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All’indomani di un’ondata di attacchi violenti contro la minoranza induista, Amnesty International ha chiesto alle autorità del Bangladesh di garantire a questa comunità una protezione più efficace.
Nelle scorse settimane, persone che prendevano parte a scioperi indetti dai partiti islamisti hanno danneggiato più di 40 templi induisti e distrutto negozi e case, lasciando centinaia di persone senza un alloggio.
Gli attacchi sono avvenuti nel contesto delle violente proteste in corso da settimane in tutto il Bangladesh contro l’organo giudiziario che indaga sui crimini di guerra, il Tribunale per i crimini internazionali.
‘La comunità induista del Bangladesh è in uno stato di estremo pericolo, in particolare in questo periodo di tensione nel paese. È agghiacciante che venga presa di mira unicamente per la sua religione. Le autorità devono assicurare che riceva la protezione di cui ha bisogno’ – ha affermato Abbas Faiz, ricercatore di Amnesty International sul Bangladesh. ‘Tutti i partiti politici dovrebbero condannare fortemente ogni violenza contro la comunità induista e chiedere ai loro militanti e simpatizzanti di non prendere parte a tali attacchi’.
Persone sopravvissute agli attacchi hanno raccontato ad Amnesty International che gli aggressori stavano prendendo parte a manifestazioni organizzate dal partito islamista di opposizione Jamaat-e-Islami (JI) e dal suo gruppo studentesco Chhatra Shibir. JI ha negato pubblicamente ogni coinvolgimento.
Gli attacchi sono avvenuti in tutto il Bangladesh, in particolare nelle aree più remote del paese. L’ultimo attacco si è registrato il 6 marzo 2013 nel villaggio di Daudkandi, nel distretto sudorientale di Comilla, dove un tempio induista è stato danneggiato e dato alle fiamme. Il 28 febbraio il villaggio di Rajganj Bazar, nel distretto sudorientale di Noakhali, era stato dato alle fiamme da persone che stavano partecipando a una manifestazione organizzata dal JI.
‘Sono entrati nelle nostre proprietà e hanno appiccato il fuoco a 30 case dove vivevano 66 famiglie. Hanno anche dato fuoco al nostro tempio. Ora è tutto distrutto’ – ha raccontato un sopravvissuto, che ha chiesto di rimanere anonimo. Le autorità hanno fornito alloggi temporanei alle famiglie che avevano perso quasi tutti i loro beni a causa del saccheggio o della distruzione delle loro proprietà.
Un altro sopravvissuto ha raccontato che il 2 marzo un gruppo di 100 giovani che brandivano striscioni a sostegno di JI hanno depredato e danneggiato quattro negozi a Satkania, vicino Chittagong, e danneggiato un tempio induista nel villaggio.
La minoranza induista del Bangladesh, solo all’otto per cento della popolazione, è stata storicamente vittima di violenza da parte della popolazione musulmana, compreso il periodo della guerra d’indipendenza del 1971 e quello successivo alle elezioni del 2001.
‘A causa degli evidenti rischi cui va incontro la minoranza induista in Bangladesh, questi attacchi erano tristemente prevedibili. Sollecitiamo le autorità a prendere nota di questa violenza e ad agire per prevenire ulteriori attacchi’ – ha commentato detto Faiz.
Le tensioni sono cresciute in Bangladesh nelle ultime settimane quando il JI e la sua ala studentesca hanno indetto manifestazioni e proteste di massa contro l’Ict, che ha giudicato alcuni dei suoi militanti anziani colpevoli di crimini durante la guerra del 1971.
I manifestanti hanno anche preso parte a violenti scontri con la polizia, che ha usato gas lacrimogeni, proiettili di gomma o munizioni letali. Almeno 60 persone sono rimaste uccise, la maggior parte dalla polizia, ma tra i morti figurano anche alcuni poliziotti.
‘Vi sono resoconti credibili sul fatto che la polizia abbia aperto il fuoco dopo aver subito attacchi violenti. Ciò nonostante, è incontestabile che la polizia abbia fatto ricorso a una forza eccessiva’ – ha concluso Faiz.