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Il Tavolo asilo e immigrazione* ha presentato il rapporto Ferite di confine. La nuova fase del modello Albania, esito delle visite di monitoraggio effettuate nel centro di Gjadër in Albania, in collaborazione con il gruppo di contatto del Parlamento italiano e di quello dell’Unione europea.
Il documento rappresenta la prosecuzione e l’aggiornamento del rapporto pubblicato a marzo, Oltre la frontiera. L’accordo Italia-Albania e la sospensione dei diritti, e analizza l’evoluzione del cosiddetto “modello Albania”. Se la prima fase riguardava il trasferimento forzato in territorio albanese di persone richiedenti asilo intercettate in mare e provenienti da paesi classificati come sicuri dal governo italiano, il quadro operativo è radicalmente cambiato a partire da aprile.
Il nuovo assetto prevede il trasferimento coatto nel centro di Gjadër di persone già trattenute nei centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) in Italia, dando forma a un meccanismo di detenzione amministrativa transnazionale caratterizzato da scarsa trasparenza e da un elevato potenziale lesivo dei diritti fondamentali, come evidenziato dalle missioni di monitoraggio condotte dal Tavolo asilo e immigrazione.
Il nuovo rapporto si propone due obiettivi principali: documentare in maniera rigorosa gli aspetti giuridici, organizzativi e materiali – comprese le criticità sanitarie – della nuova fase del modello Albania; analizzare criticamente le ricadute su garanzie individuali e assetto democratico nella gestione dei flussi migratori.
L’analisi si concentra in particolare sull’opacità delle procedure che regolano i trasferimenti, sulla compressione dei diritti delle persone coinvolte e sull’elusione del controllo giurisdizionale, contribuendo a delineare uno spazio giuridico e materiale di eccezione al di fuori del territorio nazionale.
Il rapporto denuncia che l’attuazione del protocollo Italia-Albania per il trasferimento coatto di cittadini stranieri in attesa di espulsione dovrebbe essere sospesa con effetto immediato, alla luce delle gravi violazioni riscontrate nel centro di Gjadër e delle problematiche giuridiche rilevate.
La scelta del governo italiano di istituire una struttura di detenzione amministrativa al di fuori del territorio nazionale riflette la volontà di assumere un ruolo guida in Europa nella definizione di politiche di esternalizzazione dei controlli sempre più coercitive, riducendo la portata dei principi di diritto stabiliti dalla normativa europea e limitando il controllo giurisdizionale sia a livello nazionale che dell’Unione.
Se l’Unione europea proseguirà lungo il percorso delineato dal Patto europeo su migrazione e asilo, aggravando il quadro normativo condiviso dagli stati membri, vi è il concreto rischio di un progressivo svuotamento del diritto d’asilo così come definito dal diritto internazionale e di una sostanziale violazione dei valori fondativi dell’Unione europea. Un rischio che non appare ancora pienamente compreso e che la società civile italiana intende denunciare con forza in ogni sede pubblica, a livello nazionale e internazionale.
*A Buon Diritto, ACLI, Action Aid, Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo, Amnesty International Italia, ARCI, ASGI, Avvocato di Strada Onlus, Caritas Italiana, Casa dei Diritti Sociali, Centro Astalli, CGIL, CIES, CIR, CNCA, Commissione Migranti e GPIC Missionari Comboniani Italia, Comunità di Sant’Egidio, Comunità Papa Giovanni XXIII, CoNNGI, Emergency, Ero Straniero, Europasilo, FCEI, Fondazione Migrantes, Forum per cambiare l’ordine delle cose, International Rescue Committee Italia, INTERSOS, Legambiente, Medici del Mondo Italia, Medici per i Diritti Umani, Movimento Italiani senza Cittadinanza, Medici Senza Frontiere Italia, Oxfam Italia, Re.Co.Sol, Red Nova, Refugees Welcome Italia, Save the Children, Senza Confine, SIMM, UIL, UNIRE.