Photo by OMAR HAJ KADOUR / AFP
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In occasione del primo anniversario della deposizione dell’ex presidente Bashar al-Assad, Amnesty International ha ribadito l’urgente bisogno che le nuove autorità della Siria rompano i ponti col passato, prendano impegni per la verità, la giustizia e la riparazione e assicurino il rispetto dei diritti umani di tutte e di tutti.
Negli ultimi 12 mesi, decenni di repressione e di sistematica violazione dei diritti umani hanno continuato ad affliggere pesantemente un paese in cui le vittime e le persone sopravvissute attendono ancora verità, giustizia e riparazione. Il nuovo governo guidato dal presidente Ahmad al-Sharaa, costituito il 29 marzo 2025, ha promesso di rompere col passato e ha adottato alcuni provvedimenti in favore della giustizia e dell’accertamento delle responsabilità, ma ci sono ancora sfide aperte.
Oltre a ciò che verrà fatto rispetto ai crimini del passato, la risposta del nuovo governo alle gravi violazioni dei diritti umani verificatesi da quando ha assunto il potere, come ad esempio le uccisioni settarie nella zona costiera e meridionale della Siria, sarà la cartina di tornasole per verificare il rispetto dei suoi impegni. Gruppi armati che si oppongono al governo hanno a loro volta commesso gravi violazioni, tra le quali uccisioni illegali, rapimenti e incendi di abitazioni.
“Durante una recente missione in Siria, le famiglie delle vittime e le organizzazioni locali per i diritti umani hanno gridato il loro profondo bisogno di verità e giustizia per le violazioni del presente e del passato. Hanno di fronte sfide enormi e compiti monumentali ma abbiamo visto l’energia, gli sforzi e l’impegno di coloro che vogliono costruire insieme una nuova Siria basata sul rispetto dei diritti umani: dalle madri e dalle mogli che chiedono notizie sui loro figli e mariti scomparsi, alle persone sopravvissute ai recenti massacri che hanno denunciato quanto accaduto alle loro comunità, fino a coloro che hanno deciso di far parte delle commissioni nazionali incaricate di fornire verità, giustizia e riparazione”, ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
Una delle più grandi sfide che le nuove autorità devono affrontare è costituita dai crimini di guerra e dai crimini contro l’umanità – uccisioni illegali, arresti arbitrari, maltrattamenti, torture e sparizioni forzate – che hanno colpito centinaia di migliaia di siriane e di siriani sotto il precedente governo.
Tra il 2011 e il 2024 si stima siano scomparse oltre 100.000 persone, la maggior parte delle quali ad opera del governo di Assad, svanite nel nulla nella famigerata rete di centri di detenzione; migliaia di altre persone sono state rapite dai gruppi armati di opposizione.
Il 28 novembre Amnesty International e il Museo delle prigioni siriane hanno organizzato un incontro pubblico in cui le famiglie delle persone scomparse hanno denunciato di non essere ancora in grado di dare degna sepoltura ai loro cari e di commemorarli e hanno ammonito che questo non sarà possibile se non saranno realizzati i loro diritti alla verità e alla giustizia. Hanno anche espresso dolore per il fatto che ex presunti criminali sono liberamente in circolazione.
Nel maggio 2025 sono stati istituiti due organismi – la Commissione nazionale per le persone scomparse e la Commissione nazionale per la giustizia transizionale – coi compiti, rispettivamente, di creare un archivio dei nominativi delle persone scomparse per poi identificarne la sorte e di individuare strategie per chiamare a risponderne i responsabili, far ammettere la verità, proteggere la memoria e favorire la riconciliazione e la costruzione della pace.
Nell’ultimo anno sono stati arrestati alcuni presunti responsabili di gravi violazioni dei diritti umani commesse sotto il precedente governo. Cinque funzionari di alto grado sono stati rinviati a processo e 100 altre persone sono in carcere.
Per quanto riguarda i crimini commessi sotto l’attuale governo, dalle sue forze e da milizie e gruppi armati alleati, contro la minoranza alauita a marzo e la comunità drusa a luglio, il governo ha reso in parte noto un elenco di circa 500 presunti responsabili. Nel mese di novembre sono iniziati i processi nei confronti di 14 persone sospettate di aver preso parte ai massacri degli alauiti nella zona costiera della Siria. Altri 80 indiziati sono in carcere in attesa del processo. Rispetto alle uccisioni dei drusi avvenute a Suwayda, il ministro della Giustizia ha istituito una commissione d’inchiesta, di cui sono stati prorogati i tempi e che non ha ancora reso note le sue conclusioni