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L’Agenzia di stampa saudita ha reso noto il verdetto emesso dal Tribunale penale di Riad sull’omicidio di Jamal Khashoggi: degli 11 imputati, cinque sono stati condannati a morte e tre a pena detentiva.
“Questo verdetto costituisce un insabbiamento e non rappresenta alcuna forma di giustizia, né per Jamal Khashoggi né per i suoi cari. Il processo si è svolto a porte chiuse, senza osservatori indipendenti e senza che trapelasse alcuna informazione sullo svolgimento delle indagini e sulle procedure seguite“, ha dichiarato Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente di Amnesty International.
“La sentenza non fa luce sul coinvolgimento delle autorità saudite in quel crimine devastante né chiarisce dove si trovino i resti di Jamal Khashoggi“, ha aggiunto Maalouf.
“I tribunali sauditi sono soliti negare il diritto alla difesa ed emettere condanne a morte al termine di processi gravemente irregolari. Data la mancanza di trasparenza delle autorità saudite e l’assenza di un sistema giudiziario indipendente, solo un’indagine internazionale, indipendente e imparziale potrà dare giustizia per Jamal Khashoggi“, ha concluso Maalouf.
Nel commentare la sentenza, Amnesty International ha ricordato che nel giugno 2019 Agnes Callamard, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie e arbitrarie, aveva concluso che Khashoggi era stato vittima di “un’esecuzione extragiudiziale della quale, secondo il diritto internazionale, lo stato dell’Arabia Saudita porta la responsabilità“. Durante le sue indagini, la relatrice speciale non aveva avuto la minima collaborazione da parte delle autorità saudite.