Tempo di lettura stimato: 9'
In un nuovo rapporto diffuso oggi, Amnesty International ha affermato che la risposta del governo del Bahrein alle conclusioni di una commissione d’inchiesta internazionale sono risultate inadeguate, mentre proseguono le violazioni dei diritti umani.
Nel rapporto di 58 pagine, intitolato ‘Bahrein: riforme mancate e assenza di giustizia per i manifestanti’, Amnesty International ha messo in evidenza come le riforme non abbiano dato giustizia alle vittime delle violazioni dei diritti umani, nonostante il governo avesse insistito nel dire che la lezione del febbraio e del marzo 2011 sarebbe stata appresa.
‘Mentre gli occhi del mondo sono puntati sul Bahrein che si prepara a ospitare il Gran premio di Formula 1, è bene che nessuno s’illuda che la crisi dei diritti umani è passata’ – ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
‘Le autorità stanno cercando di mostrare un paese avviato sul cammino delle riforme, ma continuiamo a ricevere notizie di torture e di uso eccessivo e non necessario della forza contro i manifestanti. Le riforme hanno solo scalfito la superficie’ – ha aggiunto Sahraoui.
‘Le notevoli risorse finanziarie investite nelle consulenze di esperti internazionali sulle riforme andranno perse se il governo non mostrerà una reale volontà politica di prendere decisioni difficili come, in particolare, chiamare a rispondere del loro operato gli alti dirigenti delle forze di sicurezza accusati di violazioni dei diritti umani, liberare i prigionieri di coscienza e affrontare la discriminazione subita dalla maggioranza sciita della popolazione’ – ha proseguito Sahraoui.
Dopo la pubblicazione, lo scorso novembre, del rapporto della Commissione indipendente d’inchiesta del Bahrein (Bici), conosciuta come la ‘Commissione Bassiouni’, Amnesty International ha concluso che, nonostante alcune riforme istituzionali e di altro genere, la risposta complessiva del governo è stata inadeguata.
Assenza di responsabilità
Il governo aveva promesso di chiamare a rispondere del loro operato gli appartenenti alle forze di sicurezza responsabili di violazioni dei diritti umani contro i manifestanti e aveva istituito a tale scopo un dipartimento speciale. Questo ufficio, tuttavia, manca d’indipendenza e d’imparzialità.
Nessun alto dirigente delle forze di sicurezza, comprese l’Agenzia per la sicurezza nazionale e le Forze di difesa del Bahrein, è stato chiamato a rispondere del suo operato. Si ritiene che diversi agenti delle forze di sicurezza accusati di aver commesso torture contro i manifestanti nell’ultimo anno siano ancora al loro posto, senza essere stati sottoposti a indagini.
Persino gli otto poliziotti, due dei quali cittadini bahreiniti, incriminati per la morte di manifestanti non sono stati sospesi e rimangono in servizio presso il ministero dell’Interno mentre l’inchiesta va avanti.
Prigionieri di coscienza
Decine di prigionieri, condannati a lunghe pene detentive al termine di processi iniqui celebrati dalle corti marziali, non sono stati rilasciati, nonostante fossero colpevoli solo di aver diretto o preso parte a manifestazioni antigovernative senza usare né invocare violenza.
Il caso più importante riguarda 14 esponenti dell’opposizione arrestati nel marzo e aprile 2011. Il verdetto d’appello è previsto il 23 aprile. Diversi dei prigionieri sono stati torturati dopo l’arresto. In primo grado sono stati giudicati colpevoli di vari reati tra cui ‘costituzione di gruppi che seminano il terrore per rovesciare il governo del re’. Alcuni di essi avevano pubblicamente chiesto la fine della monarchia e la sua sostituzione con un governo repubblicano ma non hanno mai usato né invocato violenza.
Uno di essi, l’attivista per i diritti umani Abdulhadi al-Khawaja, è in sciopero della fame da oltre due mesi per protestare contro la sua ingiusta detenzione. Amnesty International ha appreso che le sue condizioni fisiche sono critiche.
A dicembre, il procuratore generale aveva ordinato il ritiro delle imputazioni relative alla libertà d’espressione. In realtà, ben pochi detenuti hanno beneficiato del provvedimento, poiché la vasta maggioranza di essi è stata incriminata per reati di natura diversa, come la ‘partecipazione a raduno illegale di oltre cinque persone’.
Continue violazioni dei diritti umani da parte della polizia in mezzo alle riforme
Dopo la pubblicazione del rapporto della ‘Commissione Bassiouni’, il governo ha introdotto un nuovo codice di condotta per gli agenti delle forze di sicurezza, istituito un nuovo dipartimento nel ministero dell’Interno per indagare sulle denunce contro la polizia e avviato un programma di formazione per i poliziotti.
In pratica, tuttavia, secondo Amnesty International, l’operato delle forze di sicurezza resta in larga misura inalterato. Sebbene l’uso delle armi da fuoco sia diminuito dalla fine del 2011, esse continuano ad affrontare i manifestanti ricorrendo a una forza eccessiva e non necessaria, soprattutto coi gas lacrimogeni che negli ultimi mesi hanno causato la morte di diverse persone. Dal febbraio 2011, sono almeno 60 le persone uccise nel contesto delle proteste.
Amnesty International è consapevole del fatto che in talune occasioni le forze di sicurezza devono affrontare comportamenti violenti, come il lancio di molotov contro gli agenti o i loro veicoli. Tuttavia, le forze di sicurezza devono rispettare le norme e gli standard del diritto internazionale in materia di diritti umani.
Amnesty International ha ricevuto resoconti secondo i quali, mentre le riforme nel campo della polizia venivano assai sbandierate, persone in stato d’arresto venivano sottoposte a maltrattamenti e torture in luoghi di detenzione non ufficiali, compresi edifici governativi non più in uso, veicoli della polizia e spazi aperti.
Hassan ‘Oun, uno studente di 18 anni arrestato da poliziotti in borghese il 3 gennaio nella zona di ‘Arad, è stato portato alla stazione di polizia di Samaheej per interrogatori. Secondo quanto riferito ad Amnesty International dai familiari, il giorno dopo l’arresto il suo avvocato ha riscontrato segni di tortura sul suo corpo e una gamba gonfia: il ragazzo ha riferito di essere stato costretto a stare in piedi per 11 ore di seguito, picchiato sulle piante dei piedi con un tubo di gomma e minacciato di stupro.
L’Ufficio del procuratore generale ha deciso di trattenere in carcere Hassan ‘Oun per 45 giorni e poi lo ha incriminato per ‘raduno illegale’. Nel 2011 era stato già in carcere per aver preso parte alle proteste contro il governo.
Richieste di cambiamento
Amnesty International chiede al governo del Bahrein di rilasciare immediatamente e senza condizioni tutti i prigionieri di coscienza e assicurare che tutti coloro che sono sospettati di torture e uccisioni, comprese le persone con responsabilità di comando, siano chiamati a rispondere del loro operato.
‘L’istituzione della Commissione indipendente d’inchiesta del Bahrein era stato un fatto importante e aveva fatto sperare che le cose sarebbero andate in modo diverso. Invece, a cinque mesi dalla pubblicazione del rapporto della Commissione, un reale cambiamento deve ancora materializzarsi. È giunto il momento che il governo del Bahrein traduca in azioni concrete i suoi annunci pubblici’ – ha concluso Sahraoui.
Scarica il rapporto in inglese ‘Bahrein: riforme mancate e assenza di giustizia per i manifestanti’
FINE DEL COMUNICATO Roma, 17 aprile 2012
Per approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it