Arabia Saudita, ondata di esecuzioni nelle ultime sei settimane

12 Giugno 2011

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Amnesty International ha sollecitato le autorità dell’Arabia Saudita a fermare l’uso della pena di morte, dopo aver riscontrato un drammatico aumento delle esecuzioni nelle ultime sei settimane. Nei primi cinque mesi e mezzo del 2011 sono state messi a morte almeno 27 prigionieri, il totale delle esecuzioni registrato nel 2010. Quindici delle 27 esecuzioni hanno avuto luogo nel solo mese di maggio. Sono almeno 100, per lo più di origine straniera, le persone in attesa di esecuzione.

Tra loro vi sono due fratelli, Muhammad Jabber Shahbah al-Ja’id, 54 anni, e Sa’ud Jaber Shahbah al-Jaid, 47 anni, condannati a morte nel 1998 da una corte della Mecca per omicidio. La loro esecuzione è stata ratificata dal re ad aprile e potrebbe verificarsi in qualsiasi momento.

I fratelli al-Ja’id non hanno avuto rappresentanza legale durante le indagini e nel corso del processo. Uno dei due, Sa’ud Jaber Shahbah al-Ja’id, ha denunciato di aver confessato l’omicidio quando le autorità hanno arrestato l’anziano padre per mettere pressione sull’imputato.

Anche chi, come le autorità saudite, è un convinto sostenitore della pena capitale, dovrebbe riconoscere che nessuna persona dovrebbe essere messa a morte dopo un procedimento del genere‘ – ha dichiarato Philip Luther, vicedirettore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

Anche Rizana Nafeek, una migrante dello Sri Lanka attualmente ventiduenne, rischia di essere messa a morte dopo che la Corte suprema, nell’ottobre 2010, ha confermato la sua condanna. Nafeek è stata ritenuta colpevole della morte di un bambino che le era stato affidato, quando aveva 17 anni. Anche lei, ha subito gli interrogatori e il processo di primo grado senza poter essere difesa da un avvocato.

‘Abdul Hamid Bin Hussain Bin Moustafa al-Fakki, sudanese, è stato arrestato l’8 dicembre 2005 nella città di Medina da agenti del Comitato per la propaganda della virtù e la prevenzione del vizio. Era stato accusato di praticare la ‘stregoneria’ dopo che un agente del Comitato lo aveva ingannato chiedendogli di fare un incantesimo che avrebbe permesso al padre di separarsi dalla sua seconda moglie. È stato condannato a morte nel marzo 2007 a termine di un processo nel corso del quale non ha avuto assistenza legale e che si è svolto in segreto.

Cinque delle esecuzioni del 2011 hanno riguardato cittadini stranieri. Amnesty International ha più volte denunciato l’uso sproporzionato della pena di morte nei confronti di lavoratori migranti provenienti dai paesi in via di sviluppo: 76 esecuzioni su 158 nel 2007, 40 su 102 nel 2008, 19 su 69 nel 2009, 6 su 27 nel 2010.

L’Arabia Saudita applica la pena di morte per numerosi reati. È raro che gli imputati beneficino di assistenza legale e, anzi, in molti casi neanche vengono informati sul procedimento in corso nei loro confronti, che spesso può iniziare e concludersi basandosi unicamente su confessioni estorte con la forza o con l’inganno.

Firma l’appello ‘Arabia Saudita: esecuzione imminente di un uomo e una donna’

Leggi il post ‘Gli straordinari del boia nel paese dove rotolano le teste’ blog ‘Le persone e la dignità’

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