Tempo di lettura stimato: 2'
Zaar Hamad al-Mutiry ha 50 anni ed è un ex diplomatico dell’Arabia Saudita.
Nel 2003, mentre lavorava all’ambasciata saudita in Olanda, riferì al suo governo che quella sede diplomatica era sospettata di finanziare gruppi terroristi. Invece d’indagare sulla sua segnalazione, le autorità saudite lo licenziarono.
Al-Mutiry decise allora di rendere pubblica la sua denuncia. Il governo olandese, nel 2004, gli concesse asilo politico.
Due anni dopo, secondo il suo racconto, venne rapito insieme al figlio da uomini in borghese. I due, caricati su altrettante automobili, furono trasportati a Bruxelles, in Belgio. Gli dissero che se voleva che suo figlio venisse liberato, avrebbe dovuto partire immediatamente per l’Arabia Saudita. Non ebbe scelta.
All’arrivo in patria, fu arrestato e trattenuto per sei mesi in un carcere della Direzione generale per le indagini, subendo l’isolamento e la tortura, prima di essere rilasciato col divieto di espatrio.
L’11 agosto 2011, al-Mutiry ha violato il divieto fuggendo in Qatar.
Da allora, la sua presenza nell’emirato è stata un costante motivo d’imbarazzo. Le pressioni saudite sono diventate sempre più forti, fino a quando il 2 gennaio di quest’anno il ministero dell’Interno del Qatar gli ha formalmente intimato di lasciare il paese entro le successive 48 ore.
A seguito delle pressioni di Amnesty International, le autorità del Qatar hanno sospeso l’ordine di espulsione e, grazie all’aiuto del Comitato nazionale per i diritti umani in Qatar, al-Mutiry è riuscito a lasciare il paese e a riparare in Marocco.