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In un nuovo rapporto diffuso il 7 dicembre, Amnesty International ha denunciato un escalation di attacchi, intimidazioni e minacce nei confronti dei difensori del diritti umani nelle Americhe, ad opera delle forze di sicurezza, dei gruppi paramilitari e del crimine organizzato.
Il rapporto, intitolato ‘Trasformare la sofferenza in speranza. I difensori dei diritti umani nelle Americhe‘, descrive oltre 300 casi di intimidazioni, minacce, aggressioni e uccisioni in una quindicina di paesi tra gennaio 2010 e settembre 2012.
‘In quasi ogni paese delle Americhe, i difensori dei diritti umani vengono sistematicamente presi di mira e sottoposti a procedimenti penali pretestuosi per farli desistere dal prendere le parti dei gruppi più emarginati’ – ha dichiarato Nancy Tapias-Torrado, ricercatrice di Amnesty International sui difensori dei diritti umani nelle Americhe.
In tutto il continente, le azioni dei difensori dei diritti umani vengono denunciate pubblicamente come ‘illegali’, ‘illegittime’, ‘prive di scrupoli’ e persino ‘immorali’. Loro vengono accusati di essere criminali, corrotti, bugiardi, agitatori, sovversivi o di difendere pregiudicati e guerriglieri. In alcuni casi, lo stigma nei loro confronti viene rafforzato da autorità di governo o attori non statali.
‘Donne e uomini impegnati nella protezione dei diritti umani vengono presi di mira anche perché potenti gruppi politici ed economici li percepiscono come un ostacolo ai grandi progetti di sviluppo’ – ha affermato Tapias-Torrado.
Tra i difensori dei diritti umani particolarmente presi di mira, figurano coloro che si occupano della terra e delle risorse naturali, dei diritti delle persone Lgbti (gay, lesbiche, bisessuali, transgender e intersessuate), dei migranti, così come coloro che cercano giustizia per le violazioni dei diritti umani, oltre a giornalisti, blogger e sindacalisti.
Sugli oltre 300 casi esaminati da Amnesty International, solo quattro si sono conclusi con la condanna dei diretti responsabili.
Quasi la metà dei casi documentati nel rapporto hanno a che fare con le dispute sulla terra in vari paesi, tra cui Brasile, Colombia e Honduras e diversi di essi hanno riguardato progetti su vasta scala di imprese private.
In paesi come Cuba e Messico, i difensori dei diritti umani subiscono persecuzione giudiziaria o arresti sulla base di prove false. Su alcuni di loro pendono da anni incriminazioni lasciate in sospeso in quanto i mandati di cattura, pur emessi, non vengono eseguiti.
Il 28 novembre 2012 la Corte suprema ha annullato le condanne a sette anni di carcere inflitte il 12 luglio 2010 a José Ramón Aniceto Gómez e Pascual Agustín Cruz. I due difensori dei diritti delle popolazioni native erano stati giudicati colpevoli del furto di un’automobile, sulla base di prove prefabbricate da un gruppo di interessi economici dello stato di Puebla. Gómez e Agustín erano impegnati in una campagna per l’accesso libero e gratuito all’acqua pubblica.
In parecchi paesi delle Americhe, le donne che svolgono campagne contro la violenza sessuale vanno a loro volta incontro a stupri, minacce di stupro, intimidazioni estese anche ai familiari.
Il 9 novembre 2011 una coppia armata ha fatto irruzione nell’abitazione di Jackeline Rojas Castañeda, una difensora dei diritti umani di Barrancabermeja, in Colombia, dirigente dell’Organizzazione femminile popolare. I due intrusi hanno chiuso la donna e sua figlia di 15 anni, in due stanze separate puntandogli contro le armi da fuoco. Hanno detto a Jacquelina Castañeda di non provare a telefonare per chiedere aiuto, altrimenti sua figlia sarebbe stata uccisa. L’hanno legata e imbavagliata, le hanno imbrattato con vernice rossa il corpo e i vestiti, chiedendole al contempo informazioni su suo figlio e suo marito, un sindacalista. I due aggressori si sono allontanati portando con sé due computer, chiavette Usb, cellulari e documenti.
Il giorno dopo Jackeline Castañeda ha denunciato l’aggressione alla procura generale. Inizialmente, hanno rifiutato di ricevere la denuncia, sostenendo che la donna si era inventata l’accaduto.
‘Quando le autorità non proteggono coloro che agiscono per la difesa dei diritti umani di tutti e non indagano sugli attacchi nei loro confronti, mandano un segnale di tolleranza agli aggressori. I governi devono garantire che i difensori dei diritti umani siano pienamente protetti, come minimo attraverso il riconoscimento dell’importanza e della legittimità del loro lavoro, lo svolgimento di indagini approfondite sugli attacchi subiti e l’adozione di misure efficaci di protezione’ – ha concluso Tapias-Torrado.