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Persone impegnate nella difesa dei diritti umani della regione delle Americhe sono state stigmatizzate, vessate e attaccate, anche attraverso detenzioni arbitrarie, campagne diffamatorie, sparizioni forzate, sfollamenti forzati, sorveglianza illegale, uccisioni, minacce, tortura e processi iniqui.
La libertà d’espressione è risultata a rischio a causa degli attacchi e delle vessazioni contro la stampa, comprendenti tra l’altro l’uccisione di giornalisti e la sorveglianza illegale della popolazione. Legislazioni restrittive sommate alla repressione delle autorità di pubblica sicurezza hanno ostacolato il diritto di protesta.
Gli stati non hanno provveduto a indagare e risarcire le gravi violazioni dei diritti umani e i crimini di diritto internazionale, tra cui sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali. Sono stati registrati alcuni limitati sviluppi nell’accertamento delle responsabilità per la repressione politica e i crimini compiuti in passato. Il sistema interamericano dei diritti umani ha continuato a rivestire un ruolo determinante negli sforzi compiuti a livello regionale per ottenere verità, giustizia e riparazione.
Processi iniqui e detenzioni arbitrarie e di massa hanno continuato a essere all’ordine del giorno come forma di repressione o come parte di strategie di pubblica sicurezza. In alcuni paesi, sono stati celebrati processi iniqui davanti a tribunali e corti privi di indipendenza.
Nella regione hanno continuato a prevalere forme di razzismo contro le persone nere e di discriminazione contro le popolazioni native. Episodi di discriminazione contro le persone lgbti sono stati registrati in tutta la regione, con le persone transgender particolarmente colpite dalla violenza.
Gli stati non hanno saputo adottare le misure necessarie per minimizzare gli effetti della crisi climatica sui diritti umani. Gli incendi boschivi, l’innalzamento del livello dei mari, l’erosione costiera e le inondazioni hanno colpito le comunità locali di diversi paesi.
Gli stati non hanno adempiuto ai loro obblighi di garantire i diritti economici e sociali, soprattutto dei gruppi che già subivano forme di discriminazione, in un contesto di povertà e disuguaglianze diffuse in tutta la regione. I servizi sanitari nazionali erano inadeguati e sottofinanziati, e l’insicurezza alimentare ha colpito milioni di persone.
La violenza di genere, tra cui i femminicidi e la violenza sessuale, è proseguita ininterrotta e impunita in tutta la regione. L’accesso all’aborto è stato ostacolato nella legge e nella prassi, e le persone più penalizzate erano quelle che già subivano molteplici forme di discriminazione. Diversi paesi hanno adottato politiche legislative e pratiche che hanno ridotto l’accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva.
Le popolazioni native hanno continuato a subire forme di violenza, discriminazione e marginalizzazione e a essere private del loro diritto a un consenso libero, anticipato e informato in diversi stati. Gli abusi compiuti da attori statali e non statali erano spesso collegati alla sicurezza del possesso della terra, a questioni di titolarità e alle industrie estrattive.
Migliaia di persone hanno continuato ad abbandonare i loro paesi e a spostarsi attraverso la regione in cerca di protezione internazionale, per fuggire da persecuzioni e violazioni dei diritti umani, dall’insicurezza e dalle conseguenze avverse del cambiamento climatico. Molte persone migranti, rifugiate e richiedenti asilo hanno dovuto affrontare violenza, xenofobia e razzismo, oltre a ostacoli legali e burocratici che ostacolavano l’esercizio dei loro diritti.
La regione delle Americhe si è confermata un luogo pericoloso per le persone che difendono i diritti umani, che hanno subìto violazioni, tra cui detenzione arbitraria, campagne diffamatorie, sparizioni forzate, sfollamenti forzati, sorveglianza illegale, uccisioni, minacce, tortura e processi iniqui. In tutta la regione, i difensori dei diritti umani più vulnerabili appartenevano a particolari gruppi, come le donne, le persone afrodiscendenti, le popolazioni native e le persone transgender. Le donne impegnate nella ricerca delle persone scomparse si esponevano ad alti livelli di rischio.
I difensori della terra, del territorio e dell’ambiente erano particolarmente a rischio di attacchi e vessazioni da parte delle autorità di governo e di attori non statali in paesi come Canada, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras e Messico. In Bolivia, i ranger custodi del Parco nazionale Madidi hanno subìto minacce e aggressioni, mentre in Perù, quattro difensori della terra, del territorio e dell’ambiente sono stati uccisi; tre di loro erano leader nativi.
I governi non hanno saputo garantire adeguati meccanismi di protezione per chi difende i diritti umani. In Brasile, il programma di protezione per i difensori dei diritti umani era attivo in meno della metà degli stati del paese. In Honduras, le organizzazioni locali hanno sollevato preoccupazioni per la debolezza e l’inefficacia del meccanismo nazionale di protezione. In Perù, il ministero dell’Interno ha continuato a non dotarsi di un protocollo specifico di coordinamento con la polizia per la protezione dei difensori dei diritti umani. Nonostante questa tendenza, ci sono stati alcuni limitati progressi in Guatemala, dove il governo ha riattivato l’organismo responsabile dell’analisi dei rischi per i difensori dei diritti umani.
Gli stati devono garantire che le persone impegnate nella difesa dei diritti umani possano svolgere il loro lavoro in sicurezza e senza paura di rappresaglie. Le Ong e altre associazioni e movimenti per i diritti umani devono essere rispettati e lasciati liberi di lavorare.
Lo spazio civico come intersezione dei diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione è stato sempre più minacciato dai governi della regione in modo preoccupante.
La libertà d’espressione è risultata a rischio a causa degli attacchi e delle vessazioni contro la stampa in Argentina, Brasile, Colombia, Cuba, El Salvador, Guatemala, Messico, Nicaragua, Paraguay, Uruguay e Venezuela. In Colombia e Messico, alcuni di questi attacchi hanno causato morti violente. In Argentina ed El Salvador, le giornaliste hanno subìto violenza digitale, comprese aggressioni a sfondo sessuale.
Personale dell’informazione è stato criminalizzato e stigmatizzato dalle autorità statali in diversi paesi. A Cuba, tra settembre e ottobre, almeno 20 giornalisti sono stati convocati dalle autorità, minacciati di essere perseguiti penalmente e costretti a registrare video in cui si autoincriminavano; i loro telefoni cellulari e laptop sono stati sequestrati. In Nicaragua, sono stati confiscati i beni di organi d’informazione; in Messico, sono state disposte nuove chiusure di emittenti radiofoniche e il governo ha ostacolato l’accesso alle piattaforme dei social media. In Messico, almeno quattro giornalisti sono stati uccisi e le informazioni personali di 324 di loro, fornite alla presidenza per finalità di accredito stampa, sono state fatte trapelare e postate su un sito web.
Alcuni governi hanno insistito nei loro sforzi per controllare, limitare o chiudere le Ong. Paraguay e Venezuela hanno approvato disegni di legge che avrebbero accresciuto il controllo sulle organizzazioni della società civile e portato a restrizioni arbitrarie, che avrebbero potuto anche comportare la loro chiusura e il perseguimento giudiziario dei loro membri. Un disegno di legge simile è stato proposto in Perù, ma a fine anno era ancora in attesa di approvazione.
Sorveglianza illegale e altre violazioni della privacy sono proseguite. In Argentina e Cile, sono stati segnalati casi di sorveglianza di massa attraverso il sistema di riconoscimento facciale e altre tecnologie. Negli Usa, ha destato analoghe preoccupazioni un’applicazione mobile dotata di riconoscimento facciale e tracciamento Gps, il cui utilizzo era diventato obbligatorio per le procedure di migrazione e riconoscimento dello status di rifugiato. In Colombia, ha suscitato polemiche il presunto acquisto nel 2021 di Pegasus, lo spyware altamente invasivo che permette il totale e incontrollato accesso a un dispositivo digitale, e il suo utilizzo.
La repressione e gli impedimenti alla protesta hanno continuato a destare preoccupazione nella regione. Proteste sono state represse dalle agenzie di pubblica sicurezza in Argentina, Cuba, Messico, Usa e Venezuela, tra le altre. In Canada e negli Usa, manifestazioni pacifiche organizzate nelle università contro il genocidio di Israele a Gaza sono state disperse violentemente dalle autorità di pubblica sicurezza. Secondo l’Ong Osservatorio venezuelano sul conflitto sociale, tra il 29 e il 30 luglio, in Venezuela sono state registrate 915 proteste, di cui 138 sono state represse dalle forze di sicurezza e da gruppi armati filogovernativi. Nuove norme restrittive sul diritto di protesta sono state approvate o proposte in Argentina, Nicaragua e Perù, un chiaro segnale del deterioramento dello spazio civico.
Gli stati devono proteggere lo spazio civico e abrogare le norme e le pratiche che ostacolano i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica, e proibire ogni forma di sorveglianza illegale da parte degli stati e degli attori non statali.
Gli stati non hanno provveduto a indagare e risarcire le sparizioni forzate nella regione. In Argentina, l’esecutivo ha ordinato la chiusura dell’unità investigativa sociale per la ricerca dei bambini sottratti alle loro famiglie e sottoposti a sparizione forzata durante il regime militare del 1976-1983. In Perù è entrata in vigore una legge che ha fatto cadere in prescrizione i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra commessi prima del 2002. Nuovi casi di sparizione forzata sono stati registrati in Colombia, Cuba, Ecuador, Messico e Venezuela.
Sono state commesse impunemente uccisioni illegali, che in alcuni casi potrebbero costituire esecuzioni extragiudiziali. In Ecuador, l’ufficio del pubblico ministero ha osservato un picco di possibili esecuzioni extragiudiziali durante la prima metà dell’anno. In Messico, in diversi stati elementi militari si sono resi responsabili di aggressioni e uccisioni, anche di migranti e minorenni. In Venezuela, almeno 24 persone sono morte nel contesto della repressione delle proteste operata dal governo, dopo una controversa elezione presidenziale. In Ecuador, El Salvador, Nicaragua e Venezuela, le persone detenute hanno subìto tortura e maltrattamento in carcere.
Ad Haiti, le violazioni compiute dalle bande criminali sono continuate senza sosta. Le gang si sono rese responsabili, tra l’altro, di numerose uccisioni e menomazioni, stupri e altre forme di violenza sessuale, assalti a scuole e ospedali, rapimenti e diniego di accesso umanitario.
L’assenza di giustizia per le violazioni dei diritti umani compiute nel contesto delle proteste e altra repressione politica negli anni precedenti è rimasta una costante in Cile, Colombia, Ecuador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Perù e Venezuela. Durante l’anno sono stati tuttavia registrati alcuni positivi sviluppi, tra cui l’apertura di procedimenti giudiziari per i recenti casi di repressione verificatisi in Cile e Perù. In Brasile, cinque agenti della polizia militare sono stati incriminati per rapimento e falsa carcerazione nel caso di Davi Fiuza, il quale fu sottoposto a sparizione forzata nel 2014. A ottobre, due uomini sono stati giudicati colpevoli per l’uccisione, nel 2018, della consigliera comunale e difensora dei diritti umani Marielle Franco e del suo autista, Anderson Gomes. In Paraguay, un ex poliziotto è stato condannato a 30 anni di carcere per la tortura commessa nel 1976 durante il regime militare.
I meccanismi di verità e riparazione si sono dimostrati fruttuosi, ma sono rimasti insufficienti. In Brasile, le politiche di memoria e verità sono parzialmente riprese, compresa la Commissione speciale sulle morti e sparizioni politiche. In Messico, il meccanismo per la verità e il chiarimento storico ha presentato due rapporti che trattavano le gravi violazioni dei diritti umani compiute tra il 1965 e il 1990. In Perù, un tribunale ha avviato il processo che avrebbe garantito il completo risarcimento per le vittime di sterilizzazione forzata durante gli anni Novanta. L’Icc ha autorizzato la ripresa dell’indagine sui presunti crimini contro l’umanità in Venezuela.
Il sistema interamericano dei diritti umani ha continuato a rivestire un ruolo determinante nei tentativi portati avanti nella regione per ottenere verità, giustizia e riparazione. Tra le varie questioni, ha espresso preoccupazione per l’avvelenamento da mercurio delle popolazioni native in Canada, promosso il recupero della terra per la comunità garifuna in Honduras ed emesso ordini di protezione per le persone arbitrariamente detenute in Nicaragua. Ha inoltre stabilito la responsabilità della Colombia per una campagna persecutoria nei confronti del collettivo di avvocati “José Alvear Restrepo” e quella dell’Argentina per non avere saputo adottare misure ragionevoli in grado di prevenire l’attentato dinamitardo al centro ebraico dell’Asociación Mutual Israelita Argentina (Amia) nel 1994.
Gli stati devono garantire verità, giustizia e riparazione per le violazioni dei diritti umani e i crimini di diritto internazionale e assicurare alla giustizia tutte le persone sospettate di responsabilità penale, affinché siano giudicate in un processo equo, davanti a tribunali civili ordinari.
Le autorità della regione hanno fatto quotidianamente ricorso a processi iniqui e detenzioni arbitrarie nel quadro della loro repressione o delle loro strategie di pubblica sicurezza. A Cuba, 14 persone sono state giudicate colpevoli in relazione alla loro partecipazione alle proteste pacifiche nella municipalità di Neuvitas, nel 2022. In Guatemala, l’ex procuratrice Virginia Laparra è stata dichiarata colpevole in un procedimento penale infondato, poco dopo essere stata scagionata in un altro procedimento giudiziario arbitrario che l’aveva costretta all’esilio. Il meccanismo per il riconoscimento dei prigionieri politici in Nicaragua ha documentato la presenza di almeno 151 individui in stato di detenzione nel paese per motivi politici. Negli Usa, Leonard Peltier, un attivista nativo americano, ha continuato a scontare due ergastoli, nonostante i gravi dubbi che circondavano la sua colpevolezza e la sentenza. In Venezuela, difensori dei diritti umani e giornalisti hanno continuato a essere criminalizzati e arbitrariamente detenuti, ma a essere a rischio erano anche persone di ogni estrazione sociale, con almeno 2.000 detenzioni arbitrarie registrate dopo le elezioni, tra cui quelle di 200 minorenni.
Le detenzioni di massa, così come le detenzioni al di fuori delle procedure dovute, adottate dalle autorità nel quadro delle loro strategie in materia di sicurezza, hanno continuato a essere motivo di preoccupazione. In Ecuador, le autorità di pubblica sicurezza hanno eseguito migliaia di possibili arresti arbitrari, apparentemente con scarsa giustificazione. Un rapporto della Commissione interamericana dei diritti umani (Inter-American Commission on Human Rights – Iachr) ha confermato che lo stato d’emergenza in El Salvador aveva portato a detenzioni arbitrarie di massa. Il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria ha espresso preoccupazione relativamente all’uso sistematico della detenzione arbitraria in Messico, compreso l’utilizzo dell’arraigo (detenzione cautelare senza accusa) e della detenzione preprocessuale automatica. Nonostante ciò, il congresso messicano ha allungato l’elenco dei reati per i quali era applicabile la detenzione preprocessuale automatica. Negli Usa, le autorità hanno ampliato il sistema della detenzione arbitraria di massa per le persone migranti.
In alcuni paesi, come il Venezuela, gli arresti arbitrari sono stati accompagnati da sparizioni forzate di breve durata e sono stati spesso seguiti da processi iniqui celebrati da tribunali privi di indipendenza. La Relatrice speciale delle Nazioni Unite sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati ha espresso preoccupazione per il diritto ad avere giudici indipendenti e imparziali in Bolivia, dopo che le elezioni giudiziarie erano state ritardate per più di un anno. Durante una visita ufficiale in Guatemala, l’Iachr ha sottolineato che la criminalizzazione infondata era la prova della mancanza di indipendenza giudiziaria nel paese. Il Messico ha emendato la sua costituzione per incorporare l’elezione dei giudici a tutti i livelli, compromettendo l’indipendenza del potere giudiziario.
Le autorità devono adottare tutte le misure necessarie per porre fine alle detenzioni arbitrarie e garantire il diritto a un equo processo.
Il razzismo contro le persone nere e la discriminazione contro le popolazioni native hanno continuato a essere fenomeni diffusi nella regione. Ad agosto, l’Iachr ha riconosciuto che il razzismo strutturale e la discriminazione razziale ponevano ostacoli al godimento dei diritti delle persone afrodiscendenti e delle comunità tribali e ha sollecitato gli stati a implementare una giustizia riparatoria completa.
Le azioni delle agenzie di pubblica sicurezza hanno preso di mira o hanno colpito in modo sproporzionato le persone afrodiscendenti in Brasile, Ecuador e negli Usa. In Canada, la corte federale ha esaminato una richiesta per certificare una causa collettiva intentata contro il governo da attuali ed ex lavoratori del servizio pubblico federale, per razzismo contro le persone nere nel processo di assunzione. Nella Repubblica Dominicana, la discriminazione razziale è rimasta diffusa e strutturale, in particolare verso i dominicani di origine haitiana e i richiedenti asilo haitiani in cerca di protezione.
In Brasile, 537.941 nativi vivevano una condizione di insicurezza alimentare, secondo i dati forniti dal ministero per le Popolazioni native. In Canada, in un solo mese la polizia ha ucciso nove persone native in episodi separati. In Colombia, le comunità native e afrodiscendenti hanno continuato a subire gli effetti sproporzionati derivanti dalle violazioni dei diritti umani e dalle violazioni del diritto internazionale umanitario e a essere sproporzionalmente colpiti da sfollamenti forzati su larga scala.
Episodi di discriminazione contro le persone lgbti sono stati registrati in Argentina, Brasile, Canada, Colombia, Cuba, Guatemala, Honduras, Messico, Paraguay, Perù, Portorico, negli USA e in Venezuela. La violenza ha colpito in modo particolamente grave le persone transgender. In Brasile, in un rapporto pubblicato nel 2024, l’associazione per i diritti umani Grupo Gay da Bahia ha documentato 257 morti violente nel 2023, principalmente di giovani persone transgender nere. In Colombia sono state uccise almeno 21 donne transgender, secondo l’Ong Affirmative Caribbean. In Messico, i media e le organizzazioni della società civile hanno riportato almeno 59 femminicidi di donne transgender.
Gli stati devono adottare tutte le misure necessarie per porre fine a razzismo, discriminazione e altre forme di intolleranza e garantire riparazione per le vittime.
Gli stati non hanno saputo intraprendere le azioni necessarie per minimizzare gli effetti della crisi climatica sui diritti umani. I governi non hanno agito adeguatamente per far fronte ai loro impegni di ridurre le emissioni di gas serra ed eliminare progressivamente l’uso dei combustibili fossili. Al contrario, paesi come Brasile, Ecuador e Venezuela hanno incrementato l’estrazione di petrolio e il gas flaring. Il Canada e gli Usa, entrambi paesi ad alto reddito e ad alte emissioni, non hanno voluto affrontare il problema dell’utilizzo dei combustibili fossili nella produzione di energia e sono rimasti tra i principali emettitori di gas serra. Hanno inoltre bloccato l’accordo su un nuovo adeguato obiettivo finanziario sul clima alla Cop29.
Gli incendi nella regione, specialmente nel bacino dell’Amazzonia, hanno causato perdite enormi di ecosistemi fragili e compromesso fortemente la capacità dei pozzi di carbonio di mitigare il riscaldamento globale. Estesi incendi boschivi si sono verificati in Argentina, Bolivia, Brasile, Canada, Colombia, Ecuador, Paraguay, Perù e negli Usa. La risposta dei governi agli effetti degli incendi sugli ecosistemi e i diritti umani, compresi quelli delle popolazioni native e delle comunità rurali, si è dimostrata insufficiente.
I sempre più gravi effetti del cambiamento climatico, tra cui l’innalzamento del livello dei mari, l’erosione costiera e le inondazioni, hanno colpito le comunità nell’intera regione delle Americhe. Le inondazioni del Rio Grande do Sul in Brasile hanno colpito 2,3 milioni di persone, provocando 600.000 sfollati. In Honduras, le comunità del golfo di Fonseca hanno denunciato gli effetti negativi sui loro mezzi di sussistenza causati dall’innalzamento del livello del mare. In Messico, le famiglie della comunità di El Bosque, che erano state evacuate nel 2023 a causa dell’innalzamento del livello del mare attribuito al cambiamento climatico, sono state reinsediate e hanno ricevuto nuove case in seguito alle azioni legali intentate dai membri della comunità.
I governi devono affrontare urgentemente gli effetti della crisi climatica sui diritti umani intervenendo a livello locale, nazionale e regionale, anche eliminando progressivamente i combustibili fossili e cercando assistenza internazionale e finanziamenti climatici laddove necessario. I paesi ad alto reddito e ad alto livello di emissioni devono fornire finanziamenti adeguati riguardo al clima.
Gli stati non hanno adempiuto ai loro obblighi di garantire i diritti economici e sociali, con particolari effetti sui gruppi che già subiscono discriminazione. I livelli di povertà e disuguaglianza nella regione sono rimasti problematici. In Argentina, l’introduzione delle misure di austerità ha avuto un impatto sproporzionato su minori e persone anziane.
Servizi sanitari nazionali, spesso inadeguati e sottofinanziati, rendevano particolarmente complicato per i cittadini di Brasile, Cuba, Guatemala, Haiti, Messico, Paraguay, Perù, Portorico, Uruguay e Venezuela accedere ai servizi e ottenere medicine. In Brasile, i casi di febbre dengue sono aumentati, causando durante l’anno 6.041 morti, rispetto ai 1.179 decessi registrati nel 2023. Ad Haiti il sistema sanitario ha dovuto affrontare gravi criticità che lo hanno portato sull’orlo del collasso. A Portorico, la salute e la vita delle persone dipendenti dal funzionamento di apparecchiature elettriche sono state messe a repentaglio dall’inadeguata fornitura di energia elettrica. In Uruguay, l’accesso ai servizi di salute mentale era insufficiente di fronte alla crescente domanda. Nonostante la raccomandazione dell’Organizzazione sanitaria panamericana, che sollecitava gli stati della regione a impegnare per la spesa sanitaria il 6 per cento del pil, Messico e Paraguay hanno stanziato rispettivamente appena il 2.9 e il 4 per cento del pil, per citare due esempi.
L’insicurezza alimentare ha colpito milioni di persone, anche minori, in Argentina, Bolivia, Brasile, Cuba, Haiti e Venezuela. In Argentina, l’assegno per la pensione minima non riusciva a coprire il costo della vita. A Cuba, il governo ha significativamente ridotto i “panieri alimentari di base” sovvenzionati e le persone dovevano fare lunghe code davanti ai negozi per procurarsi generi alimentari. Quasi metà della popolazione di Haiti necessitava di assistenza umanitaria, con allarmanti livelli di insicurezza alimentare e malnutrizione. Il Relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo ha visitato il Venezuela e rilevato che quasi il 53 per cento della popolazione era esposta a povertà estrema con un reddito insufficiente per acquistare il “paniere alimentare di base”.
Gli stati devono adottare tutte le misure necessarie per combattere la povertà e le disuguaglianze e adempiere ai loro obblighi sui diritti umani relativi ai diritti economici, sociali e culturali.
Gli episodi di violenza di genere, compresi i femminicidi, sono continuati senza sosta rimanendo impuniti in tutta la regione. Varie fonti hanno denunciato cifre allarmanti riguardanti i femminicidi nell’area, in paesi come Bolivia, Brasile, Colombia, Cuba, Messico, Paraguay, Perù, Portorico, Uruguay e Venezuela. Né Cuba né la Repubblica Dominicana avevano codificato nella legislazione interna il femminicidio come un reato penale specifico.
In Argentina è stato registrato un femminicidio ogni 33 ore; eppure, il governo ha apportato tagli di bilancio alle politiche che affrontavano la violenza di genere. Ci sono stati limitati sviluppi in Guatemala, quando il governo ha ammesso la responsabilità dello stato per i femminicidi di Maria Isabel Véliz Franco e Claudina Velásquez nei primi anni 2000, secondo quanto stabilito dalla Corte interamericana dei diritti umani rispettivamente nel 2014 e 2015.
Anche altre forme di violenza hanno colpito le donne e le ragazze della regione. In Brasile, l’ufficio del pubblico ministero stava monitorando attivamente casi di violenza politica contro le donne, basata sul genere. In Canada, le organizzazioni hanno chiesto al governo provinciale e alle municipalità dell’Ontario di dichiarare la violenza da parte del partner intimo un’epidemia. Nella Repubblica Dominicana, i media hanno riportato casi di violenza sessuale e di genere durante le operazioni di immigrazione. Ad Haiti, la violenza sessuale e di genere, stupro compreso, è aumentata nella prima metà dell’anno. In Perù, il governo ha registrato 12.924 casi di stupro contro donne e ragazze. Negli Usa, i dati del governo indicavano che le donne amerindie e le donne native dell’Alaska avevano 2,8 volte più probabilità di essere vittime di violenza sessuale rispetto alle donne non native.
Le autorità devono porre fine all’impunità per i crimini violenti contro donne e ragazze e aumentare gli sforzi per prevenirli.
L’accesso all’aborto ha continuato a essere ostacolato nella legge e nella prassi, con effetti sproporzionati sulle persone che subivano forme intersezionali di discriminazione. Repubblica Dominicana, El Salvador, Haiti, Honduras e Nicaragua continuavano a proibire l’aborto in tutte le circostanze. La parziale criminalizzazione dell’aborto è rimasta motivo di preoccupazione. In Brasile, il ministero per le Politiche femminili ha riferito che il divieto d’aborto colpiva in modo sproporzionato le donne che vivevano in una situazione di povertà. In Perù, era legale soltanto l’aborto terapeutico e l’accesso a tale procedura è rimasto inadeguato. Il Venezuela non ha compiuto progressi per migliorare i diritti sessuali e riproduttivi, e l’aborto è rimasto criminalizzato.
Diversi paesi hanno introdotto politiche legislative o pratiche che hanno ridotto l’accesso ai servizi di salute riproduttiva. In Argentina, la Direzione nazionale per la salute sessuale e riproduttiva ha annunciato una carenza di forniture essenziali per i servizi d’aborto. In Cile, le istituzioni e il personale sanitario si rifiutavano di praticare l’aborto per motivi legati alle loro convinzioni morali o religiose, compromettendo il diritto delle donne e ragazze incinte ad accedere ai servizi per l’interruzione di gravidanza. A Portorico, il senato ha approvato il disegno di legge PS 495, che ha introdotto restrizioni all’aborto per le persone al di sotto dei 18 anni, e stabilito l’obbligo di ottenere un’autorizzazione preventiva di un genitore o del tutore legale per accedere alla procedura. Negli Usa, i divieti e le restrizioni sull’aborto hanno minacciato i diritti alla vita e alla salute delle persone e reso ancora più complicato l’accesso alla procedura per molte persone, tra cui le persone nere e razzializzate, le popolazioni native, le persone immigrate prive di documenti, quelle transgender, residenti delle aree rurali e indigenti. Sempre più operatori sanitari decidevano di lasciare gli stati dove vigevano divieti d’aborto particolarmente severi, accentuando le disuguaglianze regionali nell’assistenza sanitaria riproduttiva e colpendo in particolare le aree rurali e a basso reddito.
Ciononostante, sono stati registrati alcuni progressi con le autorità sanitarie della Colombia che hanno pubblicato i regolamenti che garantiscono l’accesso ai servizi di aborto fino alla ventiquattresima settimana di gravidanza, così come stabilito da una sentenza della Corte costituzionale del 2022. In Messico, sette stati hanno adottato una legislazione che ha depenalizzato l’aborto, sebbene un altro abbia ridotto da 12 a sei il numero delle settimane di gravidanza entro cui era possibile accedere alla procedura.
Le autorità devono garantire l’accesso ad aborti sicuri e ad altri diritti sessuali e riproduttivi.
Le popolazioni native hanno continuato a subire forme di discriminazione e marginalizzazione, e gli stati non hanno provveduto a rispettare i loro diritti. Il loro diritto a un consenso libero, anticipato e informato è stato negato in diversi paesi. Il governo boliviano non ha saputo implementare processi significativi per garantire il consenso delle popolazioni native ai progetti estrattivi che avrebbero colpito i loro territori. Il Canada ha negoziato un accordo commerciale di libero scambio con l’Ecuador senza condurre alcuna consultazione con le popolazioni native del paese.
Gli abusi da parte degli attori statali e non statali erano frequentemente collegati a questioni legate alla sicurezza del possesso e alla titolarità dei terreni. In Brasile, le centinaia di conflitti che interessavano le popolazioni native scaturivano in larga parte dalla mancanza di demarcazione e dal fatto che il processo di demarcazione avanzava lentamente. In Guatemala, decine di comunità campesino e native erano a rischio di sgomberi forzati. In Paraguay, la comunità nativa tekola sauce del popolo avá guaraní paranaense stava ancora aspettando la restituzione del suo territorio ancestrale, di cui si era appropriata la diga idroelettrica Binacional di Itaipú. L’Iachr ha espresso preoccupazione per gli effetti a lungo termine dell’estrazione mineraria illegale sulla vita, la salute e la sopravvivenza del popolo yanomami in Venezuela.
Le popolazioni native hanno continuato a subire vessazioni e violenze in tutta la regione, tra cui una mancanza di protezione da parte dello stato contro la violenza in Brasile, vessazioni da parte delle autorità di pubblica sicurezza in Cile e sfollamento forzato interno in Messico e Nicaragua. In Colombia, l’ufficio del difensore civico ha rilevato che il 50 per cento di minori reclutati dai gruppi armati erano nativi. In Canada, il rapporto dell’Interlocutrice speciale indipendente ha riconosciuto che le scuole residenziali indiane erano “istituzioni coloniali di genocidio”. Negli Usa, il dipartimento dell’Interno ha pubblicato il suo rapporto finale sull’iniziativa Federal Indian Boarding School, che ha identificato almeno 74 siti di sepoltura contrassegnati e non contrassegnati presso 65 scuole e almeno 973 morti confermate.
Gli stati devono rispettare e proteggere i diritti delle popolazioni native, tra cui quello alla proprietà e al controllo sulle loro terre e risorse, e adottare misure per eliminare la discriminazione e la violenza contro di loro.
Migliaia di persone hanno continuato ad abbandonare i loro paesi e a spostarsi attraverso la regione, a causa di persecuzioni, violazioni dei diritti umani, insicurezza e per sfuggire agli effetti avversi dei cambiamenti climatici. Persone migranti, rifugiate e richiedenti asilo hanno dovuto confrontarsi con xenofobia e razzismo in tutta la regione delle Americhe. A fine anno, i venezuelani fuggiti dal paese dal 2015 erano più di 7,89 milioni, mentre violenza e violazioni dei diritti umani spingevano le persone a fuggire anche da Cuba, El Salvador, Haiti e Honduras. A giugno, l’Iachr ha osservato con preoccupazione che le risposte di molti stati alla migrazione comprendevano l’esternalizzazione e la militarizzazione dei confini e l’espulsione al di fuori delle procedure dovute.
Persone rifugiate e migranti hanno dovuto superare ostacoli legali e burocratici per poter esercitare i loro diritti. In Canada, il Programma per i lavoratori stranieri temporanei continuava a vincolare i lavoratori migranti a un unico datore di lavoro che controllava il loro status legale nonché le loro condizioni di lavoro, esponendoli ancora di più al rischio di subire forme di sfruttamento sul lavoro. Nella Repubblica Dominicana, le autorità non hanno informato i nuovi arrivati sulla procedura da seguire per richiedere asilo, hanno imposto ostacoli ingiustificati all’ottenimento di visti e permessi di soggiorno, hanno espulso collettivamente e sommariamente gli haitiani e implementato politiche migratorie razziste. In Messico, l’istituto nazionale per la migrazione non è riuscito ad accelerare le procedure per l’ottenimento di visti umanitari per richiedenti asilo, impedendo loro di accedere al diritto alla salute, all’istruzione e al lavoro. In Perù, le autorità hanno continuato a espellere migranti e rifugiati senza la garanzia che le persone espulse sarebbero state accolte da un altro paese. Gli Usa hanno sospeso l’ingresso dei richiedenti asilo al confine Usa-Messico, violando il loro diritto a cercare protezione e costringendoli ad aspettare in Messico, dove erano esposti a estorsioni, rapimenti e forme di discriminazione e violenza sessuale e di genere.
Persone rifugiate e migranti hanno continuato a subire violenze, vessazioni e minacce. Nella Repubblica Dominicana, violenza e uso eccessivo della forza erano elementi ricorrenti nei raid delle forze di sicurezza, secondo le Ong locali. In Cile, il congresso ha continuato a discutere bozze legislative che proponevano la criminalizzazione delle persone rifugiate e migranti.
Le autorità devono cessare le espulsioni illegali e rispettare il principio di non respingimento. Gli stati devono inoltre combattere il razzismo e la xenofobia e garantire alle persone migranti, rifugiate e richiedenti asilo tutti i diritti internazionalmente riconosciuti.