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Dopo il ritiro del Burundi e del Sudafrica, anche il Gambia minaccia di abbandonare la Corte penale internazionale.
La motivazione addotta dal ministro dell’Interno gambiano, ossia che la Corte perseguiterebbe e offenderebbe le persone di colore e soprattutto gli africani, è semplicemente ridicola: per molte persone in Africa la Corte ha rappresentato e rappresenta l’unica speranza per ottenere giustizia per le terribili violazioni subite in passato.
Il Gambia, inoltre, non collabora neanche con gli organismi giudiziari africani. Ha rifiutato di attuare tre decisioni vincolanti della Corte di giustizia della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale riguardanti la tortura, le uccisioni e le sparizioni dei giornalisti e non vuole cooperare con la Commissione africana sui diritti umani e dei popoli che, ironicamente, ha sede a Banjul, la capitale del Gambia.
L’annuncio del Gambia è particolarmente sconvolgente se si considera che la procuratrice della Corte, Fatou Bensauda, è una cittadina gambiana, promotrice della giustizia internazionale e di campagne globali contro l’impunità.
Non è chiaro se il governo del Gambia abbia già formalmente notificato la sua decisione alle Nazioni Unite. In ogni caso, perché abbia effetto dovrà trascorrere un anno e in questo periodo il Gambia non potrà considerarsi esonerato dai suoi obblighi di diritto internazionale.