©Francesca Maceroni
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Oltre 40 organizzazioni in piazza per fermare respingimenti e violenze
Se entro il 2 novembre il governo italiano non deciderà per la sua revoca, il Memorandum Italia–Libia verrà automaticamente rinnovato per altri 3 anni. Per questo motivo oltre 40 organizzazioni chiedono all’Italia e all’Europa di riconoscere le proprie responsabilità e di non rinnovare gli accordi con la Libia.
A cinque anni dal Memorandum Italia–Libia, il bilancio delle ricadute sulla vita di uomini, donne e bambini migranti è tragico. Dal 2017 ad oggi quasi 100.000 persone[1] sono state intercettate in mare dalla Guardia costiera libica e riportate forzatamente in Libia, un paese che non può essere considerato sicuro. La vita dei migranti e rifugiati in Libia è costantemente a rischio, tra detenzioni arbitrarie, abusi, violenze e sfruttamento. Significa non avere alcun diritto e nessuna tutela.
“L’Italia e l’Unione Europea continuano a impiegare in Libia sempre più risorse pubbliche e a considerarlo un paese con cui poter stringere accordi, all’interno di un complesso sistema basato sulle politiche di esternalizzazione delle frontiere, che delega ai paesi di origine e transito la gestione dei flussi migratori, con il sostegno economico e la collaborazione dell’Unione Europea e degli Stati membri. Il Memorandum Italia – Libia crea le condizioni per la violazione dei diritti di migranti e rifugiati agevolando indirettamente pratiche di sfruttamento e di tortura perpetrate in maniera sistematica e tali da costituire crimini contro l’umanità” affermano le organizzazioni che oggi, 26 ottobre, sono scese in piazza con la società civile contro il rinnovo degli accordi.
Il Memorandum prevede il sostegno alla Guardia costiera libica, attraverso fondi, mezzi e addestramento. Continuare a supportarla significa non solo contribuire direttamente e materialmente al respingimento di uomini, donne e bambini ma anche sostenere i centri di detenzione dove le persone vengono sottoposte a trattamenti inumani e degradanti, abusate e uccise. Dal 2017 la Guardia costiera libica ha ricevuto oltre 100 milioni in formazione e equipaggiamenti (57,2 milioni dal Fondo fiduciario per l’Africa e 45 milioni solo attraverso la missione militare italiana dedicata). Soldi pubblici e risorse destinate alla cooperazione e allo sviluppo, impiegate invece per il rafforzamento delle frontiere, senza alcuna salvaguardia dei diritti umani, né alcun meccanismo di monitoraggio e revisione richiesto dalle norme finanziarie dell’UE. Ugualmente le risorse utilizzate per l’implementazione degli interventi umanitari non hanno bilanciato i crimini contro l’umanità che sono commessi attraverso il Memorandum.
La Libia non può essere considerato un luogo sicuro. Il quadro politico è particolarmente instabile, e le violenze contro la popolazione crescono di anno in anno, così come il numero delle persone sfollate.
Nel paese è pressoché impossibile fornire una protezione significativa alle persone vulnerabili. Le opzioni sicure e legali per fuggire sono limitate sia nell’accesso sia nei numeri, tanto che sono molte le persone che decidono di intraprendere un viaggio di ritorno via terra – in particolare lavoratori stagionali provenienti dai paesi vicini – correndo rischi simili a quelli già affrontati per raggiungere la Libia. Molti altri, invece, provano ad attraversare il Mediterraneo pagando somme messe da parte con lavori svolti spesso in condizioni disumane, e affrontando viaggi pericolosi, in cui la probabilità di annegare è alta quanto quella di essere intercettati e respinti.
Alla luce della situazione di insicurezza e instabilità del paese, delle innumerevoli testimonianze di abusi e violenze e della completa e totale irriformabilità del sistema Memorandum, chiediamo all’Europa di riconoscere le proprie responsabilità e al Governo italiano di non rinnovare gli accordi con la Libia.
Le organizzazioni firmatarie:
A Buon Diritto, ACAT Italia, ACLI, ActionAid, Agenzia Habeshia, Alarm Phone, Amnesty International Italia, AOI, ARCI, ASGI, Baobab Experience, Centro Astalli, CGIL, CIES, CINI, Civicozero onlus, CNCA, Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos, Comunità Papa Giovanni XXIII, CoNNGI, Cospe, FCEI, Focus Casa dei Diritti Sociali, Fondazione Migrantes, Emergency, EuroMed Rights, Europasilo, Intersos, Magistratura Democratica, Mani Rosse Antirazziste, Medici del Mondo Italia, Mediterranea, Medici Senza Frontiere, Movimento Italiani Senza Cittadinanza, Open Arms, Oxfam Italia, Refugees Welcome Italia, ResQ – People Saving People, Save the Children, Sea Watch, Senza Confine, SIMM, UIL, UNIRE, Un Ponte per.
[1] Circa 99.630 persone, nostra elaborazione di dati UNHCR/OCHA (https://reliefweb.int/)