Tempo di lettura stimato: 4'
di Antonio Marchesi, Presidente di Amnesty International Italia
Cara amica, caro amico,
la Dichiarazione universale dei diritti umani ha compiuto da poco 70 anni.
Proviamo a dire cosa è. È innanzitutto, dal punto di vista storico, una nuova partenza per la comunità internazionale, dopo gli orrori della seconda guerra mondiale e dell’olocausto. Essa segna l’inizio di un cambiamento profondo, rivoluzionario. Per la prima volta vengono poste regole internazionali sul modo in cui deve essere esercitato il potere di governo verso l’interno, nei confronti delle persone che a quel potere (non più illimitato) sono sottoposte. Prima il diritto internazionale si occupava solo di relazioni fra stati. Le norme internazionali sui diritti umani non venivano violate, perché non esistevano.
La Dichiarazione è inoltre una meta, un obiettivo da perseguire. Il cammino dei diritti umani è lungo e accidentato. Si procede in fretta o lentamente, a volte ci si ferma e capita di sbagliare strada. E ci si chiede se arriveremo mai al traguardo. Non è dato saperlo e forse non vale la pena chiederselo. Quel che conta di più è il viaggio, la direzione di marcia, lo sforzo quotidiano di vivere una vita migliore e di impegnarsi, rispettandone e facendone rispettare i diritti, affinché anche gli altri la vivano, per quanto diversi possano essere da noi.
La Dichiarazione è anche una visione del mondo, un orizzonte di riferimento. E una fonte di ispirazione per chi ha ruoli di leadership e di governance. Potrebbe, se solo si volesse, essere una guida pratica, una check list di cui tenere conto nella formulazione di politiche e nell’elaborazione di leggi.
Al tempo stesso è un indicatore di risultato: è anche questo il senso di quanto diceva Eleanor Roosevelt, che ne è stata una delle artefici, quando parlava della Dichiarazione come di un “ideale da raggiungere”.
Infine, tornando al nostro presente, la Dichiarazione, con i suoi articoli pieni di significato e tutt’altro che scontati, dovrebbe essere un atto da prendere sul serio. Da parte di tutti i governi, quello italiano compreso. A cominciare dall’art. 14, che riconosce il diritto umano di “cercare e godere asilo dalle persecuzioni”, il cui esercizio è reso materialmente impossibile da coloro che dall’Italia (e dall’Europa) hanno ricevuto l’incarico di ricacciare indietro chiunque tenti di avvicinarsi, fosse anche per chiedere asilo. Il rispetto di quel diritto e di tutti i diritti riconosciuti dalla Dichiarazione è l’obiettivo ambizioso che Amnesty International, insieme agli attivisti e alle attiviste di tutto il mondo, si pone guardando al futuro.