Credit: Los Angeles Times
Tempo di lettura stimato: 9'
Continuano ad aumentare le vittime civili della guerra aerea segreta delle forze militari statunitensi in Somalia.
In base alle prove che abbiamo raccolto, solo nel mese di febbraio, il Comando Usa in Africa (Africom) ha ucciso due civili e ne ha feriti tre nel corso di due raid aerei. A seguito di entrambi gli attacchi, l’Africom ha pubblicato dei comunicati stampa in cui viene riportata l’uccisione di un “terrorista” di al-Shabaab, senza presentare la minima prova dei presunti collegamenti della vittima al gruppo armato.
“Stiamo raccogliendo le prove e sono piuttosto schiaccianti. L’Africom non solo ha completamente fallito nella sua missione di segnalare le vittime civili in Somalia, ma sembra anche non curarsi della sorte delle numerose famiglie che ha distrutto“, ha dichiarato in una nota ufficiale Deprose Muchena, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale.
Africom ha condotto centinaia di incursioni aeree durante la decennale lotta contro il gruppo armato al-Shabaab, ma ha ammesso di aver ucciso civili solo in un unico attacco avvenuto esattamente due anni fa – ammissione dovuta alle nostre attività di ricerca e pressione.
“Abbiamo documentato caso dopo caso l’inasprimento della guerra aerea degli Usa in Somalia, dove l’Africom pensa di poter semplicemente etichettare le vittime civili come “terroristi” senza porsi alcuna questione. Ciò è inconcepibile; le forze militari americane devono cambiare strada, cercare la verità e chiarire le responsabilità di questi casi, coerentemente con gli obblighi previsti dal diritto umanitario internazionale (leggi di guerra)“, ha aggiunto Deprose Muchena.
In base alle ricerche condotte, non abbiamo trovato alcuna prova che indichi che le persone uccise o ferite negli attacchi di febbraio fossero membri di al-Shabaab o che avessero qualche tipo di coinvolgimento diretto nelle ostilità. Abbiamo ascoltato familiari, membri della comunità e colleghi delle vittime; analizzato immagini satellitari, prove fotografiche e video della scena degli attacchi e identificato le munizioni statunitensi utilizzate.
Il 2 febbraio, alle 20.00 circa, un’arma lanciata dall’alto, probabilmente una GBU-69/B Small Glide Munition statunitense con testata da 16 chilogrammi, ha colpito l’abitazione di una famiglia composta da cinque persone riunita a cena nella città di Jilib, nella regione somala della Middle Juba. Nurto Kusow Omar Abukar, una ragazza di 18 anni, è stata colpita alla testa da un pesante frammento metallico della munizione ed è rimasta uccisa sul colpo. L’attacco ha anche ferito due sorelle minori della vittima, Fatuma e Adey, 12 e sette anni, e la loro nonna, Khadija Mohamed Gedow, di circa 70 anni.
Il padre delle ragazze, Kusow Omar Abukar, contadino cinquantenne che si trovava in casa durante il raid, ha descritto l’attacco ai nostri ricercatori: “Non avrei mai immaginato che avrebbe colpito noi. All’improvviso, ho sentito un forte rumore, sembrava che la casa fosse crollata… Avevo gli occhi pieni di polvere e fumo“.
Durante il pomeriggio del 24 febbraio un missile Hellfire proveniente da un altro attacco aereo statunitense ha colpito la fattoria Masalanja vicino al villaggio di Kumbareere, 10 chilometri a nord di Jilib, provocando l’uccisione di Mohamud Salad Mohamud, 53 anni, coltivatore di banane e responsabile della sede di Jilib per Hormuud Telecom, che ha lasciato la moglie e otto figli.
Un alto funzionario della Hormuud ha espresso la propria incredulità per il fatto che Mohamud Salad Mohamud fosse stato l’obiettivo, in considerazione della sua passata attività con organizzazioni umanitarie internazionali e perché era stato fermato più volte da parte di al-Shabaab: “Quando ho saputo della sua morte, ho pensato che fosse stato ucciso da al-Shabaab. Non avrei mai immaginato potesse essere ucciso dal governo somalo o statunitense. È davvero strano, non me lo spiego“.
Questi due raid aerei fanno parte di una serie di 20 attacchi di rappresaglia che le forze statunitensi hanno condotto in Somalia dopo l’assalto di al-Shabaab a una base aerea Usa a Manda Bay, in Kenya, all’inizio di gennaio. Il comandante di Africom, il generale statunitense Stephen Townsend, ha promesso di “cercare senza sosta i responsabili” dell’attacco, che aveva provocato la morte di un soldato e due contractor statunitensi e distrutto cinque velivoli, tra i quali due speciali aerei spia di grande valore.
“Niente può giustificare il disprezzo delle leggi di guerra. Qualsiasi risposta del governo somalo o statunitense agli attacchi di al-Shabaab deve distinguere tra combattenti e civili e prendere ogni possibile precauzione per evitare danni ai civili“, ha dichiarato Abdullahi Hassan, ricercatore di Amnesty International per la Somalia.
Le ultime famiglie dei civili vittime nella regione del Medio Juba si sommano ai tanti altri civili somali che hanno perso i propri cari a causa di attacchi aerei statunitensi ma che a oggi non hanno ottenuto alcun chiarimento di responsabilità o riparazione.
Un attacco aereo statunitense che il 1° aprile 2018 ha colpito un veicolo che giungeva da El Bur, a nord di Mogadiscio, costituisce un esempio significativo.
A poco più di un anno, AFRICOM ha amesso pubblicamente che l’attacco aveva causato la morte di una donna e di un bambino: sono le uniche vittime civili riconosciute, in una guerra aerea in Somalia che dura da oltre un decennio. Nonostante la famiglia delle vittime di questo attacco avesse contattato l’ambasciata degli Usa a Mogadiscio nel mese di aprile dello scorso anno, fino a ora né l’ambasciata né l’Africom si sono messi in comunicazione con loro per offrire una riparazione.
Solo nei primi tre mesi del 2020, le forze statunitensi hanno condotto complessivamente 31 attacchi aerei in Somalia, secondo il gruppo di monitoraggio Airwars. Si tratta del doppio del 2019, quando Africom aveva lanciato 63 attacchi nel paese.
Dalla relazione pionieristica di Amnesty International del marzo 2019 La guerra nascosta degli Usa in Somalia, l’organizzazione ha condotto indagini approfondite su otto raid aerei statunitensi che hanno causato la morte di civili nelle regioni somale del Basso Shabelle e del Medio Juba. Insieme all’attacco di El Bur, complessivamente i raid hanno causato la morte di 21 civili e il ferimento di 11. In ogni caso, Africom non si è messa in contatto con le famiglie delle vittime.
“Non dovrebbe essere permesso alle forze militari statunitensi di continuare a dipingere le vittime civili dei loro attacchi come “terroristi’ mentre abbandonano le famiglie nel dolore. Resta ancora molto da fare per arrivare alla verità e per portare i responsabili degli attacchi statunitensi che hanno causato la morte di così tanti civili somali a risponderne davanti la giustizia; alcuni di questi attacchi sembrano rappresentare violazioni del diritto umanitario internazionale“, ha concluso Abdullahi Hassan.
Dopo la pubblicazione della nostra denuncia, Africom ha diffuso questa dichiarazione.
Africom si è impegnato a pubblicare ogni tre mesi un rapporto sullo stato d’avanzamento delle indagini interne sulle denunce di vittime civili.
“Siamo di fronte a un passo avanti importante verso l’accertamento della verità e l’assunzione delle responsabilità da parte delle autorità militare Usa. Peccato ci sia voluto oltre un decennio“, ha dichiarato Deprose Muchena, direttore di Amnesty International per l’Asia orientale e meridionale.