interferire in eventuali indagini – sollecitate dall’organizzazione per i diritti umani – o garantirsi l’impunità. “Gheniwa” ha diretto il Consiglio militare Abu Salim, poi Forza di sicurezza centrale-Abu Salim, mentre al-Harari ora dirige l’Agenzia per la sicurezza interna di Tripoli, implicata in gravi violazioni dei diritti umani.

A oggi, non è stata ricevuta alcuna risposta.

Sono peraltro le stesse autorità libiche ad ammettere il ruolo dell’Ass nelle violazioni dei diritti umani: rappresentanti del ministero dell’Interno di Tripoli hanno confermato ad Amnesty International che l’Ass intercetta migranti e rifugiati in mare e li porta nei centri di detenzione sotto il suo controllo. Il ministero dell’Interno non ha alcun potere rispetto alle attività dell’Ass, poiché questa milizia risponde del suo operato al primo ministro.

Le ultime denunce di violazioni dei diritti umani compiute dall’Ass, Amnesty International le ha ricevute durante una sua visita in Libia, nel febbraio 2022.

In quel mese, centinaia di migranti sono stati portati nel centro di detenzione di al-Mayah, gestito dall’Ass: un luogo sovraffollato e dalla scarsa ventilazione, nel quale i detenuti ricevevano poco cibo e ancora meno acqua ed erano costretti a bere quella degli scarichi dei gabinetti. Pestaggi, lavori forzati, prostituzione forzata, stupri e altre forme di violenza sessuale erano all’ordine del giorno.

L’Ass non fornisce informazioni sul numero di persone detenute ad al-Mayah né consente l’accesso alle organizzazioni indipendenti.

Sempre nel febbraio 2022, secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni, un’operazione di intercettamento in mare da parte dell’Ass si è conclusa con un migrante morto e altri feriti.

Amnesty International ha rinnovato la richiesta all’Unione europea e agli stati membri di sospendere urgentemente ogni forma di cooperazione con la Libia in tema d’immigrazione e controllo delle frontiere e di assicurare che future forme di cooperazione siano vincolate alla fine, da parte delle autorità libiche, della detenzione arbitraria di migranti e rifugiati e allo svolgimenti di indagini efficaci sui crimini commessi ai loro danni.