Rapporto 2024 – 2025

Asia e pacifico 2025

Photo by ANTHONY WALLACE / AFP

I paesi dell'area


PANORAMICA REGIONALE SULL’ASIA E PACIFICO

I disordini politici, la repressione e i conflitti armati hanno contribuito a creare un quadro preoccupante per i diritti umani nella regione. Tuttavia, nonostante gli enormi rischi, persone impegnate nella difesa dei diritti umani e nell’attivismo hanno continuato a rivendicare i loro diritti e a denunciare l’oppressione.

Nuove leggi hanno ulteriormente limitato i diritti, inclusa la libertà d’espressione. In risposta alle proteste, con frequenza è stata utilizzata illegalmente la forza, spesso provocando vittime. Oppositori politici, difensori dei diritti umani, giornalisti e altre persone sono stati sottoposti a sorveglianza, detenzione arbitraria, tortura e maltrattamento e uccisioni illegali. Queste e altre violazioni sono state facilitate dall’impunità, sebbene la decisione di un tribunale e le raccomandazioni delle commissioni per la verità abbiano offerto una speranza di riparazione alle vittime in Giappone e Corea del Sud. Condizioni meteorologiche estreme, l’innalzamento dei livelli del mare e altri eventi a insorgenza lenta hanno causato ulteriore devastazione, ma i governi ancora una volta non sono riusciti a intraprendere misure urgenti, necessarie per affrontare il cambiamento climatico e adattarsi ai danni correlati al clima.

Una significativa escalation del conflitto armato in Myanmar ha provocato ulteriori gravi violazioni del diritto internazionale. I diritti, in particolare quelli di donne e ragazze, sono stati ancora più limitati sotto il dominio dei talebani in Afghanistan, mentre in Cina e Corea del Nord è continuata la grave repressione del dissenso.

In alcuni paesi si è registrato un progresso verso il riconoscimento dei diritti lgbti. Tuttavia, la discriminazione sistematica basata sul genere e la violenza contro donne, ragazze e persone lgbti hanno continuato a essere diffuse. I diritti dei popoli nativi e delle minoranze etniche o basate sulla discendenza sono stati regolarmente ignorati nell’ambito di progetti di estrazione e sviluppo. Le violazioni dei diritti economici e sociali, compresi quelli relativi all’alloggio e all’istruzione, sono rimaste elevate. Le persone in fuga da conflitti e repressione sono state troppo spesso messe a rischio da espulsioni forzate o detenzione arbitraria a tempo indeterminato.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

In tutta la regione, lo spazio per la libertà d’espressione ha continuato a ridursi. In paesi come Indonesia, Nepal e Papua Nuova Guinea, il personale dell’informazione ha subìto violenza e intimidazioni. In Afghanistan sono stati messi al bando ulteriori media, tra cui due emittenti televisive private che sono state sospese per aver criticato i talebani. Giornalisti in Myanmar sono stati condannati a lunghe pene detentive. In Pakistan, almeno sette giornalisti sono stati uccisi in attacchi mirati e decine di altri sono stati arrestati e incriminati ai sensi della legge per la prevenzione dei reati informatici.

Nuove leggi che limitano il diritto alla libertà d’espressione sono entrate in vigore in Bangladesh, Malesia, Pakistan e Vietnam. La nuova legge per la sicurezza online dello Sri Lanka conteneva reati formulati in modo vago e ampi poteri, facendo temere che potesse essere utilizzata per limitare ulteriormente la libertà di parola. In India, nuove leggi che hanno sostituito quelle dell’era coloniale si sono rivelate anch’esse restrittive ed è stato mantenuto il reato di sedizione, utilizzato per reprimere chi criticava il governo. Il governo cinese ha introdotto nuove misure per impedire agli utenti di Internet della Cina continentale di utilizzare slang e altre “espressioni oscure” per eludere la censura online. A Hong Kong, le autorità hanno approvato senza discussione l’ordinanza per la salvaguardia della sicurezza nazionale, che ha introdotto ampie definizioni di “sicurezza nazionale” e “segreti di stato” già applicate nella Cina continentale, insieme a poteri di esecuzione più forti e sanzioni più severe.

In molti paesi, coloro che criticavano i governi hanno subìto procedimenti giudiziari. In Thailandia sono continuati i processi e l’incarcerazione di attivisti filodemocratici per lesa maestà e altre leggi restrittive. In Cambogia, un giornalista di fama internazionale, noto per aver denunciato violazioni dei diritti umani nell’industria delle truffe online, è stato arrestato e accusato di istigazione. A Singapore, chi ha criticato il governo, anche riguardo alla pena di morte, ha dovuto pubblicare “correzioni” per aver diffuso “falsità online”. In Laos, due grafici sono stati arrestati per post satirici sui social media in cui criticavano il cattivo stato delle strade, mentre in Cina, un noto artista è stato arrestato per opere vecchie di decenni che biasimavano la leadership del Partito comunista.

In alcuni paesi, il rigido controllo sulle comunicazioni online e offline ha ulteriormente ristretto l’accesso alle informazioni e ha oltremodo limitato la libertà d’espressione. In Corea del Nord, il governo ha continuato a vietare il contatto con il mondo esterno. In Pakistan sono state disposte restrizioni arbitrarie a Internet. In Bangladesh e India, le autorità hanno imposto blackout temporanei di Internet, ufficialmente per mantenere la legge e l’ordine, ma in pratica per reprimere il dissenso. In Malesia, il regista e il produttore di un film precedentemente messo al bando sono stati accusati di “ferire i sentimenti religiosi”.

Sono continuate le preoccupazioni sull’uso delle tecnologie di sorveglianza. In Indonesia, Amnesty International ha documentato la vendita e l’impiego su vasta scala di spyware altamente invasivi da parte di agenzie statali e aziende private. In Thailandia, un tribunale ha archiviato la causa intentata da un attivista filodemocratico contro la società di cyber intelligence Nso Group per aver facilitato l’uso dello spyware Pegasus per hackerare il suo telefono.

Sono stati maggiormente diffusi anche i tentativi di alcuni governi di mettere a tacere le voci critiche provenienti dall’estero. È perdurata la sorveglianza di studenti della Cina continentale e di Hong Kong che studiano all’estero. Le autorità di Hong Kong hanno emesso ulteriori mandati di arresto e annullato i passaporti degli attivisti filodemocratici residenti all’estero, offrendo anche ricompense economiche a chi forniva informazioni che avrebbero potuto condurre ad arresti. Un avvocato per i diritti umani che lavorava su casi politici ed era stato rimpatriato forzatamente in Cina dal Laos nel 2023, è rimasto in carcere in attesa del processo.

I governi devono abrogare o modificare le leggi che violano l’esercizio del diritto alla libertà d’espressione, adottare misure per proteggere l’espressione di opinioni politiche e di altro tipo, compresa la salvaguardia della libertà di stampa.

 

LIBERTÀ DI RIUNIONE E ASSOCIAZIONE

I governi della regione hanno risposto alle proteste con la repressione. In Bangladesh, l’uso illegale della forza è stato la risposta alle manifestazioni studentesche scatenate dal ripristino di una legge che riservava una quota di posti di lavoro governativi a discendenti di veterani della guerra per l’indipendenza. Con il diffondersi delle manifestazioni antigovernative sono state schierate le forze armate e sono stati emessi ordini di “sparare a vista”, che hanno causato la morte di quasi mille persone e il ferimento di molte altre. In Indonesia, la polizia ha fatto uso eccessivo e non necessario della forza contro la folla che protestava per le modifiche alla legge elettorale. Sebbene le modifiche proposte siano state successivamente ritirate, persone che manifestavano sono rimaste ferite e centinaia sono state arrestate arbitrariamente.

In Nepal, le proteste sono state disperse con la forza e manifestanti pacifici sono stati arrestati. La polizia della capitale Kathmandu ha utilizzato gas lacrimogeni e idranti in diverse occasioni per disperdere le proteste. In India, l’impiego eccessivo della forza da parte della polizia durante le proteste degli agricoltori ha causato almeno un decesso. Le autorità di Hong Kong hanno schierato la polizia per impedire le commemorazioni della repressione di Tiananmen del 1989. Come negli anni precedenti, diverse persone sono state arrestate per aver partecipato a tali eventi. A Papua Nuova Guinea, la polizia ha arrestato e incriminato diversi uomini che protestavano per essere stati sgomberati da un insediamento informale nella capitale Port Moresby. In seguito alla dichiarazione di legge marziale da parte del presidente della Corea del Sud, sono stati sospesi i diritti fondamentali, tra cui il diritto di riunione. L’assemblea nazionale ha rapidamente annullato tale decisione. Il presidente è stato successivamente sospeso dall’incarico e, a fine dicembre, è stato emesso un mandato di arresto nei suoi confronti.

Coloro che chiedevano la fine della guerra a Gaza e diritti per la popolazione palestinese hanno subìto molestie e arresti. Nelle isole Figi, la polizia ha vietato a chi manifestava di portare bandiere israeliane e palestinesi e ha intimidito manifestanti pacifici. Le autorità di Singapore hanno indagato su diverse persone che avevano protestato per la vendita di armi a Israele e ne hanno incriminate altre tre che stavano tentando di consegnare una petizione contro la guerra al palazzo presidenziale. Nelle Maldive, due donne sono state arrestate durante le manifestazioni che chiedevano il boicottaggio dei prodotti israeliani. In Malesia, la polizia ha arrestato manifestanti filopalestinesi fuori dall’ambasciata statunitense, nella capitale Kuala Lumpur.

Anche il diritto alla libertà d’associazione è stato ulteriormente attaccato. In Thailandia, un tribunale ha ordinato lo scioglimento del partito d’opposizione Move Forward, che aveva ottenuto il maggior numero di seggi alle elezioni parlamentari del 2023. A 11 suoi dirigenti è stato vietato di candidarsi alle elezioni. Nelle Filippine, il governo ha continuato a prendere di mira attivisti e organizzazioni “schedati in rosso”, con accuse di legami con gruppi comunisti messi al bando, incriminandoli per reati legati al terrorismo. In Bangladesh, India, Pakistan e Sri Lanka, alle persone impiegate nel settore dell’abbigliamento è stato impedito di esercitare il diritto alla libertà d’associazione per affrontare il problema dei bassi salari e dell’estrema informalizzazione del lavoro. In Bangladesh, almeno un lavoratore del settore dell’abbigliamento è stato ucciso e decine di altri sono rimasti feriti quando la polizia ha aperto il fuoco su una manifestazione di protesta che chiedeva salari più alti.

I governi devono garantire che i diritti alla libertà di riunione pacifica e d’associazione siano protetti. L’uso illegale della forza contro manifestanti deve essere impedito, mentre le leggi, le politiche e le pratiche che violano i diritti di riunione pacifica e d’associazione devono essere riviste e modificate.

 

DIRITTO A UN AMBIENTE SALUBRE

Condizioni meteorologiche estreme, eventi a insorgenza lenta e inquinamento atmosferico tossico esacerbati dal cambiamento climatico hanno avuto conseguenze devastanti in tutta la regione, colpendo in modo sproporzionato le persone più povere e più emarginate. Durante la Cop29, i paesi ad alto reddito e ad alte emissioni della regione hanno collaborato con altri paesi ad alto reddito per bloccare l’accordo su un livello adeguato di finanziamenti per il clima, che veniva richiesto dai paesi a basso reddito.

L’Asia meridionale è stata nuovamente colpita da caldo estremo e da gravi inondazioni che hanno colpito le vite di milioni di persone. Nello stato indiano di Assam, le inondazioni hanno causato la morte di almeno 113 persone. In Bangladesh, 500.000 sono state sfollate. Anche le inondazioni e le frane in Afghanistan, Pakistan e Nepal hanno provocato centinaia di morti e migliaia di sfollati. L’inquinamento atmosferico nella capitale indiana Delhi e nelle città del Pakistan ha raggiunto livelli record, provocando decessi in entrambi i paesi, in particolare nelle comunità emarginate.

Alcuni progressi verso la riduzione delle emissioni di carbonio o il miglioramento delle tutele ambientali sono stati evidenti, ma nel complesso la risposta della regione al cambiamento climatico e al degrado ambientale è stata insufficiente. In Cina, la capacità di generare energia da fonti di combustibili non fossili ha superato per la prima volta quella da combustibili fossili. Tuttavia, è rimasto preoccupante il ritmo della costruzione da parte dei cinesi di centrali elettriche a carbone all’estero. A Papua Nuova Guinea, il 30 per cento del territorio è stato destinato alla conservazione, sebbene il paese sia rimasto fortemente dipendente dai combustibili fossili. Una decisione storica di una corte in Corea del Sud ha chiesto al governo di rivedere gli obiettivi sulle emissioni di gas serra, per proteggere i diritti delle generazioni future. Le nazioni delle isole del Pacifico hanno appoggiato l’avvio di udienze della Corte internazionale di giustizia sugli obblighi e le responsabilità degli stati in merito al cambiamento climatico.

Molti altri governi non sono riusciti a raggiungere la riduzione dei combustibili fossili e altri obiettivi, anche quando si erano impegnati a rispettarli. Gli investimenti del Giappone in progetti all’estero di gas naturale liquefatto hanno continuato a minare gli sforzi globali per ridurre l’uso di combustibili fossili. L’Australia ha reso vani i progressi con i suoi piani per aumentare, anziché ridurre, la produzione di carbone e gas entro il 2030. Una nuova legge in Nuova Zelanda ha attenuato le tutele ambientali, mentre in Indonesia una bozza di legge e un regolamento in materia di energia sono stati criticati, perché non facilitavano la transizione verso emissioni nette pari a zero. Nonostante i gravi danni causati dal clima, gli obiettivi dell’India sui cambiamenti climatici hanno continuato a essere valutati come “altamente insufficienti”.

Persone impegnate nella difesa dell’ambiente hanno continuato a essere prese di mira per la loro attività. Tra queste, una figura di spicco del movimento contro i cambiamenti climatici, in carcere in Vietnam, ha iniziato per la terza volta lo sciopero della fame per protestare contro le deplorevoli condizioni di detenzione. In Cambogia, 10 ambientalisti associati al movimento Madre natura sono stati condannati per “complotto” e “oltraggio al re”.

I governi devono aumentare gli investimenti nella preparazione e nell’adattamento ai disastri e dare priorità alla protezione dei gruppi marginalizzati e ad altri colpiti in modo sproporzionato dalla crisi climatica, anche cercando assistenza internazionale e finanziamenti per il clima, se necessario. I paesi con redditi più alti e altri paesi ad alte emissioni devono assumere la guida nella mitigazione degli effetti del clima, anche fermando l’espansione della produzione di combustibili fossili, ponendo fine ai sussidi per i combustibili fossili e assicurandosi che le loro politiche climatiche siano coerenti con il mantenimento del riscaldamento globale entro 1,5°C.

 

ARRESTI E DETENZIONI ARBITRARI, TORTURA E MALTRATTAMENTO

Difensori dei diritti umani, attivisti politici e altre persone sono stati sottoposti ad arresti e detenzioni arbitrari in molti paesi della regione. Quelle detenute hanno spesso subìto torture e maltrattamento.

In Afghanistan, risulta che siano state imprigionate oltre 20.000 persone, di cui 1.500 donne. Tra di esse figuravano persone ritenute oppositori politici e altre accusate di aver violato il codice morale dei talebani. Le persone detenute sono state a rischio di tortura e altro maltrattamento e, secondo le informazioni ottenute, in alcuni casi hanno subìto anche esecuzioni extragiudiziali. Le autorità nordcoreane hanno continuato a detenere migliaia di persone nei campi di prigionia politica, dove hanno subìto condizioni disumane, torture e maltrattamento, tra cui violenza sessuale.

In Cina, persone come sindacalisti e giornalisti partecipativi sono state tra coloro che hanno ricevuto pene detentive per aver sostenuto i diritti umani. A Hong Kong, 45 attivisti filodemocratici sono stati condannati fino a 10 anni di reclusione dopo essere stati dichiarati colpevoli di “cospirazione per commettere sovversione”, per aver organizzato primarie elettorali non ufficiali. In Vietnam, i prigionieri che scontavano lunghe condanne per essersi opposti al governo hanno sofferto di problemi di salute e si sono visti negare l’accesso alle cure mediche. In Pakistan, oltre 100 civili sono stati tenuti in custodia militare per aver partecipato alle proteste contro l’arresto dell’ex primo ministro Imran Khan nel 2023; 85 sono stati condannati alla reclusione da tribunali militari. Figure di spicco dell’opposizione sono rimaste in detenzione in attesa del processo. È continuata la campagna antidroga del governo dello Sri Lanka, molto criticata e fortemente violenta, che ha portato alla detenzione arbitraria di decine di migliaia di persone, principalmente appartenenti a gruppi socioeconomici emarginati.

Le autorità devono astenersi dall’usare in modo improprio il sistema giudiziario contro oppositori politici e altre persone che esercitano i loro legittimi diritti alla libertà d’espressione, alla protesta pacifica e ad altri diritti umani. Gli stati devono rilasciare e risarcire chi è detenuto arbitrariamente, nonché vietare e rendere reato la tortura e il maltrattamento.

 

IMPUNITÀ E DIRITTO A VERITÀ, GIUSTIZIA E RIPARAZIONE

Nonostante in diversi paesi si siano verificati alcuni progressi verso la giustizia per le vittime di violazioni dei diritti umani, nella regione l’impunità ha continuato a essere la norma e ha alimentato ulteriori violazioni.

In Pakistan e nelle Filippine, dove il riconoscimento delle responsabilità per le sparizioni forzate del passato è stato scarso o nullo, nel corso dell’anno sono stati fatti scomparire con la forza sindacalisti, attivisti per i diritti sulla terra, oppositori politici e giornalisti. La mancanza di accesso alla giustizia in Afghanistan ha ulteriormente favorito la cultura dell’impunità e le continue violazioni dei diritti umani. Il governo cinese non ha preso alcuna iniziativa per individuare le responsabilità per possibili crimini contro l’umanità ai danni di appartenenti a gruppi uiguri e altri gruppi prevalentemente musulmani nella regione autonoma uigura dello Xinjiang. Il governo indiano non solo non è intervenuto per fermare la violenza etnica nello stato di Manipur, ma non ha nemmeno avviato azioni penali contro i membri di gruppi armati di vigilantes responsabili di violazioni dei diritti umani durante le violenze. Nella regione indonesiana di Papua, le uccisioni illegali di civili sono proseguite impunemente nel contesto della lotta separatista armata.

Ci sono stati anche momenti di speranza. In Giappone, la Corte suprema ha stabilito che le vittime di una precedente legge “eugenetica”, in base alla quale oltre 16.000 persone con disabilità o malattie croniche furono sterilizzate forzatamente, avrebbero diritto a ricevere un risarcimento. Un rapporto pubblicato da una commissione per la verità in Corea del Sud sull’adozione forzata di migliaia di minori tra il 1961 e il 1987 ha raccomandato risarcimenti per le vittime. In Bangladesh, il nuovo governo ad interim ha istituito una commissione d’inchiesta per indagare sulle sparizioni forzate di attivisti, oppositori politici e altre persone, tra il 2009 e il 2024.

Tuttavia, altrove gli sforzi per ottenere giustizia sono mancati. In Nepal, la nuova legislazione adottata, intesa a promuovere la giustizia per le atrocità commesse durante l’era del conflitto armato, non era pienamente coerente con gli standard internazionali e potrebbe proteggere alcuni perpetratori dall’azione penale. In Sri Lanka, la società civile ha respinto la proposta di legge per istituire una nuova commissione per la verità e la riconciliazione, anche a causa della mancanza di una consultazione significativa con le vittime e dell’incapacità del governo di attuare le raccomandazioni formulate dai precedenti organi investigativi.

I governi devono rafforzare l’impegno nel combattere l’impunità, intraprendendo indagini rapide, indipendenti, imparziali ed efficaci sui crimini di diritto internazionale e altre gravi violazioni dei diritti umani, assicurando alla giustizia i presunti autori e garantendo un rimedio efficace alle vittime.

 

VIOLAZIONI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO

Con l’intensificarsi del conflitto armato in Myanmar, l’esercito e alcuni gruppi armati di opposizione sono stati accusati di aver commesso crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale umanitario. La campagna militare di attacchi indiscriminati e diretti contro la popolazione civile e infrastrutture civili si è intensificata, portando il numero delle vittime a oltre 6.000 dal colpo di stato del 2021. L’esercito ha continuato a ottenere la fornitura di carburante per aerei nonostante le misure internazionali per interromperla. L’esercito di Arakan, un gruppo armato di opposizione, è stato accusato di aver bruciato case e ucciso civili rohingya, costringendo molte persone a fuggire dalla propria patria nello stato di Rakhine.

In Afghanistan, gli attacchi di gruppi armati, tra cui lo Stato islamico della provincia di Khorasan, che hanno preso di mira principalmente le comunità sciite-hazara, hanno causato ulteriori vittime civili. Sono state segnalate vittime civili anche a seguito dei bombardamenti aerei militari pakistani sulle posizioni talebane lungo il confine.

Tutte le parti in conflitto armato devono rispettare il diritto internazionale umanitario, anche ponendo fine agli attacchi diretti contro civili e infrastrutture civili e agli attacchi indiscriminati.

 

DIRITTI ECONOMICI, SOCIALI E CULTURALI

La crisi umanitaria in Afghanistan è peggiorata. Secondo le Nazioni Unite, oltre metà della popolazione necessitava di assistenza umanitaria, mentre l’85 per cento viveva con meno di un dollaro al giorno. L’accesso all’assistenza sanitaria è stato un problema per chiunque, ma soprattutto per donne e ragazze: l’Ue ha avvertito che solo il 10 per cento aveva accesso ai servizi sanitari di base. È stato riferito che il 40 per cento della popolazione in Corea del Nord era denutrito. Le politiche e le azioni dei governi talebano e nordcoreano sono state un fattore significativo che ha contribuito a queste terribili situazioni umanitarie.

Le autorità di diversi paesi hanno continuato a effettuare sgomberi forzati e demolizioni di case in violazione del diritto all’alloggio. In India, la Corte suprema ha stabilito che la demolizione forzata di proprietà era illegale, ma solo dopo la distruzione di migliaia di case negli anni precedenti, nel contesto di una prolungata campagna governativa per “punire” i musulmani per le violenze comunitarie del passato. In Mongolia, le autorità hanno sgomberato con la forza quasi 2.000 famiglie da terreni nella capitale Ulaanbaatar. In Nepal sono state sgomberate con la forza famiglie spesso provenienti dalle comunità marginalizzate dalit e tharu, che vivevano in insediamenti informali. Non ci sono stati rimedi per le migliaia di persone sgomberate con la forza in passato dal sito patrimonio mondiale di Angkor, in Cambogia. Molte altre hanno continuato a vivere sotto la minaccia di sgombero.

In tutta la regione, decine di milioni di minori hanno continuato a vedersi negato il diritto all’istruzione. I talebani hanno mantenuto il divieto per le bambine di andare oltre la scuola primaria. In Myanmar, milioni di minori non hanno potuto andare a scuola a causa del conflitto armato e degli attacchi deliberati dei militari alle strutture educative. Ulteriori chiusure di scuole da parte del governo cinese hanno minacciato la cultura e la lingua tibetane. La riduzione della spesa nel settore dell’istruzione è stata tra le preoccupazioni sollevate dall’Ohchr, l’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, in relazione al calo degli investimenti pubblici nei servizi sociali in Laos.

Sono proseguite anche le segnalazioni di lavoro forzato e pessime condizioni lavorative. Le Nazioni Unite hanno definito come diffuso e istituzionalizzato il lavoro forzato in Corea del Nord e hanno dichiarato che l’uso sistematico del lavoro forzato nelle prigioni può equivalere al crimine contro l’umanità di schiavitù. I lavoratori tamil delle piantagioni di tè di Malaiyaha hanno accusato il governo dello Sri Lanka di non aver protetto i lavoratori dal lavoro forzato, dalla schiavitù per debiti e da altre violazioni dei diritti umani.

I governi devono agire per garantire diritti economici e sociali, tra cui cibo, assistenza sanitaria, alloggio e istruzione, a tutte le persone senza discriminazioni e porre fine alla pratica del lavoro forzato.

 

DIRITTI DI DONNE E RAGAZZE

La discriminazione di genere e la violenza contro le donne e le ragazze sono state pervasive in tutta la regione. In Afghanistan, dove donne e ragazze stavano già subendo il crimine contro l’umanità della persecuzione di genere, i talebani hanno imposto ulteriori restrizioni, limitando di fatto tutti gli aspetti della loro vita. Molte sono state arrestate per non aver rispettato i codici di abbigliamento e sono stati segnalati stupri e altre forme di violenza sessuale contro donne e ragazze detenute. I livelli di violenza di genere sono aumentati drasticamente; i gruppi per i diritti delle donne hanno segnalato che oltre 300 donne e ragazze sono state uccise durante l’anno.

Altrove, i governi non sono riusciti a intraprendere misure adeguate per affrontare le alte percentuali di stupri, abusi e molestie sessuali e altre forme di violenza contro donne e ragazze. In Corea del Sud, gruppi per i diritti delle donne hanno definito una “emergenza nazionale” l’aumento della disponibilità online di immagini e video deepfake sessualmente espliciti e non consensuali. Nelle Maldive, il governo non ha messo in atto le raccomandazioni di un organismo delle Nazioni Unite che aveva chiesto di rendere reati specifici le escissioni/mutilazioni genitali femminili e la violenza domestica.

In India, lo stupro e l’omicidio di una dottoressa tirocinante sul posto di lavoro hanno scatenato proteste a livello nazionale. La discriminazione basata sulla casta ha continuato ad alimentare la violenza sessuale e di altro tipo contro le donne dalit. In un episodio, nello stato di Madya Pradesh, una donna è stata bruciata viva dopo aver sporto denuncia per molestie sessuali. L’impunità per la violenza contro le donne e le ragazze dalit è persistita anche in Nepal.

I governi devono attuare misure complete per affrontare la discriminazione e la violenza di genere contro donne e ragazze, anche contrastando le cause profonde della discriminazione intersezionale basata sul genere, garantendo l’accesso alla giustizia, alla protezione e ad altro sostegno per le sopravvissute e ponendo fine all’impunità per i responsabili.

 

DIRITTI DELLE PERSONE LESBICHE, GAY, BISESSUALI, TRANSGENDER E INTERSESSUATE

La Thailandia è diventata il primo paese nel sud-est asiatico a raggiungere l’uguaglianza matrimoniale per le persone lgbti, mentre in molte altre nazioni anche le sentenze dei tribunali hanno fatto progredire i diritti lgbti. In Corea del Sud, la Corte suprema ha stabilito che le coppie dello stesso sesso avevano diritto all’identica assistenza sanitaria delle coppie eterosessuali. In Cina, un tribunale ha concesso il diritto di visita ai figli a una donna in una relazione omosessuale. In Giappone, due distinte decisioni dell’Alta corte hanno stabilito l’incostituzionalità del divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso. In Nepal, una sentenza della Corte suprema ha riconosciuto il diritto di una donna transgender a vedere riconosciuta la propria identità di genere nei documenti ufficiali.

Tuttavia, le persone lgbti hanno continuato a essere sottoposte a violenza, discriminazione e, in alcuni paesi, criminalizzazione. In Afghanistan, le relazioni sessuali omosessuali consensuali sono rimaste punibili con la morte. In Cina, persone impegnate a favore dei diritti lgbti hanno rischiato la detenzione arbitraria. Le persone transgender sono rimaste particolarmente a rischio di violenza. Nelle isole Figi, i gruppi per i diritti umani hanno protestato perché le autorità non sono riuscite a indagare efficacemente sulla morte di una persona transgender che svolgeva un lavoro sessuale, dopo che era stata rapita e violentemente aggredita.

I governi devono rafforzare le tutele per le persone lgbti, anche decriminalizzando le relazioni sessuali omosessuali consensuali, adottando leggi antidiscriminazione complete e garantendo l’accesso al riconoscimento legale del genere. Tutte le segnalazioni di violenza e altre violazioni contro le persone lgbti devono essere indagate efficacemente e i responsabili devono essere assicurati alla giustizia.

 

DIRITTI DEI POPOLI NATIVI E DISCRIMINAZIONE BASATA SULL’ETNIA E SULLA DISCENDENZA

I diritti dei popoli nativi hanno subìto battute d’arresto in diversi paesi, mentre in tutta la regione i popoli nativi e le minoranze basate sull’etnia e sulla discendenza hanno continuato a essere colpiti in modo sproporzionato da emarginazione e discriminazione.

In un positivo passo avanti, i popoli nativi di Taiwan hanno ottenuto il diritto di usare nei documenti ufficiali i nomi nativi, invece delle versioni in mandarino. Al contrario, il governo della Nuova Zelanda ha promulgato nuove leggi e ne ha proposte altre che hanno indebolito i diritti dei māori, provocando proteste in tutto il paese. In altri paesi, tra cui Indonesia e Malesia, i progetti di sviluppo su terreni rivendicati dai popoli nativi sono proseguiti senza il loro consenso libero, anticipato e informato. In Mongolia, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli nativi ha espresso preoccupazione per l’impatto negativo delle attività minerarie sulle vite e sui mezzi di sostentamento delle comunità di pastori.

In Australia e Nuova Zelanda, i popoli nativi sono stati significativamente sovrarappresentati nel sistema giudiziario penale. Nel primo caso, la percentuale di minori aborigeni e isolani dello Stretto di Torres incarcerati è stata molto alta ed è stato riferito che tre ragazzi aborigeni sono morti in detenzione nell’Australia Occidentale. In Vietnam, i popoli nativi montagnard hanno continuato a subire discriminazioni e oltre 100 persone di tale etnia sono state condannate per accuse di terrorismo in processi iniqui relativi agli attacchi alle postazioni di polizia nel 2023.

Il governo cinese ha continuato la repressione dei gruppi etnici non han, anche arrestando arbitrariamente personalità culturali e religiose. Centinaia di crimini d’odio sono stati segnalati contro musulmani e altre minoranze religiose in India, dove oltre 100 persone sono state condannate per aver incendiato abitazioni di dalit nel 2014.

Le autorità devono adottare misure concrete per garantire i diritti dei popoli nativi e delle minoranze basate sull’etnia e sulla discendenza, anche abrogando o modificando legislazioni e politiche che li discriminano, dando priorità a politiche e programmi per eliminare la discriminazione strutturale nel sistema di giustizia penale e altrove, e garantendo una consultazione significativa e un consenso libero, preventivo e informato per i progetti di sviluppo e per altri progetti e decisioni che li riguardano.

 

DIRITTI DELLE PERSONE RIFUGIATE E MIGRANTI

Australia, Giappone, Malesia e Thailandia sono stati tra i paesi che hanno continuato a consentire la detenzione arbitraria a tempo indeterminato delle persone rifugiate e migranti. In Malesia sono state sollevate preoccupazioni sulla continua detenzione di minori e vi sono state continue segnalazioni di condizioni terribili e abusi nei centri di detenzione per immigrati. In Thailandia, le Nazioni Unite hanno rilevato che le spaventose condizioni di detenzione di un gruppo di oltre 40 persone richiedenti asilo uigure, trattenute da oltre 10 anni, potevano equivalere a tortura o maltrattamento.

Le persone in fuga da conflitti armati e repressione sono state a rischio di rimpatrio forzato. In Bangladesh, le guardie di frontiera hanno rimpatriato illegalmente i rohingya in fuga dal conflitto armato nello stato di Rakhine in Myanmar, mentre le persone rohingya rifugiate che vivono nei campi in Bangladesh hanno continuato a soffrire per le spaventose condizioni di vita. Le autorità thailandesi sono state sospettate di aver collaborato con il governo vietnamita per arrestare diversi rifugiati montagnard, tra cui un difensore dei diritti umani che stava affrontando una possibile deportazione in Vietnam, dove sarebbe stato a rischio di violazioni dei diritti umani. Le autorità pakistane hanno portato avanti una politica di espulsioni, rimpatriando con la forza in Afghanistan centinaia di migliaia di persone rifugiate, nonostante le richieste di fornire protezione internazionale agli afgani in fuga da discriminazioni e oppressioni sistematiche.

In diversi paesi, lavoratori e lavoratrici migranti hanno vissuto e lavorato in condizioni non sicure. Anche la tratta di esseri umani è rimasta motivo di preoccupazione nella regione. In Corea del Sud, un incendio in una fabbrica ha ucciso 23 persone, per lo più migranti. A Taiwan si è scoperto che lavoratori indonesiani avevano lavorato su un peschereccio per oltre un anno senza paga o contatti con il mondo esterno, prima dell’intervento delle autorità. In Cambogia sono perdurate le preoccupazioni sulla tratta di esseri umani e il lavoro forzato in strutture dell’industria delle truffe online, mentre un organismo delle Nazioni Unite ha sollevato preoccupazioni circa la tratta di esseri umani a scopo sessuale in Laos.

I governi devono smettere di detenere le persone richiedenti asilo semplicemente sulla base del loro status di immigrazione e consentire loro di cercare protezione internazionale. Le esplusioni illegali devono essere immediatamente interrotte e il principio di non respingimento rispettato. Le protezioni dalla tratta di esseri umani e dal lavoro forzato devono essere rafforzate e le persone sopravvissute alla tratta di esseri umani devono ricevere supporto legale e di altro tipo.

 

PENA DI MORTE

La pressione per l’abolizione della pena di morte in Giappone si è intensificata dopo che la condanna a morte di un uomo di 88 anni, da oltre 45 anni nel braccio della morte, è stata annullata quando un giudice ha scoperto che le prove nel suo processo originario per omicidio erano state fabbricate. Le esecuzioni pubbliche sono continuate in Afghanistan ed è stato segnalato che i talebani potrebbero riprendere la lapidazione a morte delle donne per “adulterio”.

Le esecuzioni di persone condannate per reati legati alla droga sono continuate in diversi paesi, tra cui Cina e Singapore. È rimasta sconosciuta la misura in cui la pena di morte è stata applicata in Cina, Corea del Nord e Vietnam, ma si ritiene i numeri siano alti. In Cina, una nuova legge ha imposto ulteriori restrizioni alla divulgazione di informazioni sulla pratica e nuove linee guida giudiziarie hanno incoraggiato l’uso della pena di morte contro le persone che sostenevano l’indipendenza di Taiwan.

I governi che mantengono la pena di morte devono adottare misure urgenti per abolirla e, nel frattempo, stabilire una moratoria ufficiale sulle esecuzioni.

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