Amnesty International all’industria dei veicoli elettrici: “Vogliamo una batteria etica entro 5 anni”

21 Marzo 2019

Tempo di lettura stimato: 9'

In occasione del Nordic Electric Vehicle Summit di Oslo, Amnesty International ha sollecitato l’industria dei veicoli elettrici a realizzare entro cinque anni la prima batteria completamente etica.

Le ricerche dell’organizzazione per i diritti umani hanno dimostrato che le attuali batterie agli ioni di litio, che alimentano automobili e altri apparecchi elettronici, sono collegate a violazioni dei diritti umani come il lavoro minorile nella Repubblica Democratica del Congo nonché a rischi per l’ambiente che potrebbero compromettere il loro potenziale ecologico.

“Trovare soluzioni efficaci alla crisi del clima è un imperativo assoluto e le auto elettriche hanno un ruolo importante. Ma senza cambiamenti radicali, le batterie che alimentano i veicoli ‘verdi’ continueranno a essere associate alle violazioni dei diritti umani”, ha dichiarato Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International.

“Le multinazionali che dominano l’industria dei veicoli elettrici hanno le risorse e l’esperienza per creare soluzioni energetiche che siano davvero pulite ed eque. Per questo chiediamo loro di tornare il prossimo anno a Oslo con le prove di un reale progresso. Di fronte al boom delle richieste di batterie elettriche è giunto il momento di rivedere le nostre fonti energetiche per dare priorità alla difesa dei diritti umani e dell’ambiente”, ha aggiunto Naidoo.

Violazioni dei diritti umani collegate all’estrazione di minerali

I veicoli elettrici sono determinanti per allontanare l’industria dei motori dall’uso di prodotti fossili, ma non sono attualmente etici come alcuni venditori vorrebbero farci credere. Anni di attività industriali non regolamentate hanno avuto un impatto negativo sui diritti umani e sull’ambiente. Tanto i governi quanto l’industria non vi stanno ponendo rimedio in modo sufficiente.

Amnesty International ha documentato gravi violazioni dei diritti umani collegate all’estrazione dei minerali usati nelle batterie agli ioni di litio, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo. Un rapporto del 2016 denunciava che, nel sud del paese, adulti e bambini lavoravano nelle miniere di cobalto scavate a mano con grandi rischi per la salute, privi di protezione da parte del governo e non rispettati da parte di un’industria pronta a trarre profitto dal loro lavoro. Amnesty International aveva messo in relazione queste miniere con la catena di fornitori di molti dei principali marchi di elettronica e produttori di veicoli elettrici.

Nonostante le proiezioni prevedano che, entro il 2020, la richiesta di cobalto salirà a 200.000 tonnellate all’anno, nessuno stato vincola per legge le industrie a rendere nota la loro catena di fornitori di cobalto. Poiché più della metà del cobalto del mondo proviene dalle miniere del sud della Repubblica Democratica del Congo, il rischio che le batterie che alimentano i veicoli elettrici siano prodotte grazie al lavoro minorile e ad altre violazioni dei diritti umani è inaccettabilmente alto.

Dal 2016 è stato registrato qualche progresso. A seguito delle denunce di Amnesty International, alcune importanti industrie – come Apple, BMW, Daimler, Renault – e il produttore di batterie Samsung SDI hanno fornito dati sulle loro catene di fornitori. Amnesty International chiede a tutti gli altri di fare lo stesso.

Inoltre, da poco Amnesty International ha iniziato a documentare violazioni dei diritti umani dei popoli nativi nei pressi delle miniere di litio dell’Argentina. Le comunità locali non sono adeguatamente consultate sui progetti minerari riguardanti le loro terre e ricevono informazioni insufficienti sul potenziale impatto delle attività estrattive sulle loro fonti idriche. In assenza di tutele sui diritti umani e a fronte del boom delle richieste di litio i danni alle comunità native potrebbero aumentare.

Altre minacce emergenti

L’impatto sull’ambiente della produzione delle batterie rappresenta un’altra preoccupazione. La maggior parte della lavorazione delle batterie al litio è concentrata in Cina, Corea del Sud e Giappone e dipende dal carbone e da altre fonti inquinanti di energia.

In altre parole, se i veicoli elettrici sono fondamentali per abbandonare l’uso dei fossili e ridurre le emissioni di gas serra, resta molto altro da fare per ridurre l’impiego del carbone nella fase produttiva. L’aumento della domanda di minerali come cobalto, litio e manganese ha aperto la strada all’estrazione in alto mare, che secondo alcuni studi avrà un impatto grave e irreversibile sulla biodiversità.

Amnesty International chiede inoltre alle industrie che le batterie siano smaltite in modo responsabile. Vi sono già ampie prove del contrario, ovvero che batterie smaltite irresponsabilmente abbiano contaminato terreni, acqua e aria.

“Ogni fase del ciclo di vita di una batteria, dall’estrazione dei minerali allo smaltimento, presenta rischi per i diritti umani e per l’ambiente. Dobbiamo cambiare adesso, altrimenti i meno responsabili del cambiamento climatico come i popoli nativi e i bambini pagheranno il prezzo del mancato abbandono delle energie fossili. Le soluzioni energetiche del futuro non dovranno basarsi sugli errori del passato”, ha sottolineato Naidoo.

Una visione alternativa

Usando la vetrina del Nordic Electric Vehicle Summit di Oslo, Amnesty International ha illustrato oggi la sua visione di una batteria etica che non rechi danni ai diritti umani e all’ambiente per tutto il suo ciclo di vita.

Amnesty International chiede a governi, industrie, innovatori, investitori e consumatori di agire per realizzare entro cinque anni una batteria etica e sostenibile che possa essere usata per alimentare veicoli elettrici e nell’industria elettronica.

Amnesty International si concentrerà su tutte e tre le fasi del ciclo di vita di una batteria:

  • l’estrazione: mapperà la catena dei fornitori dei minerali-chiave, chiedendo che l’impatto sui diritti umani sia identificato, prevenuto e affrontato e sollecitando il divieto di estrazioni a scopo commerciale in alto mare;
  • la produzione: chiederà che l’impiego del carbone sia reso noto, minimizzato e poi abbandonato e leggi che proteggano e rafforzino il diritto al lavoro e i diritti sul posto di lavoro, tra cui quelli alla salute, alla non discriminazione e all’uguaglianza;
  • riciclo e smaltimento: chiederà che i prodotti siano realizzati e regolamentati in modo da incentivare il riciclo e penalizzare lo smaltimento e che le esportazioni e gli sversamenti illegali o pericolosi siano prevenuti.

La sfida alle industrie

Oggi Amnesty International ha posto l’enfasi sul fatto che i veicoli elettrici e le industrie dell’elettronica hanno la responsabilità di assicurare che i loro prodotti non contribuiscano né continuino a causare violazioni dei diritti umani. L’organizzazione chiede alle industrie leader del settore di cambiare il loro approccio alle soluzioni energetiche.

Come primo passo, le industrie dovrebbero fornire informazioni su come stiano prevenendo, identificando e affrontando le violazioni dei diritti umani e i rischi per l’ambiente lungo tutto il ciclo di vita di una batteria agli ioni di litio.

“Di fronte alla sempre più drammatica crisi del clima, i consumatori hanno il diritto di pretendere che i prodotti dichiarati come ‘scelta etica’ lo siano davvero. Le industrie che ignorano le preoccupazioni sui diritti umani mentre si orientano su altre fonti energetiche presentano ai clienti una falsa opzione: le persone o il pianeta. Questo approccio non va bene e non produrrà i cambiamenti fondamentali di cui abbiamo bisogno per salvare l’umanità dalla devastazione climatica. Chiediamo ai vertici dell’industria di pensare veramente al tipo di futuro che intendono costruire”, ha concluso Naidoo.

Ulteriori informazioni

Amnesty International sta collaborando con Greenpeace Usa per identificare e mappare l’impatto sui diritti umani e sull’ambiente di tutto il ciclo di vita di una batteria, individuando anche le azioni necessarie per produrre una batteria etica.

In Norvegia è in corso un tentativo di introdurre vincoli di legge per le imprese affinché svolgano la “due diligence” sui diritti umani.

Roma, giovedì 21 marzo 2019

Per interviste:

Amnesty International Italia – Ufficio Stampa

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