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Spagna: un anno dopo l’arresto, Amnesty International continua a chiedere il rilascio dei due Jordi
“Non c’è alcuna giustificazione per tenere Jordi Sànchez e Jordi Cuixart in detenzione preventiva”, ha dichiarato Fotis Filippou, vice direttore per l’Europa di Amnesty International a un anno di distanza dal loro arresto.
“Amnesty International continua a chiedere il loro immediato rilascio. La loro prolungata detenzione costituisce una limitazione sproporzionata ai diritti alla libertà d’espressione e di manifestazione pacifica”, ha proseguito Filippou.
Jordi Sànchez e Jordi Cuixart, presidenti rispettivamente dell’Assemblea nazionale catalana e dell’associazione “Òmnium Cultural”, sono stati arrestati il 16 ottobre 2017 con l’accusa di sedizione. Il 24 novembre il loro caso è stato associato a un’altra denuncia (il caso straordinario 20907/2017) e trasmesso alla Corte suprema.
Il 21 marzo 2018 i due Jordi sono stati incriminati per ribellione in quanto responsabili della partecipazione al referendum svoltosi il 1° ottobre 2017 nonostante la Corte costituzionale avesse sospeso la legge sui referendum, nonché per aver incitato a radunarsi di fronte alle sedi governative, il 20 e 21 settembre 2017 onde impedire alla polizia di svolgere, su ordine di un tribunale di Barcellona, legittime perquisizioni all’interno di alcuni uffici del governo.
Di recente la Camera penale della Corte suprema ha respinto due richieste di rilascio dei due Jordi. A sua volta, la Corte costituzionale ha rifiutato in almeno tre occasioni di sospendere provvisoriamente la loro detenzione.
Secondo le informazioni di cui è in possesso Amnesty International, le accuse contro i due Jordi sono infondate e dovrebbero essere pertanto annullate. Se fosse provato che i due uomini avevano chiesto ai manifestanti di impedire alla polizia di svolgere un’operazione legittima, questo potrebbe essere considerato un reato contro l’ordine pubblico. Ma accusarli di reati gravi come la sedizione o la ribellione e trattenerli in carcere da un anno rappresentano una sproporzionata ed eccessiva limitazione dei loro diritti alla libertà d’espressione e di manifestazione pacifica.
“Invece di porre fine alla loro detenzione, le autorità giudiziarie stanno perpetuando un’ingiustizia”, ha concluso Filippou.