Il bullismo non deve andare a scuola

24 Ottobre 2017

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Il bullismo è un fenomeno in costante aumento in tutta Europa e ha raggiunto livelli preoccupanti anche nel nostro paese. I dati Istat di dicembre 2015 dicono che, in Italia, il 19,8 per cento dei ragazzi di età compresa tra 11 e 17 anni ha sperimentato varie forme di bullismo, mentre il 50 per cento ha riferito di aver subìto atti di violenza o di esclusione da parte di propri coetanei almeno una volta nell’ultimo anno. Per il 9,1 per cento gli atti di prepotenza si sono ripe- tuti con cadenza settimanale.

Come si può definire il bullismo? Secondo lo psicologo norvegese Dan Olweus, il bullismo è caratterizzato dall’intenzionalità, dalla ripetizione nel tempo e dall’asimmetria tra chi compie l’atto e chi ne è vittima. Può essere diretto ed esprimersi attraverso violenze fisiche o verbali, oppure indiretto, con l’obiettivo di isolare la vittima dal gruppo anche mediante strumenti di comunicazione riconducibili al web (in questo caso si parla di cyber-bullismo).

Il bullismo è una violazione dei diritti umani che toglie agli studenti il rispetto e la dignità e impedisce loro di poter godere di diritti fondamentali quali l’inclusione, la partecipazione e la non discriminazione.

Una persona che è stata vittima di bullismo durante l’infanzia o l’adolescenza può presentare gravi problemi come: rifiuto scolastico, riduzione dell’autostima, attacchi d’ansia, depressione, disturbi del sonno, isolamento, paura di uscire di casa e somatizzazioni dovute alla condizione di stress.

Nonostante il problema cominci a essere riconosciuto, molto spesso all’interno della scuola manca ancora la consapevolezza delle sue reali dimensioni e delle possibili conseguenze vissute dagli studenti che lo subiscono.

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