Crisi e conflitti
I conflitti armati continuano a causare morte, spostamenti e sofferenze su vasta scala.
Numerosi sono i conflitti armati attualmente in corso nel mondo, tra cui quelli che vedono coinvolte più parti all’interno dello stesso Paese – conflitti armati non-internazionali – e quelli che vedono coinvolte forze armati di due o più Stati, conflitti armati internazionali.
Documentiamo e portiamo avanti campagne contro le violazioni del diritto internazionale durante i conflitti armati, indipendentemente da chi sia il colpevole o dal luogo dove l’abuso si è verificato.
Sosteniamo le richieste di giustizia e di accertamento di responsabilità da parte delle autorità nazionali portate avanti dai sopravvissuti attraverso le istituzioni internazionali come l’ONU o la Corte Penale Internazionale.
I nostri ricercatori svolgono indagini sia in loco che da remoto sulle violazioni di leggi internazionali perpetrate durante i conflitti armati.
Passano centinaia di ore ogni anno sul luogo dove sono in corso i conflitti, intervistando i testimoni e i sopravvissuti, e raccogliendo informazioni da molteplici organizzazioni locali e ufficiali, tra cui l’esercito e le forze dell’ordine.
I consulenti esperti di armi e di altro materiale bellico individuano le armi e le munizioni e analizzano i loro effetti.
Oltre a riportare gli effetti direttamente dalle zone di conflitto, adottiamo anche tecniche di telerilevamento all’avanguardia – comprese le analisi di immagini satellitari e la verifica delle prove digitali disponibili, come i video e le foto caricati dai testimoni – per monitorare i conflitti armati nel mondo.
Proprio in base a tutte queste informazioni conduciamo azioni di pressione di alto livello e organizziamo campagne dal basso dedicate alla protezione dei civili nei conflitti armati, volte a offrire supporto ai sopravvissuti e alle loro richieste di giustizia, soprattutto fornendo aiuto durante il lavoro delle corti nazionali, delle corti ibride e della Corte penale internazionale.
I conflitti armati sono regolati principalmente dal diritto internazionale umanitario, conosciuto anche come leggi di guerra.
Il diritto internazionale umanitario è un insieme di regole – codificate in trattati o riconosciute come consuetudine – che limita i comportamenti consentiti alle parti in conflitto. Serie violazioni del diritto internazionale umanitario costituiscono crimini di guerra.
Lo scopo principale del diritto umanitario internazionale è quello di ridurre la sofferenza umana e di proteggere la popolazione civile e coloro che prima combattevano ma che adesso non partecipano più in modo diretto alle ostilità, come i prigionieri di guerra.
Il diritto internazionale umanitario chiede che le parti in conflitto facciano una netta distinzione tra i civili, ai quali spetta la dovuta protezione, e i combattenti, che sono il bersaglio legittimo dell’attacco.
In linea generale, i civili non vengono mai colpiti deliberatamente, anche se possono essere casualmente uccisi o feriti come conseguenza di un attacco proporzionato su un bersaglio militare.
Tutte le parti in conflitto devono adottare le misure per minimizzare i danni ai civili e ai bersagli civili (come gli edifici abitativi, le scuole e gli ospedali) e non devono condurre attacchi che non permettono una distinzione netta tra i civili e i combattenti, o che arrecano danni in modo sproporzionato ai civili.
Gravi violazioni, tra cui crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità ricadono sotto una speciale categoria legale conosciuta come diritto penale internazionale (ICL).
Tutti gli Stati hanno il dovere di portare a giudizio tutti coloro che sono ragionevolmente sospettati di responsabilità penale per i crimini commessi in violazione del diritto internazionale.
Questo può avvenire anche presso i tribunali che hanno giurisdizione universale ma molti Stati o non hanno la volontà politica o gli strumenti adatti per portare i sospetti colpevoli a giudizio.
La comunità internazionale ha istituito dei tribunali ad hoc per processare gli imputati in merito alle gravi violazioni del diritto umanitario internazionale per l’ex Yugoslavia, Ruanda e Sierra Leone.
Nel 2002, è stata istituita la Corte Penale Internazionale (CPI) per far sì che i crimini commessi in violazione del diritto internazionale non rimangano impuniti.
124 Stati hanno aderito al documento fondante della Corte Penale Internazionale – lo Statuto di Roma – e che sono quindi soggetti alla sua giurisdizione.
La Corte Penale Internazionale è una corte di ultimo appello, alla quale è possibile rivolgersi solo nel caso in cui il sistema di giustizia non sia in grado o non voglia processare i presunti responsabili.
I casi possono essere rimessi alla Corte Penale Internazionale dai singoli Stati o dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che può anche portare alla Corte dei casi contro gli Stati che non vi fanno parte. Il Procuratore della CPI può anche decidere di avviare una indagine contro gli Stati basandosi su prove esterne. Alcuni Stati hanno istituito delle corti ibride – che sono tribunali nazionali con elementi internazionali al suo interno – per processare sotto il diritto internazionale gli imputati.
La prima condanna della CPI è stata emessa nel marzo del 2012 contro Thomas Lubanga, leader del gruppo armato nella Repubblica Democratica del Congo.
Il diritto internazionale dei diritti umani (International human rights law – IHRL) – quella parte del diritto che comprende le consuetudini internazionali, i trattati internazionali sui diritti umani e altri strumenti, e che costituisce il regime giuridico inerente ai diritti umani – è applicabile anche in situazioni di conflitto armato.
In questi anni abbiamo lottato e continuiamo a chiedere di porre fine all’impunità dei crimini di guerra, dei crimini contro l’umanità e dei genocidi.
In ogni conflitto, chiediamo inoltre che:
Alcuni esempi del nostro lavoro
Nel 2017, abbiamo denunciato come il governo siriano stesse compiendo crimini contro l’umanità, tra i quali omicidio, tortura, sparizione forzata nella prigione di Saydnaya in Siria. Il nostro rapporto è stato pubblicato dopo una indagine durata un anno, attraverso interviste ad ex-detenuti, familiari di detenuti, ufficiali di prigione e guardie che hanno lavorato in passato a Saydnaya. La ricerca ha aumentato la consapevolezza pubblica della situazione dei detenuti in Siria e ha portato a un aumento dell’impegno da parte della Commissione delle Nazioni Unite in Siria per monitorare lo stato di detenzione nel Paese.
Nel 2016, attraverso una combinazione di testimonianze di sopravvissuti e di immagini da satellite, abbiamo fornito prove evidenti che le forze del governo sudanese avevano compiuto crimini di guerra e crimini contro l’umanità – tra cui l’uso di armi chimiche – nella regione di Jebel Marra, Darfur, in Sudan. I risultati del report hanno fornito un importante contributo all’elaborazione di risoluzioni da parte del Consiglio di Pace e Sicurezza dell’Unione Africana e del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che hanno reso obbligatoria la presenza di una forza di pace (peacekeeping force) nel Darfur – UNAMID – al fine di rafforzare la protezione militare e gli aiuti di emergenza nell’area di Jebel Marra.
Nel 2014 i nostri ricercatori hanno documentato numerosi massacri di musulmani nella Repubblica Centrafricana e la violenta espulsione della restante popolazione musulmana dalla parte occidentale del paese. La ricerca è stata determinante per il Consiglio di Sicurezza dell’Onu nel decidere di mandare una forza di pace (peacekeeping force) nella Repubblica Centrafricana per proteggere la popolazione civile.
Dal 2012 documentiamo le gravi violazioni e abusi dei diritti umani internazionali e del diritto internazionale umanitario compiute nel Nord-Est della Nigeria da parte del gruppo armato Boko Haram e dei militari nigeriani. Insieme alle denunce sui crimini di guerra commessi dal gruppo armato, nel 2015, abbiamo pubblicato i nomi di nove alti funzionari nigeriani che devono essere indagati per le loro possibili responsabilità criminali. Continuiamo a fare pressione sia sul governo nigeriano sia sulla Corte Penale Internazionale per far sì che i colpevoli di tali violazioni del diritto internazionale coinvolti in questo conflitto siano processati.
Crimini contro l’umanità: crimini commessi nell’ambito di attacchi estesi e sistematici sferrati contro la popolazione civile da parte di uno Stato o di un’organizzazione politica, in tempi di pace o di guerra. Tra questi, sparizioni forzate, omicidi, schiavitù, stupri, deportazione o trasferimento forzato della popolazione.
Diritto internazionale consuetudinario: obblighi internazionali derivanti da prassi consolidate tra gli Stati. Quest’ultimi le rispettano in quanto si sentono obbligati a farlo, al contrario degli obblighi che derivano dai trattati internazionali scritti.
Genocidio: atti commessi con l’intento di distruggere, parzialmente o in modo completo, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Comprende l’uccisione di membri del gruppo; danni gravi fisici o mentali a membri del gruppo; condizioni di vita imposte deliberatamente al gruppo per portare alla sua distruzione fisica totale o parziale; imposizione di misure volte a prevenire le nascite tra il gruppo o a trasferire forzatamente bambini da un gruppo a un altro.
Impunità: termine utilizzato per chi può commettere un reato (crimini di guerra, omicidio, crimini contro l’umanità ecc.) senza essere punito.
Diritto penale internazionale: ramo del diritto pubblico internazionale che stabilisce la responsabilità penale individuale e impone la responsabilizzazione (accountability) per i crimini commessi sotto il diritto internazionale come i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, genocidio e tortura.
Diritto internazionale umanitario: insieme di regole che cercano, per motivi umanitari, di limitare le conseguenze dei conflitti armati. Protegge le persone che non partecipano alle ostilità o hanno smesso di farlo e limita gli strumenti e i metodi di guerra.
Diritto internazionale dei diritti umanitari: è l’insieme delle leggi, che comprende le norme consuetudinarie internazionali, i trattati internazionali sui diritti umani e altri strumenti, e che costituisce il regime giuridico inerente ai diritti umani.
Conflitti armati internazionali: una situazione dove si fa ricorso alla forza armata tra due o più Stati, indipendentemente dalla ragione o dall’intensità del conflitto.
Conflitto armato non internazionale: un confronto armato in corso tra forze armate governative e forze di uno o più gruppi armati, o tra questi gruppi all’interno del territorio di uno Stato. Il confronto armato deve avere un livello minimo di intensità e le parti coinvolte nel conflitto devono avere un minimo livello di organizzazione.
Principio di distinzione: tutte le parti devono distinguere tra gli obiettivi civili e militari. Ogni attacco deliberato sui civili o sugli edifici civili – come case, strutture mediche, scuole o edifici governativi – costituisce un crime di guerra (a meno che l’edificio non sia stato occupato per uso militare). Qualora non si fosse in grado di distinguere tra un obiettivo militare o civile, allora tale obiettivo deve essere considerato come civile.
Principio di proporzionalità: è proibito fare un attacco che potrebbe portare alla morte di civili, arrecare ferite ai civili, e/o danni ai bersagli civili che potrebbero essere eccessivi rispetto al vantaggio militare previsto.
Giurisdizione universale: si riferisce al principio secondo cui una corte nazionale potrebbe, e in alcune circostanze deve, processare gli individui sulla base del diritto internazionale – come i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra, genocidio e tortura – indipendentemente dal luogo dove si sono verificati, basandosi sul principio che questi crimini ledono l’interna comunità internazionale o l’ordine internazionale in sé, e che quindi i singoli Stati devono adoperarsi per proteggere. Questo esercizio di giurisdizione è conosciuto come giurisdizione universale. Chiediamo agli Stati di assicurarsi che le loro corti nazionali possano giudicare sulla base del diritto internazionale i crimini di guerra, contro l’umanità, genocidio e tortura.
Crimini di guerra: crimini che violano le leggi e le consuetudini di guerra così come definite dalla Convenzione di Ginevra e de L’Aja (Hague). Fra questi, colpire i civili, uccidere, torturare o altri maltrattamenti ai danni dei civili o dei prigionieri di guerra.