Amnesty International: Italia ancora indietro sui diritti umani

10 Maggio 2018

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La legge sulla tortura, introdotta nell’ordinamento giuridico italiano lo scorso luglio, e la vendita di armi all’Arabia Saudita sono alcuni dei casi più controversi in cui si è imbattuto lo Stato italiano nell’ultimo anno. La legge sulla tortura presenta grandi lacune ed è stata criticata anche da un comitato di esperti dell’ONU, mentre la fornitura di armamenti al paese arabo viola il diritto nazionale ed internazionale sul commercio delle armi. Amnesty International si batte da anni per sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sui diritti umani. Per sostenere la sua attività si può destinare il 5×1000 all’Organizzazione: basta inserire il codice fiscale 03 03 11 10 582 e la propria firma nella dichiarazione dei redditi.

Quelli della scuola Diaz a Genova, di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi e Giuseppe Uva sono solo alcuni casi di tortura che, nonostante il passare degli anni, continuano ad essere controversi e ricorrenti nelle notizie di cronaca e attualità. Attualità segnata anche dai circa 14.000 civili yemeniti morti e feriti sotto le bombe saudite fornite dall’Italia. Per capire quale sia il pensiero degli italiani sui diritti umani, dopo aver presentato la ricerca “Gli italiani e le discriminazioni” su casi di violenza sulle donne, bullismo e omofobia, Amnesty International è tornata ad interrogare i nostri connazionali su due casi di violazione di importanti temi riguardanti i diritti umani come il reato di tortura e la vendita di armi all’Arabia Saudita. Lo studio, realizzato in collaborazione con Doxa su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta (18-70 anni), si inserisce all’interno della campagna di raccolta fondi con il 5×1000 dell’Organizzazione.

Nel luglio 2017 è stato introdotto in Italia il reato di tortura, ma 1 Italiano su 2 non lo sa. Tra il restante 48% che ne è consapevole, ben 6 intervistati su 10 dichiarano che la legge era necessaria, mentre per 1 italiano su 4 la legge andrebbe migliorata. Infine, per il 12% non era necessario questo aggiornamento giuridico e sarebbe stato meglio concentrarsi su altro. Oltre ad indagare il pensiero degli italiani sul reato di tortura, Amnesty International ha chiesto ai nostri connazionali di esprimere la loro opinione riguardo l’autorizzazione alla vendita delle armi fabbricate in Italia all’Arabia Saudita, usate per bombardare civili in Yemen. 6 Italiani su 10 si dicono contrari, considerando la vendita di armi un errore che viola le leggi internazionali sui diritti umani a cui il nostro Paese ha aderito. Di contro, quasi un quarto degli italiani si pronuncia come favorevole: per il 15% del totale il Governo italiano opera nel rispetto delle leggi, mentre una minoranza (l’8% del campione) pensa che se non fosse l’Italia a vendere le armi all’Arabia Saudita lo farebbe qualcun altro.

Dopo l’indagine sulle discriminazioni abbiamo voluto fare un passo in più e focalizzare la nostra attenzione su due importanti temi riguardanti i diritti umani: la legge sul reato di tortura e la vendita di armi all’Arabia Saudita – Dichiara Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia –. Nel primo caso, con 30 anni di ritardo, il precedente parlamento ha approvato una legge non conforme alla Convenzione Onu contro la tortura; nel secondo, l’Italia da tre anni fornisce armi all’Arabia Saudita, che le usa per compiere bombardamenti sullo Yemen. Da un lato l’Italia non fa il massimo per prevenire violazioni dei diritti umani in casa, dall’altro è complice di violazioni dei diritti umani all’estero. Da questa nuova indagine emerge con chiarezza che dobbiamo continuare a lavorare con tutte le nostre forze per portare all’attenzione dell’opinione pubblica e dei media queste tematiche, per far crescere la consapevolezza su quello che avviene nel nostro paese e fuori dai nostri confini, dare voce a chi non ce l’ha. Per continuare nella nostra attività abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti: donare il 5×1000 non costa niente a chi lo dà ma è un importante sostegno per le nostre battaglie“.

A luglio 2017, l’Italia ha finalmente approvato una legge che ha introdotto il reato di tortura ma, come riportato nel Rapporto di Amnesty International 2017-2018, un comitato di esperti dell’Onu ha definito questa legge non conforme alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e, pertanto, va modificata. Inoltre, la nuova legge non prevedeva l’applicazione di altre norme fondamentali, tra cui la revisione dei metodi d’interrogatorio della polizia e le misure per il risarcimento delle vittime.

Un altro caso eclatante che emerge anche a livello internazionale, riportato in prima pagina dal New York Times a fine 2017, è l’autorizzazione alla vendita di armi da parte del Governo italiano all’Arabia Saudita e agli altri membri della coalizione da utilizzare contro lo Yemen, violando il diritto nazionale ed internazionale in materia.

Tra le norme violate, ci sono quelle stabilite nel Trattato sul commercio delle armi a cui l’Italia ha aderito proprio per prevenire la sofferenza umana dovuta ad un commercio sconsiderato e senza regole, oltre alla legge italiana 185 del 1990 che vieta espressamente la vendita di armi a paesi coinvolti in conflitti armati. Inoltre, bombe prodotte in Italia sono state utilizzate in questi due anni di violento conflitto, come confermato dal Rapporto delle Nazioni Unite sul conflitto nello Yemen dello scorso 27 gennaio dove si mostrano le prove dell’utilizzo di bombe targate RWM da parte della coalizione araba nella capitale Sana’a. Nell’agosto 2017 si calcolavano quasi 14.000 tra morti e feriti civili, 18 milioni di persone che necessitavano di assistenza umanitaria e oltre 3 milioni costrette a lasciare le proprie case.

In Italia le violazioni dei diritti umani sono ormai all’ordine del giorno. E non si tratta solo delle discriminazioni, ma queste riguardano anche due importanti temi riguardanti i diritti umani che lo Stato Italiano dovrebbe rispettare – aggiunge Chef Rubio, testimonial di Amnesty International per il secondo anno consecutivo –. È incomprensibile come nel 2018 il nostro Paese non si sia ancora dotato di una legge sulla tortura conforme con la Convenzione Onu, o come venga ancora autorizzata la vendita delle armi a paesi come l’Arabia Saudita, che provocano migliaia di morti ogni anno. Amnesty si batte da anni per fermare tutto questo, creare una cultura dei diritti umani e sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica. Destinare il nostro 5×1000 ad Amnesty International è il primo passo per schierarci al fianco dell’Organizzazione e combattere per la difesa dei diritti umani“.

Per continuare a sostenere l’attività di Amnesty International nella difesa dei diritti in Italia e nel mondo, per sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica, si può contribuire destinando il proprio 5×1000: basta inserire il codice fiscale 03 03 11 10 582 e la propria firma nella dichiarazione dei redditi.

 

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