Arresti, torture, forza illegale contro i palestinesi: Amnesty International accusa la polizia israeliana

24 Giugno 2021

©Mati Milstein/NurPhoto via Getty Images

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In una dichiarazione diffusa il 24 giugno, Amnesty International ha accusato la polizia israeliana di aver commesso, durante e dopo il confitto in Israele e a Gaza, una lunga serie di violazioni dei diritti umani ai danni dei palestinesi in Israele e a Gerusalemme Est occupata, attraverso una campagna repressiva basata su arresti di massa, uso illegale della forza contro manifestanti pacifici, maltrattamenti e torture.

Inoltre, la polizia israeliana non ha protetto i cittadini palestinesi di Israele da attacchi premeditati di gruppi di suprematisti ebraici armati, persino quando tali attacchi erano stati resi noti in anticipo e la polizia ne era o avrebbe dovuto esserne a conoscenza.

“Le prove raccolte da Amnesty International compongono un drammatico quadro di discriminazione e di uso spietato della forza da parte della polizia israeliana contro i palestinesi in Israele e a Gerusalemme Est occupata. La polizia dovrebbe proteggere tutte le persone che si trovano sotto il controllo di Israele, ebrei o palestinesi che siano. Invece, gran parte degli arresti seguiti agli scontri intercomunitari hanno riguardato palestinesi e i pochi cittadini ebrei di Israele arrestati sono stati trattati con maggiore indulgenza. I suprematisti ebraici continuano a organizzare manifestazioni e i palestinesi continuano a subire repressione”, ha dichiarato Saleh Higazi, vicedirettore di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

I ricercatori di Amnesty International hanno incontrato 11 testimoni e il Crisis Evidence Lab dell’organizzazione per i diritti umani ha esaminato 45 tra video e altri contenuti digitali per documentare oltre 20 casi di violazioni dei diritti umani commesse dalla polizia israeliana tra il 9 maggio e il 12 giugno 2021, in cui centinaia di palestinesi sono stati feriti e un ragazzo palestinese di 17 anni è stato ucciso.

 

Repressione discriminatoria

Dal 10 maggio, con l’inizio delle proteste nelle città israeliane con popolazione palestinese, sono cominciate anche le violenze fra comunità. Decine di persone sono rimaste ferite, due cittadini ebrei di Israele e uno palestinese sono stati uccisi, sinagoghe e cimiteri musulmani sono stati vandalizzati. Ad Haifa sono state distrutte 90 automobili appartenenti a palestinesi e sono state lanciate pietre contro le abitazioni di questi ultimi. A Gerusalemme Est i coloni israeliani hanno continuato a minacciare con la violenza i residenti palestinesi.

La risposta delle autorità israeliane è stata, il 24 maggio, il lancio dell’Operazione legge e ordine per, come l’hanno descritta gli organi d’informazione israeliani, “regolare i conti” con i manifestanti palestinesi e “dissuaderli” dall’organizzare ulteriori proteste.

Secondo il gruppo palestinese per i diritti umani “Mossawa”, fino al 10 giugno la polizia israeliana aveva arrestato oltre 2150 persone, più del 90 per cento delle quali erano cittadini palestinesi di Israele o residenti a Gerusalemme Est, ed erano state aperte 184 indagini nei confronti di 285 persone. Un’altra organizzazione per i diritti umani, “Adalah”, ha riportato una dichiarazione rilasciata il 27 maggio da un rappresentante della procura israeliana, secondo il quale i cittadini ebrei di Israele sotto indagine erano solo 30.

Nella maggior parte dei casi, secondo il Comitato per i cittadini arabi di Israele, i palestinesi sono stati arrestati per reati quali “offesa o aggressione a un agente di polizia” o “partecipazione a un raduno illegale” più che per atti di violenza contro persone o proprietà private.

 

Uso illegale della forza contro i manifestanti

Amnesty International ha documentato l’uso non necessario ed eccessivo della forza da parte della polizia israeliana per disperdere le manifestazioni palestinesi contro gli sgomberi forzati previsti a Gerusalemme Est occupata e contro l’offensiva su Gaza. Le proteste sono state per lo più pacifiche, anche se una minoranza ha attaccato la polizia lanciando pietre.

Le testimonianze oculari raccolte e i video verificati da Amnesty International hanno confermato che il 9 maggio, nel quartiere di Haifa denominato Colonia tedesca, circa 50 persone che stavano manifestando pacificamente e senza mettere in atto la minima provocazione sono state attaccate e in alcuni casi picchiate da agenti della polizia israeliana.

Il 12 maggio a Umm el-Fahem, nel nord d’Israele, il 17enne Muhammad Mahmoud Kiwan è stato colpito da un proiettile esploso da un agente di polizia israeliano mentre era seduto all’interno di un’automobile a poca distanza da una manifestazione. È deceduto una settimana dopo. Quello stesso giorno a Nazareth la polizia ha disperso senza preavviso una protesta pacifica di circa 40 palestinesi, aggredendone alcuni.

Il 18 maggio la 15enne Jana Kiswani è stata raggiunta da un colpo di pistola alla schiena mentre stava entrando a casa, nel quartiere di Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est occupata. Poche ore prima si era svolta una manifestazione proprio davanti alla sua abitazione. Ha riportato fratture alle vertebre e non è certo se potrà riprendere a camminare. Le immagini verificate da Amnesty International mostrano la ragazza cadere in terra dopo essere stata colpita alla schiena.

Invece, le manifestazioni dei suprematisti ebraici sono andate e vanno avanti senza problemi. Il 15 giugno migliaia di israeliani hanno marciato provocatoriamente attraverso i quartieri palestinesi di Gerusalemme Est.

 

Violenze, maltrattamenti e torture 

Tra le storie descritte da Amnesty International c’è quella di Ibrahim Souri, raggiunto da un proiettile al volto – probabilmente un KIP di 40 millimetri di calibro – il 9 maggio mentre, dal balcone di casa, stava riprendendo un pattugliamento della polizia nella città di Jaffa. Ha riportato fratture alle ossa facciali.

Amnesty International ha anche documentato casi di torture, come quelle praticate il 12 maggio nella stazione di polizia del Russian Compound di Nazareth. Secondo le testimonianze raccolte, un gruppo di agenti delle forze speciali ha preso a bastonate e a calci otto prigionieri che erano stati arrestati nel corso di una protesta.

L’avvocato di Ziyad Taha, un manifestante palestinese arrestato il 14 maggio vicino Haifa, ha riferito che, all’interno del centro di detenzione di Kishon, il suo cliente è stato legato braccia e gambe a una sedia e privato del sonno per nove giorni.

 

Mancata protezione dagli attacchi dei suprematisti ebraici

La polizia israeliana non ha protetto i palestinesi dagli attacchi organizzati da parte di gruppi di suprematisti ebraici armati, i cui progetti erano stati spesso resi noti anzitempo.

Amnesty International ha verificato 29 messaggi testuali e vocali su canali pubblici di Telegram e WhatsApp, dai quali è emerso come queste applicazioni siano state utilizzate per reclutare uomini armati e organizzare attacchi contro i palestinesi, tra il 10 e il 21 maggio, nelle città con popolazione ebraica e araba come Haifa, Acri, Nazareth e Lod.

I messaggi comprendevano istruzioni su dove e quando radunarsi e sulle armi da portare e persino dettagli sull’abbigliamento in modo da evitare di confondere ebrei di origine mediorientale con arabi palestinesi. I membri delle applicazioni si scambiavano selfie con le armi in pugno e messaggi come “Stanotte non siamo ebrei, stanotte siamo nazisti”.

Il 12 maggio centinaia di suprematisti ebraici si sono riuniti sulla passeggiata di Bat Yam dopo aver ricevuto messaggi dal partito politico “Potere ebraico” e da altri gruppi. Le immagini verificate da Amnesty International mostrano decine di persone mentre assaltano negozi di palestinesi e incoraggiano altri ad attaccare. Un palestinese di nome Said Musa è stato picchiato e investito da con un motorino. Per questo episodio, solo sei israeliani sono sotto inchiesta.

Anche rappresentanti politici e del governo hanno incitato alla violenza. Tra questi il deputato Itamar Ben-Gvir, di “Potere ebraico”, che ha incitato i suoi sostenitori a recarsi a Lod e in altre città e invocato l’uccisione di chi lanciava pietre, e il sindaco di Lod, Yair Revivo, che ha descritto gli eventi in corso in città come un pogrom contro gli ebrei. Gli arresti di quattro sospetti per l’uccisione di un palestinese di nome Musa Hassuna sono stati descritti dal ministro per la Sicurezza pubblica Amir Ohana “un fatto terribile”: dopo tre giorni sono stati rimessi in libertà su cauzione.

“Il fatto che cittadini ebrei di Israele, anche noti, abbiano potuto incitare apertamente alla violenza contro i palestinesi senza subire conseguenze descrive il livello di discriminazione istituzionalizzata ai danni dei palestinesi ed evidenzia l’urgente bisogno di protezione da parte di questa comunità”, ha dichiarato Molly Malekar, direttrice di Amnesty International Israele.