Amnesty International denuncia omofobia e ostilità contro le attiviste e gli attivisti Lgbti nell’ex Unione Sovietica

22 Dicembre 2017

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In un rapporto intitolato “Meno uguali: i difensori dei diritti delle persone Lgbti in Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan”, Amnesty International ha denunciato il clima sempre più discriminatorio in cui agiscono i gruppi per la difesa dei diritti umani delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti).

Negli ultimi anni l’ostilità nei confronti delle persone Lgbti nei quattro paesi dell’ex Urss è aumentata, in parte a causa della retorica e delle prassi repressive della Russia, dove è in corso una crociata contro le relazioni sessuali non tradizionali.

“Le attiviste e gli attivisti Lgbti vengono discriminati da tempo, anche all’interno di altri gruppi per i diritti umani, ma ora la grande influenza esercitata dalla Russia e dai suoi organi d’informazione sta avendo un ruolo importante nel peggioramento della situazione. L’attacco a 360 gradi portato avanti dalle autorità russe contro i diritti delle persone Lgbti ha spinto altri governi ad agire di conseguenza e ha rafforzato le attitudini negative dell’opinione pubblica e persino di altri gruppi per i diritti umani”, ha denunciato Denis Krivosheev, vicedirettore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia centrale.

“L’idea, promossa dalla Russia, che i diritti delle persone Lgbti siano ‘valori occidentali’ che in qualche modo minacciano la sicurezza nazionale si sta rafforzando ovunque nella regione. I governi stanno alimentando un clima d’ignoranza e odio che sta inquinando persino la comunità per i diritti umani”, ha commentato Krivosheev.

La repressione dei diritti delle persone Lgbti

Negli ultimi anni i governi di Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan – i più stretti alleati della Russia nello spazio ex sovietico – hanno represso i diritti delle persone Lgbti. In tutti e quattro i paesi sono stati fatti tentativi per introdurre leggi omofobiche sulla “propaganda” simili a quella in vigore in Russia. Finora vi è riuscita solo la Bielorussia, nel 2016.

Un noto attivista bielorusso per i diritti delle persone Lgbti ha dichiarato ad Amnesty International di non aver più potuto proseguire il suo lavoro perché i rischi personali erano troppo grandi. Ha perso più volte l’impiego e ha subito ripetuti interrogatori di polizia.

Nel suo rapporto, Amnesty International sottolinea come la maggior parte delle persone intervistate nei quattro paesi abbiano preferito rimanere anonime per ragioni di sicurezza.

Armenia e Kirghizistan hanno emendato la Costituzione, rispettivamente nel 2015 e nel 2016, per vietare espressamente i matrimoni omosessuali.

In ciascuno dei quattro paesi i gruppi Lgbti sono oggetto di una serie di tattiche repressive destinate a ridurli al silenzio. Con poche eccezioni, i pride sono vietati o vengono attaccati da gruppi omofobi, spesso senza che la polizia intervenga o indaghi in modo efficace su questi crimini d’odio.

La libertà d’espressione delle attiviste e degli attivisti Lgbti è fortemente limitata. In Armenia e Kirghizistan è ufficialmente registrato solo un piccolo numero di Ong mentre in Bielorussia e Kazakistan si trovano meramente attivisti singoli e gruppi informali.

Emarginati dalle comunità dei diritti umani

A causa della discriminazione, i difensori dei diritti umani e gli attivisti Lgbti finiscono per sentirsi “meno uguali” anche all’interno delle comunità locali per i diritti umani, dominate da gruppi “mainstream” che non lavorano prioritariamente sui diritti delle persone Lgbti.

“Le attiviste e gli attivisti Lgbti non solo subiscono lo stigma dell’emarginazione e dell’ostracismo sociale, ma vengono persino considerati ‘difensori di serie B’ all’interno delle comunità per i diritti umani”, ha accusato Krivosheev.

“Nessuno vuole essere associato a noi”, ha detto ad Amnesty International un attivista del Kirghizistan. Nel maggio 2015, dopo un’aggressione omofoba nel corso di un evento Lgbti, solo un’organizzazione per i diritti umani ha condannato l’accaduto.

Per i gruppi Lgbti nei quattro paesi presi in esame da Amnesty International, la mancanza di sostegno da parte della più ampia comunità dei diritti umani ha un effetto demoralizzante e frustrante.

Mikayel Danielyan, ex direttore dell’Associazione Helsinki in Armenia, è stato uno degli attivisti della prima ora per i diritti delle persone Lgbti. Prima della sua morte, avvenuta per infarto nell’agosto 2016, aveva ricordato che alcuni parlamentari e anche altri difensori dei diritti umani rifiutavano di sedersi al tavolo con lui durante gli eventi pubblici.

“Le autorità di Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan devono assicurare che i gruppi per i diritti delle persone Lgbti possano portare avanti le loro attività in condizioni di sicurezza e senza subire discriminazione”, ha sottolineato Krivosheev.

“Ricordando il principio dell’universalità dei diritti umani, chiediamo anche ai gruppi per i diritti umani di questi paesi di lavorare fianco a fianco con le organizzazioni per i diritti delle persone Lgbti”, ha concluso Krivosheev.

FINE DEL COMUNICATO

Roma, 22 dicembre 2017

Il rapporto Meno uguali: i difensori dei diritti delle persone Lgbti in Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistanè disponibile (dal 22 dicembre).

Per interviste:

Amnesty International Italia – Ufficio Stampa

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