L'arrivo dei migranti sull'isola greca
Compassione, solidarietà, sostegno: valori che definiscono gli esseri umani.
La prima reazione alla vista di persone costrette a fuggire dalle loro case, dagli affetti e dalle certezze a causa di guerre, povertà, persecuzioni dovrebbe essere quella di tendere loro la mano per aiutarle a rialzarsi. Invece i leader dei paesi più ricchi continuano a privilegiare politiche e misure atte a bloccare il movimento dei rifugiati e dei migranti spesso delegando ad altri stati situati nelle regioni più vicine alle aree in guerra la responsabilità per l’accoglienza delle persone bisognose di protezione.
Alcuni governi hanno legato la propria sopravvivenza politica al mantenimento di una narrativa divisiva e a una rappresentazione di perenne insicurezza, alimentando la paura dei rifugiati e dei migranti nei media e implementando misure crudeli e inefficaci, che non solo contemplano la sofferenza umana, ma addirittura puniscono chi cerca di aiutare.
L’accordo EU-Turchia ha intrappolato migliaia di rifugiati intrappolati in condizioni disumane sulle isole greche. I governi europei sono complici della violenza e dell’abuso di rifugiati al confine con la Croazia. L’Italia e altri governi europei hanno alzato un muro esternalizzando il controllo delle frontiere, e permettendo la detenzione, tortura e sfruttamento dei migranti rimandati in Libia. Le Ong che cercano di salvare la vita delle persone che attraversano il Mar Mediterraneo e il Mar Egeo si trovano a fronteggiare intimidazioni e azioni legali, mentre gli attivisti che forniscono cibo, accoglienza e difesa dei diritti dei rifugiati vengono presi di mira in tutta Europa.
Nonostante tutto questo, ci sono persone che pensano che il cambiamento sia possibile.
Nel mondo si calcola ci siano oltre 25 milioni di rifugiati.
Più della metà ha meno di 18 anni.
1,2 milioni di persone hanno urgente necessità di protezione internazionale e devono essere reinsediate: sono persone particolarmente vulnerabili, a rischio di violenze, gravemente malate.
L’85% dei rifugiati è ospitato in paesi in via di sviluppo.
Gli stati hanno l’interesse legittimo di controllare i fenomeni migratori all’interno dei loro territori, e di cooperare tra loro per farlo. Negli anni recenti, alcuni paesi hanno posto sempre maggiore enfasi nell’esternalizzazione delle politiche migratorie, che possono consistere in accordi formali o in una serie di disposizioni informali all’interno di un quadro di cooperazione, accordi diplomatici, progetti e programmi stabiliti tra stati che includono, tra le altre cose, la gestione del fenomeno migratorio.
Secondo Amnesty International la cooperazione con paesi terzi in materia di immigrazione include:
Secondo il diritto internazionale la cooperazione con paesi terzi in materia di immigrazione non è illegittima di per sé. Nonostante questo, Amnesty Internazionale considera che diversi accordi, in particolare l’esternalizzazione delle frontiere e delle procedure di asilo, pongono un rischio significativo per i diritti umani.
Cosa intendiamo quando parliamo di esternalizzazione
Facciamo riferimento a politiche che hanno l’obiettivo comune di prevenire o punire rifugiati, richiedenti asilo e migranti che tentino di attraversare le frontiere.
In questo contesto, gli stati di destinazione attuano misure di:
Le azioni messe in atto dagli stati di transito invece includono:
Quali sono i diritti umani a rischio
La maggior parte delle persone detenute nei centri di detenzione libici sono state intercettate in mare dalla guardia costiera libica, che ha goduto di tutto il sostegno dei governi europei in cambio dell’impegno di impedire a rifugiati e migranti di raggiungere le coste europee.
Il denaro dei contribuenti europei è stato usato per migliorare la capacità della Libia di bloccare le persone che cercano di scappare dal paese e detenerle illegalmente, grazie, tra le altre cose, alla donazione di imbarcazioni, all’istituzione di una zona di competenza libica di ricerca e soccorso e alla creazione di centri di coordinamento. Questo è stato fatto senza che porre alcuna condizione, nonostante questa cooperazione porti a gravi violazioni dei diritti umani, come la tortura.
Se gli stati europei vogliono smettere di essere complici nei pestaggi, negli stupri e nello sfruttamento di donne, uomini e bambini, devono richiedere la chiusura di tutti i centri di detenzione in Libia e il rilascio delle circa 5000 persone che vi sono attualmente detenute.
I leader europei devono agire con urgenza per correggere un sistema che scoraggia gli stati dal fornire assistenza ai rifugiati e ai migranti che si trovano in situazioni di pericolo in mare.
Questa situazione scaturisce da due cause principali: l’affidamento dei controlli di frontiera alle autorità libiche e l’assenza di un sistema di condivisione equa delle responsabilità sull’accoglienza dei richiedenti asilo in Europa.
I governi europei che per anni hanno sostenuto politiche volte a fermare gli arrivi in Europa a qualsiasi costo, dovrebbero ritrovare il buon senso, quanto meno ora che gli attraversamenti sono molto pochi. Oltre ad azioni per affrontare la crisi dei diritti umani in Libia, che colpisce egualmente sia i libici che gli stranieri, la risposta deve includere un meccanismo veloce e prevedibile per lo sbarco in Europa dei richiedenti asilo e migranti che vengono soccorsi nel Mediterraneo, cosi come un sistema equo per condividere la responsabilità della loro assistenza tra i paesi dell’Unione europea.
Secondo il diritto internazionale, in mare le persone in pericolo devono essere prontamente soccorse e portate in un luogo sicuro, vale a dire in un paese in cui vengano trattate nel rispetto dei diritti umani e che offra loro una reale opportunità di fare richiesta di asilo.
Fino a poco tempo fa questo si traduceva nel fatto che ogni persona salvata nel Mediterraneo centrale veniva presa in carico dai paesi europei, in quanto riportarla in Libia avrebbe significato destinarla a detenzione arbitraria e tortura.
Ma negli ultimi due anni gli stati europei hanno progressivamente abdicato a una strategia di ricerca e soccorso in mare che stava riducendo il numero di morti in mare per una che invece ha causato migliaia di annegamenti e che ha costretto uomini, donne e bambini disperati a restare intrappolati in Libia, esposti a terribili violenze.
Gli stati europei hanno deciso di bloccare la rotta mediterranea senza violare la legge rimandando le persone in Libia. Hanno dato vita al meccanismo che sostiene la Guardia costiera libica per intercettare i soccorsi in mare istituendo una zona di SAR libica e criminalizzando le operazioni di ricerca e soccorso in mare portate avanti dalle Organizzazioni non governative.
“Fra il diavolo e il mare profondo. L’Europa abbandona rifugiati e migranti nel mar Mediterraneo centrale” denuncia l’impatto devastante delle politiche europee volte alla chiusura della rotta del Mediterraneo centrale. I governi europei non sono riusciti a raggiungere un accordo per fare riforme fondamentali al sistema di Dublino, che avrebbero aiutato a evitare contenziosi sullo sbarco delle persone salvate in mare, e in risposta l’Italia ha iniziato a chiudere i porti causando ingiustificati ritardi che hanno costretto i sopravvissuti a rimanere in mare per molti giorni.
“Alla deriva nel Mediterraneo” descrive l’attuale sistema di accoglienza di migranti e richiedenti asilo nel Mediterraneo che pone gli stessi in una situazione di incertezza e pericolo costante e li lascia abbandonati al loro destino, ossia alla deriva in mare. Ma al contempo propone una serie di misure urgenti per correggere un sistema che non aiuta né gli stati della frontiera marittima né le persone in cerca di salvezza o che languono negli stati membri, sopraffatti da procedure d’asilo inefficaci o estenuanti.
Il fallimento delle politiche condotte dai governi europei è oggetto di un recente lavoro di ricerca dal titolo “Una tempesta perfetta. Il fallimento delle politiche europee nel Mediterraneo centrale”.
Nei primi mesi del 2017, sono stati oltre 2000 i morti in mare. L’Unione europea continua a non promuovere un’operazione umanitaria dotata di risorse adeguate nei pressi delle acque territoriali libiche, preferendo rafforzare la capacità operativa della Guardia costiera libica nell’impedire le partenze ed intercettare i migranti e i rifugiati in mare.
Il rapporto, intitolato “Libia: un oscuro intreccio di collusione”, descrive come i governi europei, per impedire le partenze dal paese, stiano attivamente sostenendo un sofisticato sistema di violenza e sfruttamento dei rifugiati e dei migranti da parte della Guardia costiera libica, delle autorità addette ai detenuti e dei trafficanti.
In “Spinti ai margini: violenza e abusi contro i rifugiati e i migranti lungo la rotta balcanica”, Amnesty International denuncia che i governi europei, dando priorità ai controlli di frontiera più che al rispetto del diritto internazionale, stanno non solo chiudendo gli occhi di fronte al comportamento crudele della polizia della Croazia ma addirittura ne stanno finanziando le attività, alimentando così una crescente crisi umanitaria ai margini dell’Unione europea.
L’accordo tra Unione europea e Turchia è stato un disastro per le migliaia di persone abbandonate a sé stesse in un limbo pericoloso, disperato e apparentemente senza fine sulle isole greche. “A blueprint for despair: human rights impact of the EU-Turkey deal” racconta come migranti e rifugiati vengono intrappolati in centri di detenzione in campi sovraffollati dove manca l’acqua calda, l’igiene è scarsa, il cibo è insufficiente e le cure mediche sono inadeguate.
Una serie di risorse scaricabili online, affinché i più giovani crescano con la consapevolezza che i diritti umani appartengono a tutti, anche alle migliaia di migranti e rifugiati che ogni anno cercano di raggiungere l’Europa, in fuga da povertà violenze e persecuzioni.
Puoi scaricare i file singolarmente oppure l’intero kit: