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Un anno dopo le contestate elezioni presidenziali del 9 agosto 2020, Amnesty International ha fatto il punto sulla brutale campagna repressiva portata avanti negli ultimi 12 mesi dalle autorità della Bielorussia, fatta di violazioni dei diritti umani e crimini di diritto internazionale: uso illegale della forza, arresti arbitrari, maltrattamenti e torture, sparizioni forzate, sequestri di persona e processi politici basati su accuse fabbricate.
Decine di organizzazioni non governative per i diritti umani e di altri gruppi della società civile sono state chiuse in modo arbitrario e buona parte dei loro esponenti sono stati incriminati con false accuse o costretti all’esilio.
Almeno tre manifestanti pacifici sono morti a seguito dell’uso della forza da parte della polizia e decine di migliaia di persone sono state arrestate arbitrariamente e sottoposte a periodi di detenzione. Vi sono state centinaia di denunce di tortura ma su nessuna di queste violazioni dei diritti umani sono state avviate indagini.
“Nel corso dell’ultimo anno migliaia di manifestanti pacifici e persone che avevano espresso dissenso verso il governo sono state arbitrariamente arrestate, costrette a lasciare il paese o a vivere nel costante terrore di essere arrestate e di finire in carcere. Centinaia sono state già iscritte a indagini o condannate a lunghe pene detentive, compreso un minorenne. La crisi dei diritti umani in atto in Bielorussia è una saga dell’orrore e della disperazione di cui non si vede la fine”, ha dichiarato Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale.
“Per i crimini di diritto internazionale commessi contro la popolazione della Bielorussia non c’è prescrizione che tenga. Il resto del mondo non dovrebbe restare a guardare. Questo truce capitolo della storia del paese potrà essere considerato chiuso solo quando tutte le persone che hanno subito violazioni dei diritti umani avranno ottenuto giustizia e i responsabili saranno stati sottoposti a processo”, ha concluso Struthers.