La popolazione afgana è stata sottoposta a livelli sempre più elevati di violazioni dei diritti umani sotto le autorità de facto talebane. Donne e ragazze sono state vittime del crimine contro l’umanità della persecuzione di genere e sono state sempre più private dei diritti alla libertà di movimento e d’espressione. L’accesso all’assistenza sanitaria è rimasto difficile, mentre è perdurato il divieto di istruzione oltre la scuola primaria per donne e ragazze. La comunità sciita-hazara ha continuato a subire attacchi mirati e uccisioni, principalmente da parte dello Stato islamico-provincia del Khorasan (Islamic State of Khorasan Province – Is-Kp). I talebani hanno proseguito la pratica di emarginare le donne e i gruppi etnici e religiosi dalla partecipazione politica e dall’accesso ai servizi pubblici e all’assistenza umanitaria.
Sono perdurati, da parte dei talebani, arresti arbitrari, sparizioni forzate, tortura e maltrattamento ed esecuzioni extragiudiziali nei confronti di ex dipendenti governativi, difensori dei diritti umani, giornalisti e voci critiche. I talebani hanno continuato ad attaccare e arrestare giornalisti e hanno limitato la libertà degli organi d’informazione. Secondo quanto riferito, centinaia di prigionieri sono stati condannati a morte.
Le Nazioni Unite e la comunità internazionale non sono riuscite ad affrontare il problema dell’impunità per le atrocità attuali e passate. Nonostante la sempre più profonda crisi umanitaria e dei diritti umani del paese, ampi gruppi di rifugiati afgani sono stati rimpatriati forzatamente in Afghanistan.
I talebani hanno continuato a mantenere il controllo de facto dall’agosto 2021, quando il governo cadde in seguito al ritiro delle forze statunitensi e della Nato. I talebani hanno annullato la costituzione e le leggi in vigore prima che prendessero il potere. Molti leader talebani sono stati colpiti dal divieto di viaggiare all’estero, in quanto sanzionati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
A giugno, le Nazioni Unite hanno riferito che le inondazioni improvvise nelle province di Baghlan, Badakhshan e Ghor hanno causato circa 350 vittime, distrutto o danneggiato più di 7.800 abitazioni e sfollato più di 5.000 famiglie. Trentadue province su 34 sono state colpite da inondazioni improvvise, che l’Unicef ha affermato essere “segni distintivi dell’intensificarsi della crisi climatica”.
I talebani hanno continuato ad ampliare le draconiane restrizioni nei confronti di donne e ragazze. A maggio hanno annunciato tagli salariali per le donne a cui era stato vietato di lavorare per lo stato, ma che erano rimaste nel libro paga, riducendone lo stipendio a 5.000 afgani (70 dollari Usa) al mese. A metà anno, i talebani hanno promulgato una “legge sul vizio e la virtù”, che ha proibito alle voci femminili di essere ascoltate in pubblico e ha impedito l’uso dei mezzi di trasporto alle donne senza accompagnatori maschi (detti mahram). In base a questa legge repressiva, gli “ispettori della moralità” (agenti di polizia) talebani erano autorizzati a minacciare e trattenere le persone che violavano il loro codice morale e a condurle dinanzi ai tribunali talebani per essere perseguite.
Nonostante la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dell’aprile 2023 che ne chiedeva la rapida revoca, sono rimaste in vigore severe restrizioni che hanno continuato a influenzare tutti gli aspetti della vita di donne e ragazze. Donne e ragazze sono rimaste escluse dalla frequenza scolastica oltre la scuola primaria (la sesta classe). A dicembre, è stato inoltre riportato che i talebani hanno vietato alle donne di seguire corsi di medicina. Era loro ancora vietata la partecipazione ad attività sportive, la possibilità di visitare parchi e bagni pubblici, di viaggiare per una distanza superiore a 72 km o di apparire in pubblico senza mahram.
Le draconiane restrizioni dei talebani hanno ulteriormente decimato l’indipendenza finanziaria delle donne, facendo sprofondare nella povertà le famiglie guidate da donne e creando difficoltà per quelle che gestivano attività commerciali da casa. È continuato il divieto per le donne di lavorare nel settore pubblico tranne in settori come l’istruzione primaria, l’assistenza sanitaria e alcune istituzioni di sicurezza. È rimasta invariata la decisione dei talebani di impedire loro di lavorare con agenzie delle Nazioni Unite e Ong.
Il team di ricerca indipendente Afghan Witness ha riferito che il 94 per cento di tutte le manifestazioni di protesta delle donne “si è svolto al chiuso”, a causa delle restrizioni alla libertà di riunione pacifica.
Ad agosto, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan ha segnalato casi di donne detenute abusate e aggredite sessualmente dai talebani. Analogamente, Afghan Witness e gli organi d’informazione hanno riferito che, a gennaio, i talebani hanno avviato una campagna per arrestare donne e ragazze per inosservanza delle regole obbligatorie sull’hijab. Ciò ha portato all’arresto e alla detenzione di decine di donne e ragazze durante l’anno, “con molte segnalazioni di trattamenti degradanti, torture e persino stupri”.
Continue segnalazioni hanno rilevato un forte aumento di violenza di genere e matrimoni forzati e precoci. Basandosi sul monitoraggio di informazioni open source, Afghan Witness ha registrato 840 episodi di violenza di genere contro donne e ragazze, tra cui 332 omicidi, avvenuti tra gennaio 2022 e giugno 2024. L’impunità è perdurata dal momento che le istituzioni e il quadro giuridico progettati per affrontare la violenza di genere sono stati smantellati dai talebani.
A giugno, Amnesty International si è unita alle richieste avanzate dalle difensore dei diritti umani delle donne afgane per fare riconoscere l’apartheid di genere come un crimine secondo il diritto internazionale1. Tuttavia, le difensore dei diritti umani afgane sono state escluse dal terzo incontro convocato dalle Nazioni Unite sull’Afghanistan, svoltosi in Qatar il 30 giugno e il 1° luglio2.
A settembre, Germania, Australia, Canada e Paesi Bassi hanno annunciato un’azione legale presso la Corte internazionale di giustizia contro lo stato dell’Afghanistan per violazioni della Cedaw da parte delle autorità de facto talebane3.
Ad agosto, i talebani hanno annunciato che non avrebbero più consentito l’ingresso nel paese al Relatore speciale delle Nazioni Unite per l’Afghanistan. A settembre, la risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sull’Afghanistan ha esteso il fondamentale mandato del Relatore speciale e ha riconosciuto gravi lacune nel riconoscimento delle responsabilità. Tuttavia, non è riuscito a stabilire un meccanismo internazionale indipendente di accertamento delle responsabilità che avesse il compito di indagare e di raccogliere e conservare le prove dei crimini di diritto internazionale in corso e passati e di altre gravi violazioni dei diritti umani. Novanta organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani, tra cui Amnesty International, avevano chiesto l’istituzione di un tale meccanismo per affrontare il ciclo di impunità nel paese4. Ad agosto, un gruppo di esperti per le procedure speciali delle Nazioni Unite ha evidenziato che in Afghanistan una via per l’accesso alla giustizia era “praticamente inesistente”.
L’indagine dell’Icc sulla situazione nel paese è avanzata con lentezza e portata limitata, poiché escludeva i membri degli Stati Uniti e di altre forze internazionali coinvolte nel conflitto prima del 2021, così come gli esponenti dell’ex governo afgano5.
Persone sciite-hazare sono state sistematicamente prese di mira con attacchi e uccisioni nei loro luoghi di culto, d’istruzione e nelle strutture civili in tutto il paese. L’Is-Kp ha rivendicato la responsabilità della maggior parte di questi attacchi. Tra gennaio e marzo, la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (United Nations Assistance Mission in Afghanistan – Unama) ha documentato diversi attacchi in un’area a maggioranza hazara a ovest della capitale Kabul. A settembre, 14 traveller hazara che erano in viaggio sono stati uccisi illegalmente nell’Afghanistan centrale.
Gli attacchi suicidi dell’Is-Kp hanno preso di mira anche membri delle autorità de facto talebane, causando vittime civili. I civili hanno continuato a essere feriti dalle mine antipersona e da altri residui esplosivi risalenti al precedente conflitto. A marzo, l’Unama ha segnalato ferimenti e decessi tra i civili provocati da attacchi aerei dell’esercito pakistano e da scontri a terra tra i talebani e le forze militari del Pakistan lungo il confine.
Fino a giugno risultava che i talebani avevano imprigionato 20.000 persone, tra cui 1.500 donne.
I talebani hanno continuato a ricorrere ad arresti arbitrari, sparizioni forzate e detenzioni illegali ai danni di persone percepite come oppositori politici. Tra questi figurano ex dipendenti governativi, studiosi religiosi critici delle politiche dei talebani, attivisti della società civile, difensori dei diritti umani e molti giornalisti. Per esempio, l’organizzazione per i diritti umani afgana Rawadari ha registrato 614 casi di detenzione arbitraria nei primi sei mesi dell’anno. L’organizzazione ha inoltre riferito di aver documentato, nello stesso periodo, 35 casi di sparizione forzata da nove delle 34 province del paese.
Ad agosto, il ministero talebano per la Propagazione della virtù e la prevenzione del vizio (i cui esponenti sono noti anche come ispettori della moralità o polizia della moralità) ha annunciato che nell’ultimo anno aveva arrestato 13.000 persone per violazione delle regole di moralità. Ahmad Fahim Azimi, un attivista per i diritti all’istruzione, è stato rilasciato a settembre dopo 11 mesi di prigionia seguiti all’arresto arbitrario e a un processo iniquo in cui è stato accusato di aver organizzato manifestazioni di protesta e di “aver incitato le donne a protestare”.
Le persone arrestate, tra cui ex appartenenti al precedente governo e chi criticava i talebani, hanno continuato a rischiare tortura e maltrattamento ed esecuzioni extragiudiziarie. L’Unama ha registrato almeno 98 casi di arresto e detenzione arbitrari di ex dipendenti governativi tra gennaio e giugno, tra cui 20 episodi di tortura e maltrattamento e nove episodi di uccisioni illegali.
L’uso da parte dei talebani di punizioni corporali inflitte pubblicamente, che equivale a tortura e maltrattamento, è continuato in tutto il paese. L’Unama ha segnalato punizioni in almeno una provincia ogni settimana. Da aprile a giugno, l’Unama ha registrato 179 persone (147 uomini, 28 donne e quattro ragazzi) condannate a punizioni corporali. Le accuse includevano “adulterio” e “fuga” (che hanno colpito in modo sproporzionato donne e ragazze) e pederastia.
L’Unama ha inoltre documentato, tra agosto 2021 e marzo 2024, almeno 1.033 casi di uso illegale della forza (205 su donne e ragazze e 828 su uomini e ragazzi) da parte di membri del ministero talebano per la Propagazione della virtù.
I talebani hanno continuato a effettuare esecuzioni pubbliche di persone che erano state condannate a morte dai loro tribunali, nonostante le gravi preoccupazioni sul rispetto del diritto a un processo equo6. L’Unama ha segnalato che tre uomini sono stati messi a morte pubblicamente a febbraio e un altro a novembre. A luglio è stato riferito che tribunali talebani hanno condannato a morte tra 300 e 600 prigionieri. A marzo, organi d’informazione hanno riferito che i talebani potrebbero riprendere la “morte per lapidazione” come punizione in caso di “adulterio”.
I talebani hanno represso di continuo la libertà d’espressione vietando ai media di operare e limitandone la programmazione. Reporter sans frontières (Rsf) ha classificato l’Afghanistan tra i tre peggiori paesi per la libertà di stampa nel 2024. Ad aprile, almeno due emittenti televisive private locali (Noor e Barya) sono state sospese per aver criticato i talebani. A maggio, Rsf ha sollevato preoccupazioni per il divieto imposto a giornalisti e analisti di lavorare e collaborare con Afghanistan International, un popolare canale televisivo di notizie che opera all’estero.
Secondo quanto riferito, i talebani hanno anche introdotto restrizioni ai talk show politici in diretta, comprese limitazioni su chi poteva essere intervistato e cosa poteva dire. A ottobre, gli organi d’informazione hanno riferito che nella provincia di Takhar i talebani avevano vietato di riprendere e trasmettere filmati di “cose viventi”, perché contrario alla loro legge sui vizi e le virtù. A novembre, l’Unama ha segnalato l’uso di arresti arbitrari, tortura e maltrattamento, nonché minacce e intimidazioni contro 336 giornalisti e operatori dell’informazione, tra agosto 2021 e settembre 2024.
Sono rimaste in vigore le restrizioni dei talebani all’insegnamento della giurisprudenza sciita nel sistema educativo. I talebani hanno promulgato decreti e leggi che istituivano la discriminazione religiosa e applicavano una dottrina religiosa monolitica. Ci sono state segnalazioni di casi in cui i talebani hanno costretto membri della comunità sciita a convertire i loro gruppi alla fazione sunnita. Sono continuate le restrizioni dei talebani alla commemorazione dell’Ashura, che è osservata principalmente dalle comunità sciite. Inoltre, i talebani hanno definito “non islamico” il Nawroz (giorno in cui si celebra il capodanno solare).
La povertà, che è stata esacerbata dalla presa del potere dei talebani nel 2021, si è aggravata in risposta a eventi meteorologici estremi, al continuo sfollamento interno e alla crisi economica. L’Undp ha riferito che circa l’85 per cento degli afgani viveva con meno di un dollaro al giorno. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, 23,7 milioni di persone, più della metà della popolazione del paese, necessitavano di assistenza umanitaria. Di questi, 12 milioni vivevano in uno stato di insicurezza alimentare, mentre 2,9 milioni erano in emergenza alimentare. L’Unicef ha stimato che 2,9 milioni di minori hanno sofferto di malnutrizione acuta nel 2024, e 850.000 erano a uno stadio di malnutrizione pericoloso per la loro vita. Il programma di assistenza umanitaria è rimasto gravemente sottofinanziato.
Rawadari ha riferito che i talebani hanno intenzionalmente privato gruppi religiosi ed etnici marginalizzati di assistenza umanitaria e di sviluppo, nonché di accesso a servizi essenziali e posti di lavoro governativi.
L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha messo in guardia da “un quasi collasso del sistema sanitario pubblico nazionale”, mentre l’Ue ha avvertito che “i servizi sanitari di base sono disponibili solo per il 10 per cento delle donne”. L’Unama ha ribadito che le restrizioni all’accesso alla contraccezione violavano il diritto di donne e ragazze alla salute sessuale e riproduttiva.
Un gran numero di persone ha continuato a fuggire dal paese, sia per il peggioramento delle crisi umanitarie sia per le draconiane restrizioni dei talebani. Nel frattempo, i paesi della regione, tra cui Iran, Pakistan e Turchia, hanno seguitato a rimpatriare forzatamente centinaia di migliaia di persone rifugiate dall’Afganistan. Questi si sono aggiunti agli 1,1-1,3 milioni che, secondo le stime dell’Oim, erano già stati rimpatriati nel 2023. Anche alcuni paesi europei hanno rimandato rifugiati afgani nel loro paese.
Le persone lgbti hanno continuato a subire discriminazioni e altre violazioni dei diritti umani, tra cui minacce e detenzione arbitraria. Le relazioni consensuali tra persone dello stesso sesso sono rimaste illegali e punibili con la morte.
Note:
1 Global: Gender apartheid must be recognized as a crime under international law, 17 giugno.
2 Global: UN-hosted Doha meeting on Afghanistan faces a credibility test, 21 giugno.
3 Afghanistan: International legal initiative an important step toward tackling the Taliban’s war on women, 26 settembre.
4 Afghanistan: Meaningful action needed at UN Human Rights Council to advance accountability for past and ongoing crimes under international law in Afghanistan, 26 settembre.
5 Afghanistan: Amnesty International calls for the urgent establishment of an independent international accountability mechanism for Afghanistan, 18 settembre.
6 Afghanistan: Taliban must halt all executions and abolish death penalty, 23 febbraio.