Brasile, aumentano appropriazioni di terre e disboscamenti: in Amazzonia si rischia un bagno di sangue

7 Maggio 2019

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Amnesty International ha denunciato oggi il rischio di violenti scontri nella regione amazzonica del Brasile se il governo non proteggerà le terre tradizionali dei popoli nativi dalle crescenti appropriazioni illegali e dai disboscamenti da parte di invasori armati.

L’organizzazione per i diritti umani ha recentemente visitato tre territori nativi nel nord del Brasile, dove gli invasori armati hanno iniziato o intensificato i tentativi di appropriarsi illegalmente delle terre ed effettuare operazioni di disboscamento.

I leader nativi hanno riferito ad Amnesty International di aver subito minacce di morte mentre difendevano le loro terre tradizionali e di temere nuove incursioni nella stagione secca, che arriverà fino a novembre, quando sarà più facile entrare nelle foreste, disboscare e incendiare.

I popoli nativi brasiliani e le loro terre sono sottoposti a minacce enormi e, con la stagione secca, la situazione diventerà insostenibile. Il governo deve proteggere i popoli nativi che stanno difendendo le loro terre, altrimenti scorrerà il sangue”, ha dichiarato Richard Pearshouse, alto consulente di Amnesty International su crisi e ambiente.

Nell’aprile 2019 Amnesty International ha incontrato 23 nativi in tre territori del Brasile settentrionale: Karipuna e Uru-Eu-Wau-Wau nello stato di Rondônia e Arara nello stato di Pará. L’organizzazione per i diritti umani ha incontrato anche 13 persone che hanno conoscenza delle invasioni delle terre native, tra cui rappresentanti del governo, pubblici ministeri ed esponenti di organizzazioni non governative.

Secondo le organizzazioni non governative e le autorità, gli invasori sono spesso singole persone che vengono incoraggiate e aiutate da politici e aziende agricole locali a occupare terreni e a vendere il legname.

In alcuni territori, i popoli nativi hanno formato delle pattuglie per controllare e proteggere le loro terre dalle invasioni. Poiché spesso gli invasori sono armati, c’è un alto rischio di scontri violenti.

I leader nativi dei tre territori visitati da Amnesty International hanno denunciato alle autorità recenti appropriazioni illegali di terreni e disboscamenti. Le risposte sono state insufficienti e le attività illegali sono proseguite.

Nel gennaio 2019, pochi giorni dopo l’invasione di una quarantina di persone nel territorio Uru-Eu-Wau-Wau, il governo ha posto sotto sorveglianza l’area: è stata arrestata una sola persona, poi rilasciata. Ad aprile c’è stata un’altra invasione, di centinaia di persone: questa volta sono state arrestate due persone.

Rumori notturni di spari

I rappresentanti dei popoli indigeni dei tre territori visitati da Amnesty International hanno raccontato che gli invasori hanno recentemente individuato nuovi sentieri per entrare nella foresta, vicini ai villaggi e alle strade. Dall’interno dei territori, gli abitanti hanno riferito di sentire spesso rumori di trattori e motoseghe.

Sono entrati a poca distanza dal mio villaggio, non era mai successo che fossero così vicini. Temevo che sarebbero arrivati da noi, non riuscivo più a dormire. Di notte di sentivamo rumori di spari. Mettevo i bambini a dormire, poi rimanevo sveglia”, ha raccontato ad Amnesty International una Uru-Eu-Wau-Wau di 22 anni.

I ricercatori di Amnesty International hanno visto strade e sentieri usati dagli invasori, un trattore che trasportava legname e riprese video di segnali che indicavano terreni e sentieri.

Un leader Karipuna ha confermato ad Amnesty International che, con la stagione secca, la situazione potrebbe degenerare in scontri violenti: “Loro [gli invasori] ci hanno fatto sapere che non dovremo usare i loro sentieri, altrimenti spariremo. Se il governo non proteggerà il nostro territorio, potrebbe esserci una tragedia. Durante la stagione secca le invasioni aumenteranno dato che le autorità non hanno preso alcuna iniziativa”.

La risposta del governo alle appropriazioni illegali delle terre e al disboscamento resta insufficiente. La sorveglianza delle terre native dipende in larga parte dal coordinamento tra vari organismi governativi. La Fondazione nazionale degli indigeni del Brasile (Funai) non ha poteri di polizia e dipende dal sostegno di altre istituzioni, come l’Istituto brasiliano per l’ambiente e le risorse naturali rinnovabili (Ibama) e la Polizia federale. Secondo gli esperti incontrati da Amnesty International, negli ultimi mesi le operazioni di sorveglianza sono diminuite a causa di problemi di bilancio.

I rappresentanti dei popoli indigeni hanno espresso ad Amnesty International la loro frustrazione per il fatto che ben pochi invasori sono stati arrestati e che tra questi non vi è nessuno di coloro che hanno sostenuto e finanziato le invasioni illegali e il disboscamento.

Tra gennaio e aprile 2019 la Procura federale ha inviato almeno quattro lettere al ministero della Giustizia e a quello delle Donne, della Famiglia e dei Diritti umani (da cui, dal gennaio 2019, dipende la Funai), denunciando il peggioramento della situazione di sicurezza nei territori Karipuna e Uru-Eu-Wau-Wau, paventando il rischio di un conflitto e sollecitando l’intervento della Forza di sicurezza nazionale in attesa di un piano di protezione a lungo termine.

I due ministeri finora non si sono coordinati con la Forza di sicurezza nazionale per proteggere i territori Karipuna e Uru-Eu-Wau-Wau e del piano a lungo termine non si parla.

Se la Funai e le altre autorità non intensificheranno la lotta contro le appropriazioni illegali e i disboscamenti, assai probabilmente inizieranno scontri violenti tra i popoli nativi e gli invasori armati. Il governo deve riaffermare immediatamente il suo impegno per la protezione delle terre native e assicurare che queste saranno rispettate”, ha sottolineato Pearshouse.

La deforestazione dei territori nativi s’intensifica

Le appropriazioni illegali e i disboscamenti sono solitamente meno frequenti nella stagione delle piogge (da ottobre/novembre a maggio/giugno). Ciò nonostante, nei primi tre mesi del 2019, secondo l’organizzazione non governativa Imazon sono andati perduti 12 chilometri quadrati di foresta amazzonica, con un aumento del 100 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018.

Laddove i territori dei popoli nativi sono costituiti da foreste primarie, la loro demarcazione può avere un effetto protettivo contro la deforestazione. La conservazione delle foreste primarie è un elemento centrale della lotta contro il cambiamento climatico perché quando queste foreste vengono distrutte o date alle fiamme, il carbone che conservano viene rilasciato nell’atmosfera principalmente sotto forma di emissioni di diossido di carbonio.

Proteggere i diritti umani dei popoli nativi è fondamentale per impedire l’ulteriore deforestazione dell’Amazzonia. La comunità internazionale dovrebbe monitorare attentamente cosa sta succedendo e sostenere i popoli nativi che sono in prima linea nella lotta per proteggere le foreste più preziose al mondo”, ha concluso Pearshouse.