Arabia Saudita, il re deve fermare l’esecuzione di una lavoratrice domestica

28 Ottobre 2010

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Amnesty International ha chiesto al re dell’Arabia Saudita di fermare l’esecuzione di una giovane donna dello Sri Lanka, dopo che un tribunale ha respinto l’appello contro la condanna a morte emessa nei suoi confronti per un omicidio commesso quando aveva 17 anni.

La sentenza emessa nei confronti di Rizana Nafeek, arrestata nel maggio 2005 con l’accusa di aver ucciso un neonato di cui si prendeva cura, è stata confermata lunedì 25 ottobre dalla Corte suprema di Riyadh.

Il verdetto è ora in attesa dell’approvazione finale da parte del re ‘Abdullah. Il presidente dello Sri Lanka Mahinda Rajapaksa ha fatto ancora una volta appello al re affinché eserciti la clemenza.

Rizana Nafeek è migrata in Arabia Saudita nel maggio 2005, per lavorare come collaboratrice domestica. Sul passaporto che ha usato, la sua data di nascita era registrata al febbraio 1982, sebbene lei affermi di essere nata in realtà sei anni dopo, nel febbraio 1988, come indica il suo certificato di nascita.

Se fosse nata nel febbraio 1988, Rizana Nafeek avrebbe avuto solo 17 anni al momento del reato per il quale è stata condannata a morte.

Rizana Nafeek non ha avuto accesso alla difesa legale durante gli interrogatori né durante il processo. Inizialmente avrebbe ‘confessato’  l’omicidio, per poi successivamente ritrattare, dichiarando che era stata obbligata a rendere la confessione sotto minaccia, in seguito a un’ aggressione fisica subita durante la detenzione .

Dopo la sentenza di primo grado, emessa il 16 giugno 2007 da un tribunale di Dawadmi, il caso è rimbalzato da una corte all’altra, fino a quando la Corte suprema ha confermato la condanna a morte lunedì 25 ottobre. La sentenza è stata ora rimessa al re; se venisse ratificata,  la ragazza sarebbe a rischio imminente di esecuzione.

Il tribunale che ha emesso la sentenza avrebbe tenuto conto dell’età indicata nel suo passaporto e non del certificato di nascita o di altre prove della sua età da considerare.

In quanto stato parte della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, l’Arabia Saudita è tenuta a non mettere a morte  persone condannate per crimini commessi quando erano minorenni.

Nel 2007 sono state messe a morte almeno 158 persone, molte delle quali di nazionalità straniera; nel 2008 almeno 102 persone, 40 delle quali straniere; nel 2009 almeno 69 persone, 19 delle quali straniere; dall’inizio del 2010, almeno 21 persone, 5 delle quali straniere.

L’Arabia Saudita applica la pena di morte per una larga serie di reati e segue procedimenti legali che non rispettano a pieno gli standard internazionali sul giusto processo. Agli imputati viene raramente concesso di essere formalmente rappresentati da un avvocato e in diversi casi non vengono informati del progresso dei procedimenti legali nei loro confronti.