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“Hanno fatto di tutto per spaventarmi. Se la sono presa persino con le mie due figlie e ho dovuto mandarle all’estero. A volte bisogna pagare un prezzo insopportabile per le cose in cui credi“.
Si è spenta domenica 11 febbraio a Lahore l’avvocata pakistana Asma Jahangir.
Per decenni, Asma si è battuta, spesso correndo grandi rischi personali, per i diritti dei gruppi più svantaggiati del suo paese: le donne, i bambini, le minoranze religiose, i giornalisti, le vittime delle sparizioni e del lavoro forzato.
A 18 anni lanciò una campagna per la scarcerazione di suo padre, Malik Ghulam Jilani, arrestato dalla giunta militare del generale Yahya Khan, ottenendo una storica sentenza della Corte suprema.
Fondatrice insieme alla sorella Hina Jilani del primo studio legale di sole donne di Lahore, Asma fu tra le promotrici del Forum di azione delle donne. Nel 1983, fu arrestata per la prima volta, per aver osato sfidare un decreto del generale Zia ul-Haq che discriminava le donne.
In seguito, nel 2007, venne nuovamente arrestata e posta agli arresti domiciliari sotto il regime del generale Pervez Musharraf.
Nel 2010 è stata la prima donna a essere eletta presidente dell’associazione degli avvocati della Corte suprema.
Ma il suo lavoro per i diritti umani non si è limitato solo al Pakistan. Per tre volte è stata relatrice speciale delle Nazioni Unite: sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie e arbitrarie; sulla libertà di religione e di pensiero; infine, sull’Iran.
Fino al giorno della sua morte, Asma Jahangir ha fatto parte del gruppo di consulenti di Amnesty International per la regione Asia – Pacifico.
“L’improvvisa morte di Asma Jahangir è una perdita non solo per il Pakistan ma per tutto il movimento globale per i diritti umani. Ci lascia una potente eredità, che onoreremo continuando a dare voce a chi non ha voce“, ha commentato il segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty.