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Un crescente clima di misoginia istituzionale caratterizza l’Italia degli ultimi tempi. Un fenomeno che avevamo già misurato in occasione della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento italiano e che, a distanza di qualche mese, ritroviamo più forte e pericolosa.
“La misoginia è diffusa particolarmente sui social, negli insulti e nelle offese di esponenti politici nei confronti di donne che rivendicano diritti o prendono la parola su questioni come l’immigrazione – spiega in una nota ufficiale diffusa in occasione della Giornata internazionale della donna Tina Marinari, campaigner sui diritti delle donne di Amnesty International Italia –; e rischiamo di vederla ufficializzata nella legislazione, se verrà approvato il ddl Pillon, alcuni elementi del quale, come l’obbligo della mediazione, sono inaccettabili”.
Come i discorsi d’odio a sfondo razzista favoriscono crimini dall’identico movente, così la misoginia istituzionale rischia di alimentare gravi violazioni dei diritti umani contro le donne, in un paese nel quale i femminicidi si ripetono di settimana in settimana, anche a causa del non rispetto o della mancata previsione di misure di protezione in favore delle donne minacciate.
“In un paese nel quale emergono sempre di più ulteriori comportamenti criminali contro le donne, come il cyberbullismo e il revenge-porn, rileviamo con sconcerto come in intere zone la legislazione in materia d’interruzione di gravidanza sia di fatto inapplicabile per l’indisponibilità del personale sanitario preposto alla sua attuazione“, ha aggiunto Marinari.
Infine, come emerso da recenti ricerche di Amnesty International, l’Italia resta uno degli stati europei la cui legislazione sullo stupro è obsoleta e non rispetta gli obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione di Istanbul – che l’Italia ha sollecitamente ratificato – in quanto non è basata sull’espressione esplicita del consenso.
La misoginia è diffusa particolarmente sui social, negli insulti e nelle offese di esponenti politici nei confronti di donne che rivendicano diritti o prendono la parola su questioni come l’immigrazione.
Secondo una ricerca prodotta dalla nostra sezione, in Italia il dibattito online su donne e persone Lgbti genera più di una volta su quattro (nel 27,5 per cento dei casi) contenuti offensivi e l’11 per cento di questi si configura come hate speech.
Il cinque per cento dei contenuti offensivi, inoltre, consiste in attacchi personali di stampo sessista da parte degli utenti generici ai politici.
Tra i temi oggetto di monitoraggio, donne e persone Lgbti – argomento al centro del 10 per cento dei tweet dei politici – risulta quello capace di accendere l’opinione pubblica scatenando il maggior livello di commenti problematici e di odio.
NB: il dato fa riferimento ai soli tweet postati da utenti generici del social network in risposta ai post di esponenti politici sul tema donne/comunità Lgbti.
La misoginia è diffusa particolarmente sui social, negli insulti e nelle offese di esponenti politici nei confronti di donne che rivendicano diritti o prendono la parola su questioni come l’immigrazione.
In Italia il codice penale punisce come violenza sessuale, all’articolo 609-bis, la condotta di colui che con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringa taluno a compiere o subire atti sessuali e quella di colui che induca un altro soggetto a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
L’articolo 609-ter c.p., invece, prevede delle circostanze (dette aggravanti) al ricorrere delle quali la pena prevista in generale per la violenza sessuale è aumentata.
È inoltre prevista un aggravante della pena se i fatti sono commessi nei confronti di persona con l’uso di sostanze alcoliche.
Non esiste la formula del consenso.
In Italia, contrariamente a quanto prevede la Convenzione di Istanbul (vedi sotto) lo stupro non è definito esplicitamente “rapporto sessuale senza consenso“.
Perché una violenza prevista come reato dal codice, come lo stupro, venga sanzionata in tribunale è necessario che concorrano diversi elementi. Uno dei più importanti è la reputazione della donna, la sua rispettabilità, ma anche il profilo dell’autore.
Oltre ai codici e alle norme, una parte importante della storia giuridica della violenza l’ha fatta e la continua a fare la giurisprudenza, attraverso le decisioni dei tribunali.
La giurisprudenza (non il diritto) in Italia chiarisce che il consenso al rapporto sessuale debba essere pacifico, che possa essere basato su un comportamento concludente (non è cioè necessario che sia verbale) e dice che tale consenso non deve subire interruzioni poiché riguarda una sfera soggettiva in cui sono tutelate la dignità e la libertà di ciascuno e ciascuna.
Il fatto che il diritto non faccia riferimento in modo esplicito a un modello consensualistico può avere degli effetti negativi perché gli orientamenti giurisprudenziali non sono formalmente vincolanti e perché in tal modo tutta una serie di atti sessuali vengono tralasciati o sottovalutati.
La Convenzione di Istanbul
Sottoscritta dall’Italia nel settembre del 2012, il 27 giugno 2013 il Parlamento ha ratificato la Convenzione di Istanbul. Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. La violenza viene riconosciuta come forme di violazione dei diritti umani e di discriminazione.
L’attuazione nell’ordinamento interno
Articolo 36 – Violenza sessuale, compreso lo stupro
1. Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per perseguire penalmente i responsabili dei seguenti comportamenti intenzionali: a atto sessuale non consensuale con penetrazione vaginale, anale o orale compiuto su un’altra persona con qualsiasi parte del corpo o con un oggetto; b altri atti sessuali compiuti su una persona senza il suo consenso; c il fatto di costringere un’altra persona a compiere atti sessuali non consensuali con un terzo.
2. Il consenso deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto.
3. Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo per garantire che le disposizioni del paragrafo 1 si applichino anche agli atti commessi contro l’ex o l’attuale coniuge o partner, quale riconosciuto dalla legislazione nazionale.
La Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa del 2014 definisce lo stupro come assenza di consenso, affermando che “il consenso deve essere dato volontariamente” e richiede che tutti i firmatari includano leggi che definiscono lo stupro in quanto tale. Mentre 32 paesi hanno ratificato la Convenzione di Istanbul, solo poche nazioni europee hanno cambiato le loro definizioni legali di stupro.
Proprio in attuazione della Convenzione di Istanbul viene approvata in Italia la legge sul femminicidio 119/2013 che prevede una serie di misure innovative e necessarie per assicurare tutela e giustizia.
Dal punto di vista penale è stato inserito un inasprimento delle pene e delle misure cautelari. Diventa aggravante l’avere e l’avere avuto una relazione sentimentale con la donna. Allo stesso modo se alcuni reati, come il maltrattamento e la violenza fisica, sono commessi nei confronti di donne incinte o in presenza di bambini, la pena si aggrava.
Il Consiglio dei Ministri n. 29/2018 ha dato il via libera al Codice rosso, il disegno di legge che porta le firme del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e di quello della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno. Tale provvedimento istituisce una corsia preferenziale per le vittime di violenza, garantendo l’adozione di provvedimenti cautelari o preventivi in tempi brevi.
In particolare, il ddl prevede la modifica dell’art. 347 e dell’art. 362 del c.p.p., sancendo con l’integrazione dell’articolo 370, l’obbligo per la polizia giudiziaria, in presenza di determinati reati, di dare priorità alle indagini, escludendo la possibilità che quest’ultima valuti discrezionalmente l’esistenza dell’urgenza.
I reati vanno dai maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale aggravata e non, atti sessuali con minori, corruzione di minori, violenza sessuale di gruppo, stalking, lesioni personali aggravate, commessi in contesti familiari o di convivenza. Dalla comunicazione della notizia di reato, il PM avrà tre giorni di tempo per ascoltare la testimonianza della vittima. Le fasi successive d’indagine avranno tempi immediati.
Sono inoltre previste rilevanti novità anche per quanto riguarda la formazione delle forze dell’ordine, che dovranno essere preparate a fronteggiare questi fenomeni, per cui saranno istituiti appositi corsi diretti a far acquisire idonee competenze specialistiche al personale della Polizia di Stato, Arma dei carabinieri e Polizia penitenziaria coinvolto.
Infine sono stati già stanziati 33 milioni di euro per il 2019, somma coordinata dal sottosegretario alle Pari opportunità Vincenzo Spadafora, finalizzata ad istituire un fondo speciale per le vittime e ad aprire centri regionali di pronto intervento per fornire idoneo supporto psicologico e legale alle donne che intendono di denunciare le violenze subìte.
La Spagna ha introdotto o sta per farlo una nuova legge sul consenso.
Qui la nostra infografica sulla normativa nei paesi europei.