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“Il Brasile ha perso la più importante medaglia di Rio 2016: diventare campione dei diritti umani“, ha dichiarato Atila Roque, direttore generale di Amnesty International Brasile.
Secondo l’organizzazione per i diritti umani, a Rio de Janeiro durante lo svolgimento delle Olimpiadi sono state uccise almeno otto persone nel corso di operazioni di polizia e manifestazioni pacifiche sono state duramente represse.
“Le autorità brasiliane hanno perso un’occasione d’oro per dare seguito alla promessa di adottare politiche in materia di sicurezza che avrebbero reso Rio una città sicura per tutti. L’unico modo per rimediare ai molti errori commessi durante le Olimpiadi è quello di assicurare indagini efficaci sulle uccisioni e sulle altre violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia e assicurare i responsabili alla giustizia” – ha aggiunto Roque.
Nel 2016 le uccisioni ad opera della polizia sono aumentate di mese in mese mentre Rio si preparava a dare il benvenuto al mondo.
Secondo l’Istituto per la pubblica sicurezza dello stato di Rio de Janeiro, in città la polizia ha ucciso 35 persone ad aprile, 40 a maggio e 49 a giugno, con una media sempre superiore a un omicidio al giorno.
Operazioni di polizia segnate dalla violenza si sono svolte per tutta la durata delle Olimpiadi in diverse parti di Rio, tra cui Acari, Cidade de Deus, Borel, Manguinhos, Alemão, Maré, Del Castilho e Cantagalo. Tre persone sono state uccise a Del Castilho, quattro a Maré e una a Cantagalo. Il bilancio potrebbe aumentare se arriverà la conferma di ulteriori morti in due altre favelas, Acari e Manguinhos.
Gli abitanti di queste zone hanno denunciato altre violazioni dei diritti umani da parte della polizia, come irruzioni nelle abitazioni, minacce di morte e aggressioni fisiche e verbali.
La “guerra alla droga” e l’uso di armi pesanti nel corso delle operazioni di sicurezza hanno posto a rischio la vita degli stessi agenti di polizia, almeno due dei quali sono stati uccisi nei primi 10 giorni delle Olimpiadi.
Nella prima settimana di svolgimento dei Giochi (5-12 agosto), nella regione metropolitana di Rio hanno avuto luogo 59 scontri a fuoco (in media, quasi otto e mezzo al giorno), rispetto ai 32 della settimana precedente.
Nello stesso periodo, la violenza armata ha causato almeno 12 morti e 32 feriti, secondo Cross-Fire, una app lanciata a luglio da Amnesty International per segnalare episodi di violenza nelle favelas.
Le manifestazioni di protesta sono state duramente represse dalle forze di polizia, sia all’interno che all’esterno degli impianti sportivi. Dal 5 al 12 agosto, proteste pacifiche sono state sciolte con violenza, anche mediante l’uso di gas lacrimogeni e granate stordenti. Diverse persone sono state arrestate mentre altre sono state allontanate dagli impianti sportivi per il mero fatto d’indossare magliette su cui erano scritti messaggi di protesta, in violazione del diritto alla libertà d’espressione.
A San Paolo, il 5 agosto, la polizia ha represso una manifestazione con estrema violenza arrestando 100 persone, tra cui almeno 15 minorenni.
“Al termine dei Giochi olimpici ci ritroviamo con politiche di pubblica sicurezza ancora più militarizzate, basate su una repressione molto selettiva, sull’uso eccessivo della forza e sull’impiego di agenti di polizia nelle favelas come se fossero in azione da combattimento. Il risultato già si è visto: l’aumento del numero delle uccisioni e di altre violazioni dei diritti umani, soprattutto ai danni di giovani neri” – ha commentato Roque.
“Ancora una volta, l’eredità di un grande evento sportivo svolto in Brasile è stata macchiata dalle uccisioni di polizia e dalle violazioni dei diritti umani ai danni di manifestanti pacifici. Il Comitato olimpico internazionale e altri organismi che si occupano di organizzazione di eventi sportivi non devono permettere che questi si svolgano a scapito dei diritti umani delle persone” – ha concluso Roque.