Quando e come

In 6 settimane, tra settembre e ottobre 2021, abbiamo raccolto grazie ad algoritmi elaborati ad hoc oltre 6 milioni di contenuti da Facebook e Twitter.

Il campione osservato

24 pagine/profili pubblici di politic*, testate giornalistiche, attivist*, persone del mondo della cultura.

I contenuti

Abbiamo catalogato oltre 27mila unici, tra post e tweet pubblicati dagli autori delle pagine/profili pubblici e commenti degli utenti.

La catalogazione

Per ogni contenuto abbiamo indicato il tema, l’accezione, l’assenza/presenza di problematicità, il grado di problematicità, la tipologia di bersaglio, l’eventuale gruppo vulnerabile a cui ricondurre il bersaglio, l’ambito a cui fa riferimento l’odio (es: sessista, razzista ecc.).

I valutatori

A condurre la catalogazione 50 persone, tra gli attivisti del territorio e i membri della Task Force Hate Speech, affiancati dagli esperti dello staff di Amnesty International.

L’analisi

Data scientist, ricercatori e esperti dello staff Amnesty International hanno condotto l’analisi quantitativa e qualitativa sui dati valutati.

Cos'è l'hate speech

• Stabilire cosa sia hate speech è spesso difficile: manca una definizione condivisa che distingua tra discorsi d’odio e libertà di espressione. Il discrimine è proibire espressioni di incitamento all’estremismo che rischiano di promuovere discriminazione, odio, violenza o segregazione.
• I criteri cambiano fra leggi nazionali, documenti internazionali, codici deontologici, norme dei social network. In Italia, per esempio, non esiste uno strumento normativo che riconosce e sanziona in modo specifico l’hate speech. Ciò significa che l’hate speech è perseguibile – con difficoltà – quando ricade sotto fattispecie di reato esistenti, come quelle previste dall’articolo 604 bis del Codice penale “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”.

Valutare l'impatto: elementi da considerare

• Contenuto e tono: distinguere tra generalizzazioni negative, insulti moderati e espressioni estreme.

• Intenzione dell’autore: è necessario comprendere la funzione dietro alla scelta di un certo lessico e di determinati toni. Una frase offensiva sotto il profilo letterale può avere funzione satirica, essere ironica, oppure rappresentare un insulto o un vero e proprio tentativo di incitamento all’odio e alla violenza.

• Bersagli: insultare una persona o un gruppo di persone che, sulla base delle caratteristiche personali, vivono una situazione di discriminazione non equivale a offendere chi, invece, non vi è esposto. Nel primo caso, infatti, si contribuisce a esacerbare l’intolleranza, accrescendo il rischio di discriminazione e violenza.

• Contesto: circostanze storico-culturali, pubblico, autorità dell’autore.

• Impatto reale o potenziale su individui e gruppi.

Le spie nel linguaggio

• Se l’hate speech non è esplicito, vi sono segnali che possono esserne indice.
• Possono esserlo: parole neutre o positive rese spregiative (coso, giovinastro, ecc.); l’accostamento di due affermazioni per farle sembrare collegate: “Gli immigrati fanno lo sciopero della fame? In Italia in 5 milioni faticano a mangiare“; numeri distorti.

• Anche il richiamo a false credenze (“il migrante contagioso“, ecc.); la divisione tra «noi» e «loro»; la riduzione del bersaglio a una caratteristica (stato giuridico, nazionalità, ecc.).

Come intervenire e perché

• Reagire all’hate speech aiuta a non far sentire sole le persone prese di mira e a dire che l’odio non è una norma sociale accettata.
• Si può: replicare all’autore in privato o in pubblico; segnalare l’episodio al gestore del social network o del sito, o all’amministratore del gruppo; in casi estremi tentare una denuncia civile o penale.
• Segnalare alle vittime che l’Ufficio nazionale anti-razzismo può assisterle, con un contact center gratuito e multilingue attivo 24 ore su 24.

Segnalare l'hate speech a Facebook

• Usa il link “Segnala”, visualizzabile accanto ai contenuti.
• Per i messaggi si può compilare anche un modulo online, con più dettagli.
• Le istruzioni sono nella “Guida rapida” di Facebook (punto interrogativo in alto a destra): clicca “Segnala un problema” e poi “Contenuto offensivo”.
• Un post in un gruppo si può anche segnalare all’amministratore; in tal caso Facebook non riceve la segnalazione.
• Chi non ha un account o non vede il contenuto può chiedere a un amico di segnalarlo o compilare il modulo.

Segnalare l'hate speech a Twitter

• Per informazioni e istruzioni clicca in alto a destra sulla foto del tuo profilo (Profilo e impostazioni), poi su Centro Assistenza/Sicurezza e Prevenzione/Offesa.
• Dal tweet clicca l’icona a triangolo in alto a destra, o dall’account l’icona di overflow (i tre puntini); seleziona “Segnala”, poi “È offensivo o dannoso“.
• In alternativa invia una comunicazione a Twitter dalla pagina del Centro assistenza: clicca in alto su “Contattaci/Voglio segnalare un comportamento offensivo/Voglio segnalare una molestia o un’offesa”.

Conseguenze delle segnalazioni

• Il social valuta se i contenuti segnalati violino le proprie norme: gli Standard della comunità di Facebook e le Regole di Twitter.
• Facebook adotta provvedimenti graduati, dalla rimozione di singoli contenuti alla sospensione temporanea o permanente dell’account.
• Lo stesso fa Twitter: per violazioni lievi e occasionali può oscurare il tweet e avvertire l’autore perché lo rimuova; se sono gravi o ripetute può limitare l’attività dell’account, sospenderlo, verificarne la proprietà o chiuderlo.

Proporre visioni alternative

• Per sradicare l’hate speech non basta sanzionarlo o dimostrare che sia falso: bisogna offrire una visione opposta.
• La contronarrazione è una risposta diretta a uno specifico messaggio d’odio. Si rivolge a chi lo conosce: ne svela incoerenze e sottintesi e lo indebolisce.
• La narrazione alternativa mira a cambiamenti di lungo termine, con campagne che promuovono punti di vista alternativi, per smontare la prospettiva generale e proporne un’altra.

Come fare contro-narrazione

• Non legittimare modi e linguaggi che avversiamo: non contrattaccare con un “contro-odio”, né usare gli stessi stereotipi invertiti (es. il “buon migrante” contrapposto al cattivo).
• Bisogna far leva sulle emozioni positive e inclusive, non conflittuali e ricordare che emozioni e significati attribuiti a fatti e dati sono soggettivi.
• Conviene non puntare a far cambiare idea agli hater ma a chi li segue, spesso è mosso da emozioni forti ma estemporanee, più suscettibili di modifica.

Come interagire con l'interlocutore

• Non essere aggressivo ma assertivo, chiaro, rispettoso. Usiamo l’ironia solo se la padroneggiamo.
• Consideriamo l’interlocutore come persona con una storia. Mostrare comprensione dello stato d’animo che ha portato a certe affermazioni può farci trovare un punto d’incontro.
• Invitiamo a rimanere in argomento e a non generalizzare
• Chiediamo fonti che supportino un’affermazione e chiarimenti se è confusa. No ai termini che creano tifoserie contrapposte quali “razzista”, “ignorante” o “buonista”.