Arabia Saudita, giocando a ‘gatto e topo’ con manifestanti pacifici

5 Marzo 2013

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Amnesty International ha chiesto l’immediato e incondizionato rilascio di almeno 176 persone arrestate a Buraida, in Arabia Saudita, il 1° marzo 2013 dopo una pacifica manifestazione di protesta.

I manifestanti chiedevano il rilascio di più di 50 donne e bambini, arrestati il 27 febbraio per aver partecipato a un’altra manifestazione pacifica contro la detenzione dei loro familiari, trattenuti senza accusa né processo o persino dopo la scadenza della condanna.

Una delle donne arrestate, Rima al-Jeraish, è stata trasportata in ospedale dopo essere stata picchiata da alcune agenti di polizia che cercavano di costringerla spogliarsi per ispezionarla.  Secondo le informazioni ricevute da Amnesty International, ha perso coscienza dopo aver sbattuto la testa contro un muro e ha riportato un frattura a un braccio ed ematomi su tutto il corpo.

Nonostante in Arabia Saudita sia vietato ogni tipo di protesta e non siano tollerate opinioni critiche nei confronti delle autorità, dal 2011 i parenti di persone detenute senza accusa né processo hanno iniziato a manifestare pubblicamente.

Coloro  che criticano il governo sono spesso trattenuti in isolamento senza accusa, a volte in isolamento, senza accesso agli avvocati e senza possibilità di ricorrere contro  l’illegalità della propria detenzione. Maltrattamenti e torture sono frequentemente usati per estorcere ‘confessioni’, punire il rifiuto di pentirsi o per forzarli a non criticare più il governo.

Le accuse nei loro confronti sono spesso volutamente vaghe, con l’obiettivo di comprendere condotte che non dovrebbero mai essere considerate reato, come la  ‘disobbedienza al governo’.  Le udienze dei processi si tengono sovente a porte chiuse e nel corso dei procedimenti non sono messi a disposizione né avvocati né gli atti dell’inchiesta.