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Rafiq Tagi, noto scrittore dell’Azerbaigian, è morto il 23 novembre in ospedale dopo quattro giorni di agonia. Era stato accoltellato nella capitale Baku da uno sconosciuto il 19 novembre. Prima di morire, ha dichiarato in un’intervista di ritenere che l’aggressione fosse stata organizzata da qualcuno che ce l’aveva coi suoi articoli, in particolare con uno intitolato ‘L’Iran e l’inevitabilità della globalizzazione’, pubblicato sul portale www.kulis.az l’11 novembre, critico nei confronti delle autorità iraniane.
Tagi era stato oggetto di una fatwa (editto religioso) da parte del Grande ayatollah Fazel Lankarani, che nel novembre 2006 aveva invitato a uccidere lo scrittore, dopo che questi aveva pubblicato un articolo in cui affermava di preferire la cristianità all’islam e che l’identità azera doveva essere considerata vicina a quella europea, da un punto di vista etico e filosofico.
La fatwa del Grande ayatollah Lankarani, diretta anche contro il direttore del quotidiano, Samir Sadaqatoglu, era stata appoggiata dall’ayatollah Morteza Bani Fazi e dall’ayatollah Mohsen Mojtahed Shabestari. Anche secondo loro, uccidere Tagi era ‘necessario’.
L’articolo in questione era anche costato a Tagi e a Sadaqatoglu, nel maggio 2007, una condanna rispettivamente a tre e a quattro anni di carcere per incitamento all’odio nazionale, religioso o razziale. Nel dicembre dello stesso anno i due uomini, nel frattempo adottati da Amnesty International come prigionieri di coscienza, erano stati graziati dal presidente dell’Azerbaigian.
Il 28 novembre, l’ayatollah Mohammad Javad Lankarani, figlio del Grande ayatollah autore della fatwa, nel frattempo defunto, ha pubblicato sul suo sito parole di congratulazioni per l’omicidio di Rafiq Tagi, ricordando la fatwa emessa dal padre.