Bagno di sangue contro i copti: l’esercito egiziano dia spiegazioni

12 Ottobre 2011

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Amnesty International ha sollecitato il Consiglio supremo delle forze armate a spiegare come mai una manifestazione contro la discriminazione religiosa sia finita in un bagno di sangue, che domenica 9 ottobre 2011 al Cairo ha causato almeno 25 morti e oltre 200 feriti.

L’organizzazione per i diritti umani pretende di sapere chi abbia dato l’ordine di inseguire e investire i manifestanti coi blindati lanciati a tutta velocità nelle strade del Cairo; se la polizia militare e le altre forze di sicurezza non hanno ricevuto ordini del genere, la domanda riguarda la loro capacità di gestire l’ordine pubblico nel corso delle manifestazioni.

Amnesty International chiede al Consiglio supremo delle forze armate di istruire le forze di sicurezza a non usare forza eccessiva e di avviare immediatamente un’inchiesta indipendente.

Lunedì 11 ottobre il Consiglio supremo delle forze armate ha chiesto l’istituzione di una commissione di accertamento dei fatti, mentre la Procura generale ha disposto l’arresto di 21 persone in attesa di ulteriori indagini. Secondo fonti militari, a innescare la reazione delle forze di sicurezza sarebbero stati ‘provocatori’ del disciolto Partito democratico nazionale dell’ex presidente Mubarak.

I medici dell’Ospedale copto del Cairo hanno riferito ad Amnesty International che i corpi dei manifestanti uccisi presentavano segni di proiettili e fratture causate dal deliberato investimento da parte dei blindati dell’esercito.

Amnesty International si è detta inoltre preoccupata per il comportamento della televisione di stato, che ha incitato gli egiziani a sostenere e ‘difendere’ le forze armate dagli attacchi dei manifestanti.

Gli studi di due emittenti televisive che stavano facendo la cronaca delle proteste in modo evidentemente diverso, 25TV e Al Hurra, sono stati oggetto di un’irruzione dei militari.

I copti costituiscono il dieci per cento della popolazione e subiscono una discriminazione ufficiale, che comprende la negazione di luoghi di culto. Le proteste del 9 ottobre erano scaturite da un attacco contro una chiesa copta nella provincia di Assuan il 30 settembre. Secondo le autorità locali, la chiesa era stata costruita senza permesso.

Dopo gli scontri interreligiosi di maggio e giugno, il governo aveva annunciato l’introduzione di una legge sui luoghi di culto insieme all’intenzione di riaprire, dopo un esame della situazione, tutte le chiese precedentemente chiuse. La legge non è mai entrata in vigore e solo il 10 ottobre il governo ha annunciato che sarà emanata entro due settimane.