Bahrein, repressione e vuote promesse prima del Gran premio di Formula 1

16 Aprile 2013

Tempo di lettura stimato: 6'

Mentre si accendono i riflettori sul Bahrein con l’avvicinarsi del Gran premio di Formula 1, Amnesty International ha messo in guardia sull’alto rischio che le tattiche repressive dello scorso anno – quando un manifestante venne ucciso dalle forze di sicurezza – vengano replicate e persino inasprite.

Al culmine di una settimana di manifestazioni, si prevede che l’intensità delle proteste raggiunga quella del Gran premio del 2012. Nelle ultime due settimane vi sono stati scontri tra manifestanti e forze di sicurezza e gli attivisti per i diritti umani hanno segnalato decine di arresti.

‘I due anni trascorsi in Bahrein dall’inizio della rivolta sono stati un continuo di uccisioni, arresti arbitrari e denunce di torture. Le autorità stanno cercando di usare il Gran premio come cassa di risonanza per mostrare i passi avanti e rivendicare il miglioramento della situazione dei diritti umani, mentre intensificano la repressione affinché niente disturbi l’immagine pubblica’ – ha affermato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

‘Non vediamo altro che repressione e atti simbolici privi di effetti concreti se non quello di ripulire l’immagine del paese. Le famiglie aspettano giustizia per i parenti uccisi, i leader dell’opposizione restano in prigione e minorenni sono incarcerati e processati in base alla legge antiterrorismo’ – ha sottolineato Sahraoui.

La maggior parte delle proteste viene proibita e dispersa con la forza, compreso l’irresponsabile uso dei gas lacrimogeni.

Secondo gli attivisti locali per i diritti umani, da quando due settimane fa sono cominciate le proteste agenti delle forze di sicurezza in borghese hanno eseguito almeno 50 arresti. Uno degli arrestati, Hussain Abdul Amir è stato prelevato dalla sua casa di Dar Kulaib nella notte tra il 2 e il 3 aprile. Solo nove giorni dopo, il 12 aprile, la sua famiglia ha appreso che è detenuto nella prigione di Dry Dock.

‘Le autorità bahreinite sostengono che il paese è impegnato nelle riforme per i diritti umani. Sta a loro l’onere di dimostrarlo: rilasciando immediatamente i prigionieri di coscienza,  consentendo ai manifestanti di esercitare in modo pacifico i loro diritti e permettendo l’accesso senza restrizioni alle Organizzazioni non governative e ai giornalisti per monitorare la situazione in occasione del Gran premio. Nonostante le smentite degli organizzatori del Gran premio, c’è un aspetto riguardante i diritti umani negli eventi sportivi’ – ha concluso Sahraoui.

Ulteriori informazioni:

delle 96 indagini ufficiali su morti in custodia e durante le proteste dal 2011, 46 sono state chiuse per mancanza di prove o perché si è ritenuto che il decesso sia  stato causato da ‘un atto di legittima autodifesa”;
nella maggior parte dei casi, le famiglie non sono state avvisate della chiusura delle indagini, non hanno ricevuto spiegazioni e non sanno se potranno ricorrere in appello;
a febbraio, durante le manifestazioni del secondo anniversario della rivolta del 2011, due persone sono state uccise dalle forze di polizia;
il 14 aprile il ministero degli Interni ha riferito che i manifestanti hanno causato l’esplosione di un’auto usando una bombola di gas – i media e gli attivisti bahreiniti affermano che questo è il terzo episodio del genere. Finora, non risultano danni a persone;
l’11 aprile, la Società nazionale islamica Al Wefaq, il maggiore gruppo di opposizione, ha annunciato una settimana di proteste con lo slogan ‘la democrazia è un nostro diritto’. Il 14 aprile centinaia di persone sono scese in strada e si prevedono ulteriori manifestazioni nel resto della settimana;
la famiglia del 36enne Salah Abbas Habib Ahmad Mousa, colpito a morte dalle forze di sicurezza durante le proteste del 2012, ha saputo solo la scorsa settimana quali passi erano stati fatti per assicurare i colpevoli alla giustizia. Per sviare le critiche, l’8 aprile è stato incriminato di questo omicidio un poliziotto di basso grado e l’udienza comincerà il 6 maggio. Alla famiglia della vittima e al suo avvocato non sono stati forniti dettagli sulle indagini.

(14/02/2013) Bahrein: ancora si paga a caro prezzo la libertá

FINE DEL COMUNICATO                                                                                Roma, 17 aprile 2013

Per approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it

Bahrein: i numeri della repressione

Firma l’appello per il rilascio dei prigionieri di coscienza in Bahrein