Azerbaigian: la situazione dei diritti umani non è ancora un circuito sicuro per la Formula 1

15 Giugno 2016

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In un documento diffuso oggi alla vigilia del primo Gran premio di Formula 1 di Baku, Amnesty International ha dichiarato che la comunità internazionale non deve lasciarsi ingannare dai tentativi di facciata delle autorità dell’Azerbaigian di mettere a posto la situazione dei diritti umani, che rimane disastrosa.

“L’arrivo dell’automobilismo mondiale a Baku non deve deviare l’attenzione dall’assalto del governo dell’Azerbaigian alla società civile del paese” – ha dichiarato Denis Krivosheev, vicedirettore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.

“Al di là dello sfarzo, la realtà quotidiana è che le autorità chiudono le organizzazioni non governative e arrestano e minacciano i loro dirigenti” – ha proseguito Krivosheev.

Dall’inizio del 2016, di fronte alla diminuzione delle entrate petrolifere e all’aumentata pressione internazionale, le autorità azere hanno rilasciato alcune decine di prigionieri, tra cui la pluripremiata giornalista investigativa Khadija Ismayilova e altri 11 prigionieri di coscienza.

Questi rilasci, sebbene ampiamente apprezzati a livello internazionale, non hanno risolto alcuno dei problemi di lunga data sui diritti umani né hanno significato la fine degli arresti con accuse pretestuose nei confronti di chi critica il governo.

“Il recente rilascio di dirigenti di organizzazioni non governative e di attivisti non dovrebbe indurre a pensare che a Baku la direzione del vento sia cambiata. Le persone rilasciate non hanno maggiore libertà di parola rispetto a quando erano in carcere. Le loro celle vuote sono state riempite da altri– ha sottolineato Krivosheev.

Una lunga strada da fare Secondo Amnesty International, i prigionieri di coscienza sono almeno 14 ma il numero reale potrebbe essere molto superiore. Dalle ricerche diffuse oggi dall’organizzazione per i diritti umani emerge un’ondata di nuovi arresti con accuse prefabbricate nei confronti di chi critica il governo e dei familiari di dissidenti che vivono all’estero.

Il 10 maggio Bayram Mammadov e Giyas Ibrahimov, due giovani attivisti, sono stati arrestati con accuse inventate di reati di droga. Il giorno prima avevano postato la foto di una statua dell’ex presidente Heydar Aliyev su cui erano state scritte proteste politiche. Attraverso i loro avvocati, i due imputati hanno denunciato che la droga di cui erano stati trovati in possesso gli era stata messa addosso dalla polizia. Se condannati, rischiano fino a 12 anni di carcere.

Alcune delle persone rilasciate di recente, tra cui esponenti di primo della società e di organizzazioni non governative, rischiano fortemente di essere nuovamente arrestati. Inoltre, è stato loro impedito di tornare alle loro attività.

Intigam Aliyev, direttore di un’organizzazione non governativa che difende le vittime della persecuzione e rappresentante delle stesse presso la Corte europea dei diritti umani fino all’agosto 2014, quando fu arrestato, era stato condannato a sette anni e mezzo di carcere per accuse inventate di evasione fiscale, impresa illegale e abuso di potere. Rilasciato il 28 marzo 2016, non può lasciare il paese senza un’autorizzazione specifica. Il suo conto bancario è stato congelato e la sua organizzazione resta chiusa.

“L’Azerbaigian è noto per usare eventi di livello internazionale come una cortina fumogena per nascondere le sue politiche repressive alimentate dal petrolio. Cosa c’è di meglio della Formula 1? Non dev’essere permesso ai suoi rumorosi e inebrianti gas di scappamento di sovrastare il soffocato grido di dolore dei difensori dei diritti umani dell’Azerbaigian sotto assedio” – ha concluso Krivosheev.