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Il 14 e il 15 settembre è all’esame del Parlamento europeo un rapporto che mostra come la situazione dei diritti umani in Ungheria sia peggiorata da quando lo stesso organismo, quattro anni prima, aveva attivato l’articolo 7 del Trattato dell’Unione europea. Questo è un meccanismo che chiama i governi degli stati membri a rispondere di azioni che minacciano lo stato di diritto, i diritti umani e i principi democratici dell’Unione europea.
Si prevede che, al termine della discussione, il Parlamento europeo approvi il rapporto e apra dunque la strada a iniziative concrete del Consiglio europeo. Queste potrebbero comprendere l’adozione di raccomandazioni specifiche e vincolanti per le autorità ungheresi da attuare entro un periodo di tempo stabilito e, in caso di mancata attuazione, il percorso verso il voto con la maggioranza richiesta dei quattro quinti per determinare l’esistenza di un rischio concreto di gravi violazioni dei valori protetti dal Trattato dell’Unione europea. Il passo successivo potrebbe essere quello di adottare, all’unanimità, sanzioni quali ad esempio togliere all’Ungheria il diritto di voto.
“La campanella d’allarme suonata dal Parlamento europeo riflette le preoccupazioni che Amnesty International esprime da tempo rispetto alla crisi dei diritti umani in Ungheria. Nei quattro anni successivi all’attivazione dell’articolo 7, la situazione dei diritti umani ha continuato a peggiorare. Le autorità ungheresi hanno attaccato l’indipendenza del potere giudiziario, rifiutato di ratificare un trattato per la protezione delle donne dalla violenza, adottato leggi omotransfobiche, calpestato i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo e soppresso la libertà di espressione e di associazione”, ha dichiarato Eva Geddie, direttrice dell’Ufficio di Amnesty International presso le Istituzioni europee.
“Dopo quattro anni spesi in lungaggini mentre le autorità ungheresi attaccavano senza sosta i diritti umani e lo stato di diritto, è ora che il Consiglio europeo agisca. L’Unione europea deve usare tutti gli strumenti politici, giuridici e finanziari disponibili per fermare la crisi dei diritti umani in Ungheria e non deve farsi ingannare da misure puramente di facciata adottate solo per ottenere i fondi europei”, ha sottolineato Geddie.