A un anno dall’annessione della Crimea

17 Marzo 2015

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In un documento pubblicato in occasione del primo anniversario dell’annessione della Crimea, Amnesty International ha accusato le autorità locali di non aver indagato su una serie di rapimenti e torture e di aver portato avanti un’incessante campagna di intimidazioni per ridurre al silenzio giornalisti pro-Kiev, attivisti, esponenti della minoranza tatara e altre persone che avevano espresso il loro dissenso.

Da quando la Russia ha annesso la Crimea, le autorità locali hanno fatto ricorso a tutta una serie di tattiche violente per stroncare il dissenso. Una serie di rapimenti, tra marzo e settembre 2014, ha costretto molti dissidenti a lasciare la regione, mentre chi è rimasto va incontro a intimidazioni e minacce‘ – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International.

Dall’annessione, almeno sette persone sono state sequestrate e di loro non si sono più avute notizie. Almeno un’altra persona, Reshat Ametov (39 anni), sequestrato nel marzo 2014 mentre prendeva parte a una manifestazione, è stata ritrovata morta, con segni di torture. Il 29 settembre 2014 due tatari, Islyam Dzhepparov (19 anni) e Dzhevdet Islyamov (23 anni), sono stati caricati a forza su un furgone da uomini in uniforme nera. Da allora si sono perse le loro tracce. A oggi, nessuno è stato chiamato a rispondere di queste azioni.

Andriy Schekun, leader di Casa Ucraina, un’organizzazione che promuove la lingua e la cultura ucraina, è stato rapito da paramilitari filo-russi, trattenuto per 11 giorni in una località segreta e torturato con la corrente elettrica. Al termine di quest’incubo, è stato consegnato all’esercito ucraino. Altri tre esponenti dell’organizzazione sono stati rapiti nel maggio 2014 e anche di loro non si sa più nulla.

Le autorità locali ci hanno detto che stanno indagando su tutti i casi di rapimento e tortura, ma dobbiamo ancora vedere una prova concreta‘ – ha commentato Dalhuisen.

Le autorità locali stanno anche alimentando un clima di paura attraverso intimidazioni e nuove leggi che intendono tappare la bocca ai mezzi d’informazione e alle Organizzazioni non governative. Il 26 gennaio 2015 circa 30 uomini armati e dal volto coperto, appartenenti a un’unità speciale di polizia, hanno fatto irruzione insieme a 10 agenti della sicurezza negli uffici di ATR, il canale televisivo dei tatari di Crimea, interrompendo le trasmissioni e sequestrando materiale risalente fino al febbraio 2014.

Anche prima del raid, il canale televisivo aveva deciso di rinunciare a usare le parole ‘annessione’ e ‘occupazione’, dopo che le autorità locali avevano messo in guardia la direzione editoriale circa le sue trasmissioni ‘estremiste’ e minacciato incriminazioni.

Non pochi giornalisti e blogger hanno lasciato la Crimea nel timore di subire persecuzioni, come Elizaveta Bogutskaya, blogger filo-ucraina, convocata per interrogatori dopo che la sua abitazione era stata perquisita da agenti del ‘Centro per il contrasto al terrorismo’ che avevano prelevato vari documenti per analizzarli.

Dopo l’annessione, le autorità locali hanno imposto a tutti gli organi d’informazione di procedere a una nuova registrazione. QHA, una nota agenzia di stampa tatara, non ha potuto farlo in quanto la sua domanda è stata giudicata inammissibile, senza alcuna spiegazione. Le manifestazioni pubbliche sono di fatto proibite in tutta la Crimea.

Spesso, i tatari si vedono negati i permessi per lo svolgimento di incontri culturali e quei pochi consentiti devono svolgersi in località remote. Alcune organizzazioni indipendenti, soprattutto quelle che si occupano di diritti umani, hanno cessato di esistere. Il Mejlis, che rappresenta la comunità tatara, è stato privato del riconoscimento e suoi importanti esponenti sono stati oggetto di una campagna di intimidazioni e persecuzioni.

A un anno dall’annessione della Crimea, l’attitudine delle autorità locali e dei loro ispiratori russi è facilmente riassumibile: o ti piace o altrimenti te ne vai o taci’ – ha sottolineato Dalhuisen.’La comunità internazionale appare poco intenzionata a premere sulla Russia affinché ripristini l’integrità territoriale ucraina. Quanto meno, però, dovrebbe essere più incisiva nel pretendere dalla Russia il rispetto dei diritti di tutti i cittadini della Crimea‘ – ha concluso Dalhuisen.