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Proprio alla vigilia del secondo anniversario della prima manifestazione di massa di “Hirak”, convocata il 22 febbraio 2019 per chiedere le dimissioni dell’allora presidente Bouteflika, il nuovo capo di stato algerino Abdelmadjid Tebboune ha ordinato il rilascio di almeno 37 prigionieri di coscienza – tra i quali il noto giornalista Khaled Drareni – militanti o simpatizzanti del movimento di protesta.
La decisione, così come quella di convocare elezioni parlamentari, è positiva ma secondo il Comitato nazionale per la liberazione dei detenuti restano in carcere altri 31 attivisti.
Amnesty International ha esaminato i casi di 73 attivisti di “Hirak”, manifestanti e giornalisti sottoposti ad arresti e procedimenti giudiziari negli ultimi due anni solo per aver preso parte a manifestazioni pacifiche o aver espresso opinioni politiche sui social media. Alcuni di loro sono stati condannati a lunghe pene detentive, sulla base di indizi del tutto vaghi, per i reati di minaccia alla sicurezza o all’interesse nazionale, incitamento a raduno non armato e offesa a pubblico ufficiale.
Negli ultimi due anni diversi attivisti che avevano criticato la risposta del governo alla pandemia da Covid-19 o avevano accusato il governo di usare le misure di confinamento per impedire le proteste di piazza, sono stati processati per violazione del lockdown o in base alla nuova legge sulle “fake news”.
Nei procedimenti giudiziari a carico dei giornalisti, sono state presentate come prove delle informazioni private provenienti da app di messaggistica. La magistratura non ha indagato sulle denunce di tortura presentate da due attivisti di “Hirak” e sette attivisti hanno perso il lavoro.