Arabia Saudita, in carcere da un anno per aver provato a manifestare

9 Marzo 2012

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Un anno dopo il tentativo di svolgere anche in Arabia Saudita la ‘giornata della collera’, almeno sei uomini languono in carcere, cinque di essi senza accusa né processo.

L’11 marzo 2011 cinque soli uomini si presentarono all’ora e nel luogo fissati, nella capitale Riad, per lo svolgimento della protesta: Khaled al-Johani, Fadhel Nimr Ayed al-Shammari, Bandad Muhmmad al-Utaybi, Thamer Nawaf al-Ezi e Ahmed al-Abdul Aziz. Un sesto uomo, Muhammad al-Wad’ani, era stato precedentemente arrestato il 4 marzo.

Amnesty International ha ricevuto informazioni secondo le quali uno dei sei detenuti sarebbe stato ripetutamente legato a una sbarra d’acciaio, anche per otto ore consecutive, e picchiato. Sarebbe stato anche privato del sonno per tre giorni, e colpito da una secchiata d’acqua ogni volta che finiva per addormentarsi. Nonostante la direzione sanitaria del carcere di al-Malaz, nella capitale, abbia consigliato il suo ricovero in ospedale, si troverebbe tuttora in detenzione.

L’unico prigioniero sottoposto a processo è stato Khaled al-Johani. A febbraio è comparso di fronte alla Corte penale speciale di Riad, un tribunale istituito nel 2008 per giudicare imputati di terrorismo. Dopo la lettura delle accuse (tra cui sostegno a manifestazione, presenza sul luogo di una manifestazione, rapporti con mezzi d’informazione esteri con l’intento di danneggiare la reputazione del paese), il processo è stato aggiornato ad aprile.

Amnesty International continua a chiedere il rilascio di Khaled al-Johani e di ogni altra persona che si trovi in carcere solo per aver esercitato in modo pacifico il suo diritto alla libertà di espressione e di riunione.

Nel corso dell’ultimo anno, le forze di sicurezza saudite hanno arrestato centinaia di persone in relazione alle proteste che si sono susseguite, soprattutto nell’est del paese. La maggior parte di esse è stata rilasciata senza essere incriminata; altri restano in prigione senza accusa né processo; altri ancora sono stati incriminati per vaghe accuse relative alla sicurezza.