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Amnesty International ha sollecitato gli stati dell’Africa occidentale e centrale a smettere di perseguitare i difensori dei diritti umani che denunciano la corruzione, le tangenti e gli abusi di potere e, invece, ad adottare misure concrete ed efficaci per proteggerli e incoraggiarli.
In occasione della Giornata africana contro la corruzione e del ventesimo anniversario della Convenzione dell’Unione africana per la prevenzione e la lotta alla corruzione, l’organizzazione per i diritti umani ha diffuso un rapporto, intitolato “Lotta alla corruzione in pericolo: repressione dei difensori dei diritti umani che combattono la corruzione in Africa occidentale e centrale”, che evidenzia come gli attivisti anti-corruzione in 19 stati dell’Africa occidentale e centrale corrano il rischio di essere arrestati, minacciati, detenuti, multati pesantemente e persino uccisi per aver denunciato la corruzione.
“La repressione subita dalle difensore e dai difensori dei diritti umani che combattono la corruzione in Africa occidentale e centrale è scioccante. Queste persone svolgono un ruolo fondamentale nella lotta contro la corruzione e, di conseguenza, nella difesa dei diritti umani. Tuttavia, subiscono regolarmente attacchi, intimidazioni, molestie e persecuzioni per aver esposto la verità”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
“I governi della regione devono rispettare i loro obblighi internazionali in materia di diritti umani garantendo il rispetto, la protezione, la promozione e il soddisfacimento dei diritti di coloro che si oppongono alla corruzione e difendono i diritti umani. Queste persone si trovano a dover fronteggiare una diffusa cultura di impunità, che alimenta la corruzione endemica, contribuisce a ulteriori violazioni dei diritti umani e nega alle vittime l’accesso alla giustizia e a rimedi efficaci”, proseguito Callamard.
“La corruzione è una questione di diritti umani. Interferisce con il godimento effettivo dei diritti individuali e collettivi garantiti dalle convenzioni internazionali e regionali sui diritti umani. Ostacola la capacità degli agenti di polizia, dei giudici, dei pubblici ministeri e degli avvocati di svolgere le loro funzioni in modo imparziale. La corruzione porta a maltrattamenti, torture o morti in custodia, priva di reddito i gruppi vulnerabili dal punto di vista economico e sociale e minaccia la capacità degli stati di adempiere ai loro obblighi in materia di diritti umani”, ha affermato Agnès Callamard.
Tuttavia, coloro che denunciano queste violazioni sono regolarmente soggetti a repressione, intimidazioni e molestie da parte delle autorità in tutta l’Africa occidentale e centrale, attraverso l’uso di leggi sulla diffamazione e sulle “fake news”, multe sproporzionate, arresti arbitrari, minacce e violenze fisiche per silenziare gli attivisti e i giornalisti che denunciano pratiche corrotte.
In Niger, la giornalista e blogger Samira Sabou è stata condannata nel gennaio 2022 per “diffamazione tramite comunicazione elettronica” in base alla legge sui reati informatici e condannata a un mese di prigione e a una multa equivalente a 100 euro. L’accusa è derivata dalla sua decisione di ripubblicare un articolo del maggio 2021 dell’organizzazione Global Initiative against Transnational Organized Crime, secondo il quale un carico di droga sequestrato dall’agenzia nigerina per il contrasto agli stupefacenti era stato nuovamente ottenuto dai trafficanti di droga e reinserito sul mercato nero.
In un caso separato, che risale al giugno 2020, Sabou è stata accusata di diffamazione a seguito di una denuncia fatta da Sani Mahamadou Issoufou, ministro del Petrolio, dell’energia e delle energie rinnovabili e figlio dell’ex presidente del Niger Mahamadou Issoufou. La denuncia è stata presentata dopo la menzione, da parte di un utente di Facebook, del nome di Issoufou in un commento in risposta a un post pubblicato da Sabou riguardante presunte corruzioni nell’acquisto di armi. Nonostante Sabou non abbia menzionato il figlio dell’ex presidente per nome, è stata arrestata e immediatamente trasferita nel carcere di Niamey.
“Sono stata convocata in tribunale a testimoniare ma una volta arrivata in aula, non sono stata trattata come testimone. Mi è stato chiesto di rivelare chi si nascondesse dietro alcuni degli pseudonimi che compaiono sul mio account Facebook e ho detto loro che non lo sapevo. Quando si sono resi conto che non potevo fornire quelle informazioni, il pubblico ministero mi ha detto che mi avrebbe mandato in prigione mentre completava le sue indagini. Ero incinta di quattro mesi; non rappresentavo una minaccia per la società e non ero mai stata imprigionata. [Eppure] ho trascorso 48 giorni in prigione”, ha raccontato Samira Sabou ad Amnesty International nel febbraio 2023.
In Togo, il giornalista Ferdinand Ayité è stato arrestato il 10 dicembre 2021 dopo aver accusato due esponenti del governo togolese di corruzione sul suo canale YouTube “L’autre journal”. Il 15 marzo 2023, Ayité è stato condannato, insieme a un altro collega, a tre anni di prigione e a una multa di 3 milioni di franchi centrafricani (circa 5000 euro) per “oltraggio alle autorità” e “diffusione di notizie false”. I giornalisti hanno presentato appello contro la decisione, ma sono stati costretti a fuggire dal paese per la loro sicurezza.
In Camerun, il 17 gennaio 2023 Martinez Zogo, giornalista e direttore della radio privata Amplitude FM, è stato rapito da alcuni uomini non identificati. Il suo corpo mutilato è stato trovato in una zona dismessa nella periferia della capitale Yaoundé. Zogo si stava occupando di presunte appropriazioni indebite di centinaia di miliardi di franchi centrafricani da parte di politici e imprenditori vicine al governo.
Esistono poche leggi che proteggono i difensori e le difensore dei diritti umani che combattono la corruzione. Istituzioni giudiziarie di parte e una cultura dell’impunità permettono alle pratiche corrotte di restare impunite. Inoltre, le autorità di molti stati hanno adottato leggi repressive per limitare i diritti umani e hanno strumentalizzato le leggi esistenti per silenziare le voci critiche, comprese quelle dei whistleblower, che svolgono un ruolo cruciale nella segnalazione delle irregolarità.
Amnesty International chiede agli stati di promulgare e rafforzare leggi che proteggano dalle ritorsioni i difensori e le difensore dei diritti umani che combattono la corruzione e creino un ambiente in cui possano investigare e denunciare la corruzione e le sue implicazioni per i diritti umani. Attualmente, solo Costa d’Avorio, Mali e Niger hanno adottato leggi sulla protezione dei difensori dei diritti umani e solo il Ghana ha una legislazione specifica per la protezione dei whistleblower.
Dieci stati della regione hanno adottato leggi sull’accesso alle informazioni, che consentono ai cittadini di ottenere informazioni detenute da enti pubblici e responsabilizzare persone e entità potenti. Tuttavia, le elevate tariffe imposte dai detentori delle informazioni e le convinzioni errate secondo cui queste leggi riguardano solo i giornalisti rappresentano ancora una sfida.
Amnesty International sollecita inoltre tutti gli stati a adottare leggi, politiche e pratiche per garantire una protezione efficace contro la corruzione e per perseguire coloro che ne sono responsabili in modo deciso.
“La corruzione è un flagello: ha un effetto distruttivo sui diritti umani fondamentali in tutta l’Africa occidentale e centrale. Invece di perseguitare coloro che denunciano la corruzione, le autorità dovrebbero proteggere i difensori dei diritti umani anti-corruzione e garantire che la società civile e la stampa possano dire la verità per il godimento di tutti i diritti umani nella regione”, ha concluso Agnès Callamard.