Archivio privato
Tempo di lettura stimato: 2'
Salma al-Shehab, attivista per i diritti delle donne dell’Arabia Saudita, è stata condannata da un tribunale antiterrorismo a 34 anni di carcere, seguiti da 34 anni di divieto di viaggio. Il processo d’appello ha più che decuplicato la condanna a tre anni emessa nel primo grado di giudizio.
Si tratta della più lunga condanna emessa nei confronti di un’attivista per i diritti delle donne, un ulteriore segnale dell’escalation della politica del pugno di ferro contro il dissenso pacifico portata avanti dal principe della corona saudita Mohamed bin Salman.
Madre di due figli di cinque e sette anni, al-Shehab era stata arrestata nel gennaio 2021 mentre si trovava in vacanza nel suo paese. Pochi giorni dopo avrebbe dovuto prendere il volo di ritorno per il Regno Unito, dove risiedeva e dove era candidata a un dottorato presso l’Università di Leeds.
Nel processo di primo grado, i “reati” commessi da al-Shebab hanno consistito nella pubblicazione di post su Twitter, con cui chiedeva il rispetto dei diritti umani e la scarcerazione di un’altra attivista, Loujain al-Hathloul, poi scarcerata il 10 febbraio 2021.
Per giustificare lo spropositato aumento della pena nel processo di secondo grado, il giudice del tribunale antiterrorismo ha stabilito che al-Shebab “appoggiava coloro che cercano di causare disordini e di destabilizzare la sicurezza nazionale”. In che modo? Sempre attraverso Twitter: seguendo i loro account e rilanciando i loro post.