Accordo con la Turchia sui rifugiati: troppo alto il costo umano per replicarlo altrove

14 Febbraio 2017

Un migrante di fronte alla sua tenda coperta di neve nel campo di Moria, sull'isola di Lesbo in Gregia STR/AFP/Getty Images

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A quasi un anno dalla sua firma, con un comunicato stampa rilasciato il 14 febbraio Amnesty International ammonisce l’Unione Europea sul fallimentare accordo con la Turchia che ha ridotto migliaia di migranti e rifugiati in condizioni squallide e pericolose.

L’accordo destinato a rimandare i richiedenti asilo in Turchia sull’assunto che questo paese è sicuro ha lasciato migliaia di persone in condizioni squallide e insicure sulle isole della Grecia e, come denunciato da Amnesty International, ha determinato il rinvio illegale di richiedenti asilo in Turchia in flagrante violazione dei loro diritti umani.

“L’accordo tra Unione europea e Turchia è stato un disastro per le migliaia di persone abbandonate a sé stesse in un limbo pericoloso, disperato e apparentemente senza fine sulle isole greche”, ha dichiarato Gauri van Gulik, vicedirettrice di Amnesty International per l’Europa. “È del tutto ipocrita che i leader europei descrivano l’accordo come un successo, mentre chiudono gli occhi di fronte al costo, insopportabilmente alto, pagato da chi ne sta subendo le conseguenze”, ha sottolineato van Gulik.

Ammucchiati nello squallore

Quando l’accordo è entrato in vigore, tutti i migranti e i rifugiati sono stati automaticamente posti in centri di detenzione. Anche se il regime di detenzione non è più applicato rigidamente, coloro che vivono nei campi non possono tuttora lasciare le isole greche e sono costretti a vivere in condizioni squallide per mesi e mesi in campi sovraffollati dove manca l’acqua calda, l’igiene è scarsa, il cibo è insufficiente e le cure mediche sono inadeguate.

Le condizioni sulle isole greche non sono solo degradanti ma pongono la salute fisica e la vita stessa di migranti, richiedenti asilo e rifugiati in pericolo. La sera del 24 novembre 2016, nel campo di Moria dell’isola di Lesbo, una bombola del gas usata per cucinare è esplosa causando la morte di una donna irachena di 66 anni e di un bimbo di sei anni che viveva nella tenda accanto.

Alle difficoltà causate dalle scarse condizioni di accoglienza si aggiunge il timore degli abitanti delle isole per la loro sicurezza. Le misere condizioni dei campi, l’incertezza che migranti e rifugiati provano per il loro destino e le relazioni non facili con la popolazione locale hanno contribuito ad accrescere la tensione che talora è sfociata in episodi di violenza. Nel campo di Souda dell’isola di Chio i rifugiati hanno subito attacchi motivati da odio.

BKD, un siriano 17enne fuggito da Aleppo, ne ha raccontato uno:

“Quando ci hanno attaccato abbiamo avuto paura e siamo corsi fuori dal campo. La gente urlava, i bambini piangevano. Non abbiamo proprio bisogno di riprovare ancora una volta cose del genere…”

Le donne sono particolarmente esposte alla mancanza di sicurezza sulle isole greche: spesso sono costrette a vivere nei campi insieme agli uomini e a usare le stesse docce e gli stessi servizi igienici. Laddove questi servizi sono disponibili, segnalano la mancanza di porte e illuminazione adeguate. Parecchie donne hanno denunciato di aver subito o aver assistito a offese, aggressioni sessuali e violenza domestica.

Le persone devono andare avanti, non tornare indietro in Turchia

L’assunto centrale dell’accordo, in base al quale ogni persona arrivata irregolarmente in Grecia va rimandata in Turchia, è che questo è un paese sicuro per i richiedenti asilo.

Sebbene formalmente nessun richiedente asilo finora sia stato rimandato dalla Grecia in Turchia con tale motivazione, Amnesty International ha verificato che alcuni richiedenti asilo sono stati espulsi in tutta fretta senza poter presentare richiesta d’asilo o appellarsi contro il primo diniego, in violazione del diritto internazionale.

“Nessuno dovrebbe morire di freddo alle porte dell’Europa. I leader che sostengono che l’accordo con la Turchia potrebbe essere il modello per ulteriori accordi con paesi quali Libia, Sudan, Niger e altri ancora dovrebbero esaminare le orribili conseguenze e sapere che quell’accordo con dovrà essere replicato”, ha concluso van Gulik.